Today, however, everything is just a click away: from recruitment to mobilize everything can be organized and carried out from home.
But we must have no illusions: Facebook and Twitter are just the tip of the iceberg. Well-organized groups quickly jump on platforms that are difficult to control, such as Snapchat. Besides giving Jihadists their extremist ideas not just because her profile was closed.
20min.ch
Lorenzo Vidino è l'unico veramente bravo tra i poster boys dell'antiterrorismo italiano distribuiti tra think tank e magazine più o meno specializzati.
Purtroppo gli vengono fatte domande scontate e in fondo lui lavora al servizio dei governi, quindi alla fine le risposte spesso sono anche abbastanza scontate.
Ieri la dottoressa Boccassini si è lanciata su Repubblica in una difesa appassionata di Gomorra, di Saviano e forse anche del savianesimo, come lo definì il buon Vittorio Pisani.
Si è detta convinta del fatto che Gomorra non trasmette cattive intenzioni.
Piuttosto esalta il sentimento di rivalsa dei napoletani.
Come invece notava quel cattivone di Catello Maresca (inviso alla commissione antimafia, forse perchè lui fa l'antimafia vera), quello che costituisce il danno reale della fiction, è la mancanza di una figura positiva. Manca cioè una contro narrazione.
E basta guardarlo per pochi minuti per capire che il problema in fondo è quello.
Sembra quasi un video di propaganda di Daesh.
L'effetto che fa quando lo si guarda da soli, o anche pensandoci dopo che le autorità lo hanno rimosso, e mentre si discute sui social assieme agli altri, è devastante.
La stessa cosa accade per Gomorra . Basta affacciarsi su Facebook per rendersene conto.
Chi lo esalta non è camorrista o figlio di camorrista. Si tratta di semplici ragazzini.
La signora Boccassini faceva inoltre un paragone con il film Il padrino. Un pò come quando Bruno Vespa, sepolto dalle critiche per l'intervista al figlio di Riina, ha ricordato l'intervista di Biagi a Raffaele Cutolo. Paragoni sbagliati perchè il tutto si svolgeva in tempi diversi.
Il periodo stragista. Quando era cioè chiaro cosa è giusto e cosa è sbagliato.
E non eravamo bersagliati incessantemente da immagini e discussioni aberranti.
Nel clima odierno sia Daesh che Gomorra possono apparire come una alternativa valida.
E non basta rimuovere un contenuto da una piattaforma social.
Bisogna porre in essere una contro narrazione efficace che ne contrasti il riverbero che rimane a lungo tra gli internauti. Soprattutto quelli che non hanno le difese necessarie a fare da scudo alla violenza spacciata come ideologia.
Visualizzazione post con etichetta antimafia certificata. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta antimafia certificata. Mostra tutti i post
giovedì 2 giugno 2016
sabato 23 aprile 2016
Lo strano caso di Mario Ciancio Sanfilippo e l’insostenibile leggerezza del concorso esterno
C’è un giudice a Catania.
Si chiama Gaetana Bernabò Distefano e una sua sentenza di non luogo a procedere ha mandato su tutte le furie i protagonisti del grande circo dell’antimafia.
La deliberazione secondo la quale non si può procedere contro Mario Ciancio Sanfilippo, noto editore ed imprenditore catanese le cui attività ed interessi vanno ben oltre i confini siciliani, perché “il fatto non è previsto dalla legge come reato” , in realtà non vuole essere la negazione assoluta dell’esistenza del reato di concorso esterno né stabilisce “che la zona grigia dei cosiddetti colletti bianchi sia una zona neutra non passibile di controllo giurisdizionale”.
Basta leggersi il testo per esteso della sentenza.
Semplicemente richiama l’attenzione del legislatore sul fatto che il concorso esterno scaturisce da un combinato di due articoli del codice penale (110 e 416) che fissano in linea teorica dei limiti ben precisi entro i quali agiscono le figure dell’intraneus e dell’extraneus , ma per i quali sotto il profilo pratico spesso è difficile differenziare a seconda delle categorie a cui appartengono i soggetti imputati. Mentre per un giudice o un avvocato è relativamente semplice stabilire se egli sia organico all’associazione mafiosa o vi abbia prestato un contributo da esterno, è difficile operare una distinzione del genere nel caso di un imprenditore.
Un soggetto cioè, il cui scopo primario è realizzare il proprio profitto, utilizzando mezzi e persone a disposizione. E la vita, le frequentazioni, il modo con cui Mario Ciancio si è relazionato a certi ambienti della sua Sicilia per concludere affari, parrebbero proprio appartenere ad un limbo che sfugge alle norme e alle sentenze che hanno fatto storia in materia.
D’altra parte lo stesso pubblico ministero che si appresta a presentare ricorso in Cassazione, già nel 2012 era arrivato a conclusioni simili. Dopo cinque anni di indagini si era presentato dinanzi ad un altro giudice chiedendo l’archiviazione per l’imputato. Quarta archiviazione di fila richiesta dalla procura etnea dopo quelle dei fratelli Lombardo e del senatore Strano. Quarto rifiuto da parte del gip che invitava ad approfondire le indagini.
E così si è arrivati, nell’Aprile dello scorso anno, alla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno. Richiesta rigettata dalla dottoressa Bernabò Distefano dopo aver analizzato i fatti presentati e il modo in cui sono stati indagati dalla procura nonchè la giurisprudenza di riferimento.
Affinchè un soggetto non stabilmente inserito nell’organizzazione mafiosa possa essere accusato di concorso esterno, bisogna provare che questi abbia nel tempo, o anche solo in determinate circostanze, dato un contributo causale in maniera consapevole e volontaria, al consolidamento e alle capacità operative del sodalizio criminale. Invece l’intraneus è inserito in modo stabile nell’organizzazione. Quello che in un certo senso ha spiazzato il giudice, è che il pubblico ministero ha preso in esame fatti e circostanze, indagini patrimoniali, testimonianze di pentiti e collaboratori, intercettazioni, in un arco temporale abbastanza esteso. Quindi aveva materiale sufficiente per una richiesta di rinvio a giudizio ma lo ha utilizzato in maniera tecnicamente errata. Con approfondimenti mirati, si sarebbe potuto orientare la richiesta verso l’associazione mafiosa piuttosto che a favore del concorso esterno per il quale tra l’altro vale come cardine di riferimento la sentenza Demitry del 1994. In buona sostanza, anche se non lo dichiara ma lo lascia intuire, il giudice Bernabò Distefano è stato praticamente costretto a dichiarare il non luogo a procedere. A fronte di un nutrito numero di anni preso in disamina e di abbondanti fatti e dichiarazioni, sono state presentate poche prove e riscontri.
In merito alla costruzione del centro commerciale Porte di Catania, è stato accertato che questo fu realizzato grazie ad una serie di passaggi di terreni appartenenti al Ciancio e acquistati da una società in cui lui e la moglie possedevano delle azioni. Sicuramente è stato facilitato dalla approvazione di una variante al piano regolatore attuata nel 2007 e nota è la vicinanza da sempre dell’imprenditore agli ambienti istituzionali locali. Ma la pubblica accusa non ha mai potuto provare che l’intera operazione si svolse come da schema indicato dai pentiti, ovvero attraverso la collaborazione di ambienti mafiosi contigui a quelli politici. Così come non è mai stato provato che la restituzione di oggetti di valore trafugati dalla sua villa avvenne grazie alla mediazione di esponenti del clan Santapaola. Né è mai stato dimostrato che l’intervista a Nitto Santapaola o la lettera del figlio pubblicate dal suo giornale, furono imposizioni del clan . Si trattava di semplici scelte editoriali esercitate nell’ambito della libertà di espressione. Il monopolio del panorama locale, anche a scapito di rivali altolocati come la Repubblica, non risulta essere stato conquistato se non per merito proprio. Massimo Ciancimino raccontò di aver accompagnato il padre ad una serie di riunioni che vedevano presenti oltre al Ciancio, anche Bernardo Provenzano, Santapaola e alcuni imprenditori siciliani. Vito Ciancimino si sarebbe espresso in termini elogiativi nei confronti dell’imprenditore catanese che sarebbe stato considerato un importante punto di riferimento per determinati ambienti mafiosi. Anche di tutto questo non vi è riscontro.
Nel 1986 un impiegato si rifiutò di pubblicare un necrologio richiesto dalla famiglia del commissario Montana nel quale si parlava di “disprezzo per la mafia e per i suoi anonimi sostenitori”. Secondo l’impiegato l’autorizzazione era stata negata dal direttore e in quel tipo di pubblicazione non era permesso indugiare in commenti.
Difficile ravvisare in maniera netta per questo ed altri episodi, le condizioni per contestare il concorso esterno. Tanto più che il pubblico ministero non ha mai elaborato una comunicazione di notizie di reato riassuntiva e conclusiva.
Forse converrebbe, più che strumentalizzare la sentenza del giudice per le indagini preliminari, raccogliere il suo invito ad ideare una norma specifica che comprenda le varie sfumature del reato.
E anche bisognerebbe fare in modo che personalità brillanti come Mario Ciancio Sanfilippo abbiano la possibilità di muoversi in un ambiente sano con minori rischi di incontro con personaggi ed ambienti pericolosi.
Sarebbe ora di dare un senso all’antimafia. Qualsiasi cosa essa sia.
Si chiama Gaetana Bernabò Distefano e una sua sentenza di non luogo a procedere ha mandato su tutte le furie i protagonisti del grande circo dell’antimafia.
La deliberazione secondo la quale non si può procedere contro Mario Ciancio Sanfilippo, noto editore ed imprenditore catanese le cui attività ed interessi vanno ben oltre i confini siciliani, perché “il fatto non è previsto dalla legge come reato” , in realtà non vuole essere la negazione assoluta dell’esistenza del reato di concorso esterno né stabilisce “che la zona grigia dei cosiddetti colletti bianchi sia una zona neutra non passibile di controllo giurisdizionale”.
Basta leggersi il testo per esteso della sentenza.
Semplicemente richiama l’attenzione del legislatore sul fatto che il concorso esterno scaturisce da un combinato di due articoli del codice penale (110 e 416) che fissano in linea teorica dei limiti ben precisi entro i quali agiscono le figure dell’intraneus e dell’extraneus , ma per i quali sotto il profilo pratico spesso è difficile differenziare a seconda delle categorie a cui appartengono i soggetti imputati. Mentre per un giudice o un avvocato è relativamente semplice stabilire se egli sia organico all’associazione mafiosa o vi abbia prestato un contributo da esterno, è difficile operare una distinzione del genere nel caso di un imprenditore.
Un soggetto cioè, il cui scopo primario è realizzare il proprio profitto, utilizzando mezzi e persone a disposizione. E la vita, le frequentazioni, il modo con cui Mario Ciancio si è relazionato a certi ambienti della sua Sicilia per concludere affari, parrebbero proprio appartenere ad un limbo che sfugge alle norme e alle sentenze che hanno fatto storia in materia.
D’altra parte lo stesso pubblico ministero che si appresta a presentare ricorso in Cassazione, già nel 2012 era arrivato a conclusioni simili. Dopo cinque anni di indagini si era presentato dinanzi ad un altro giudice chiedendo l’archiviazione per l’imputato. Quarta archiviazione di fila richiesta dalla procura etnea dopo quelle dei fratelli Lombardo e del senatore Strano. Quarto rifiuto da parte del gip che invitava ad approfondire le indagini.
E così si è arrivati, nell’Aprile dello scorso anno, alla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno. Richiesta rigettata dalla dottoressa Bernabò Distefano dopo aver analizzato i fatti presentati e il modo in cui sono stati indagati dalla procura nonchè la giurisprudenza di riferimento.
Affinchè un soggetto non stabilmente inserito nell’organizzazione mafiosa possa essere accusato di concorso esterno, bisogna provare che questi abbia nel tempo, o anche solo in determinate circostanze, dato un contributo causale in maniera consapevole e volontaria, al consolidamento e alle capacità operative del sodalizio criminale. Invece l’intraneus è inserito in modo stabile nell’organizzazione. Quello che in un certo senso ha spiazzato il giudice, è che il pubblico ministero ha preso in esame fatti e circostanze, indagini patrimoniali, testimonianze di pentiti e collaboratori, intercettazioni, in un arco temporale abbastanza esteso. Quindi aveva materiale sufficiente per una richiesta di rinvio a giudizio ma lo ha utilizzato in maniera tecnicamente errata. Con approfondimenti mirati, si sarebbe potuto orientare la richiesta verso l’associazione mafiosa piuttosto che a favore del concorso esterno per il quale tra l’altro vale come cardine di riferimento la sentenza Demitry del 1994. In buona sostanza, anche se non lo dichiara ma lo lascia intuire, il giudice Bernabò Distefano è stato praticamente costretto a dichiarare il non luogo a procedere. A fronte di un nutrito numero di anni preso in disamina e di abbondanti fatti e dichiarazioni, sono state presentate poche prove e riscontri.
In merito alla costruzione del centro commerciale Porte di Catania, è stato accertato che questo fu realizzato grazie ad una serie di passaggi di terreni appartenenti al Ciancio e acquistati da una società in cui lui e la moglie possedevano delle azioni. Sicuramente è stato facilitato dalla approvazione di una variante al piano regolatore attuata nel 2007 e nota è la vicinanza da sempre dell’imprenditore agli ambienti istituzionali locali. Ma la pubblica accusa non ha mai potuto provare che l’intera operazione si svolse come da schema indicato dai pentiti, ovvero attraverso la collaborazione di ambienti mafiosi contigui a quelli politici. Così come non è mai stato provato che la restituzione di oggetti di valore trafugati dalla sua villa avvenne grazie alla mediazione di esponenti del clan Santapaola. Né è mai stato dimostrato che l’intervista a Nitto Santapaola o la lettera del figlio pubblicate dal suo giornale, furono imposizioni del clan . Si trattava di semplici scelte editoriali esercitate nell’ambito della libertà di espressione. Il monopolio del panorama locale, anche a scapito di rivali altolocati come la Repubblica, non risulta essere stato conquistato se non per merito proprio. Massimo Ciancimino raccontò di aver accompagnato il padre ad una serie di riunioni che vedevano presenti oltre al Ciancio, anche Bernardo Provenzano, Santapaola e alcuni imprenditori siciliani. Vito Ciancimino si sarebbe espresso in termini elogiativi nei confronti dell’imprenditore catanese che sarebbe stato considerato un importante punto di riferimento per determinati ambienti mafiosi. Anche di tutto questo non vi è riscontro.
Nel 1986 un impiegato si rifiutò di pubblicare un necrologio richiesto dalla famiglia del commissario Montana nel quale si parlava di “disprezzo per la mafia e per i suoi anonimi sostenitori”. Secondo l’impiegato l’autorizzazione era stata negata dal direttore e in quel tipo di pubblicazione non era permesso indugiare in commenti.
Difficile ravvisare in maniera netta per questo ed altri episodi, le condizioni per contestare il concorso esterno. Tanto più che il pubblico ministero non ha mai elaborato una comunicazione di notizie di reato riassuntiva e conclusiva.
Forse converrebbe, più che strumentalizzare la sentenza del giudice per le indagini preliminari, raccogliere il suo invito ad ideare una norma specifica che comprenda le varie sfumature del reato.
E anche bisognerebbe fare in modo che personalità brillanti come Mario Ciancio Sanfilippo abbiano la possibilità di muoversi in un ambiente sano con minori rischi di incontro con personaggi ed ambienti pericolosi.
Sarebbe ora di dare un senso all’antimafia. Qualsiasi cosa essa sia.
sabato 6 dicembre 2014
Dovete
Tempo fa, nel periodo di massimo bombardamento mediatico di teste mozzate, iniziò l'isteria del "dovete prendere le distanze oppure andarvene".
Vagli a spiegare a questa gente che se uno è cittadino italiano o residente e con la fedina penale pulita magari non è tanto d'accordo con le pazzie di Isis.
Allora c'era questo tizio, uno dei miei contatti nei social, siciliano di quelli istruiti ed abituati a viaggiare ma con forti simpatie per Magdi Allam (a forza di seguire la polizia a volte faccio il profiling anche mentre sogno), che andava in giro per internet a chiedere una presa di posizione ufficiale all'Ucoii.
Come se un comunicato stampa che si basa su principi religiosi si potesse attrezzare in pochi secondi.
L'Ucoii ovviamente non rispondeva.
A tempo debito rilasciò una lunga ed articolata dichiarazione che spiegava appunto la nostra posizione.
Ad un certo punto ebbi un moto di rabbia e stavo per chiedere a questo tizio :
e tu perchè non ci mostri il certificato antimafia ?
Chi ci dice che non usi metodi mafiosi per campare?
Questo è il motivo per il quale non mi piacciono le classificazioni e gli slogan.
Magari aiutano a coinvolgere la gente o ad aumentare la consapevolezza però innalzano anche il livello dello scontro e semplificano troppo le questioni.
Allergie
Come tutte le star, anche lui è diventato allergico alle critiche. È comprensibile. Soprattutto se queste arrivano a conclusione di un lavoro giornalistico che scava e confronta, verifica e indaga. E soprattutto porta alla luce ciò che gli altri, difficilmente, hanno interesse a mandare in edicola. simone di meo
Simone oltre ad essere un bravo giornalista è una persona con la quale si può dialogare al di là delle differenze ideologiche e di opinione.
Epperò quando parla di Saviano si trasforma.
Sembra un toro davanti al drappo rosso.
Giorni fa ero impegnata in una discussione sul fuffington e una signora alla quale spiegavo che forse si potrebbe rimettere in discussione la questione della scorta a Saviano mi ha apostrofato con un "è ben chiaro da che parte sta lei".
Cioè mi ha dato della camorrista che è un classico dei piccoli fan di Saviano.
Poi ieri su un blog mentre argomentavo sulla questione mafia a Roma perchè anche a me pare troppo, sia dal punto di vista giudiziario che morale, definire quel sodalizio criminale mafioso, un signore mi cita l'esempio del nostro compaesano Remo Gaspari.
Per lui fare raccomandazioni e favorire lo sviluppo commerciale di un territorio senza coercizione è un metodo mafioso.
E' sicuramente grave ma non è la stessa cosa.
E' questo che dà fastidio del fenomeno Saviano : una massa di gente che pende dalle sue labbra senza prendersi la briga di andare a verificare quello scrive.
Una massa di gente che non pensa.
I Di Meo e i Chiocci sono criticabilissimi per le loro posizioni faziose però almeno vivaddio con i loro scritti inducono il lettore a pensare che sarebbe il minimo che un giornalista può fare in questa società.
Saviano ha ridotto l'antimafia ad una questione personale.
Comincia anche un pò a soffrire la concorrenza.
Dopo la sentenza di Napoli la Capacchione gli ha dato una lezione di etica e forse anche uno sganassone di quelli che fanno male più alle madri che ai loro pargoli ma che sono necessari.
E adesso c'è la stella di Lirio Abbate che comincia ad oscurarlo.
Anche lui parte dell'antimafia certificata, pare però persona più sobria e soprattutto non alla ricerca di successi personali.
Forse una speranza di cui l'antimafia, quella vera, può nutrirsi.
Simone oltre ad essere un bravo giornalista è una persona con la quale si può dialogare al di là delle differenze ideologiche e di opinione.
Epperò quando parla di Saviano si trasforma.
Sembra un toro davanti al drappo rosso.
Giorni fa ero impegnata in una discussione sul fuffington e una signora alla quale spiegavo che forse si potrebbe rimettere in discussione la questione della scorta a Saviano mi ha apostrofato con un "è ben chiaro da che parte sta lei".
Cioè mi ha dato della camorrista che è un classico dei piccoli fan di Saviano.
Poi ieri su un blog mentre argomentavo sulla questione mafia a Roma perchè anche a me pare troppo, sia dal punto di vista giudiziario che morale, definire quel sodalizio criminale mafioso, un signore mi cita l'esempio del nostro compaesano Remo Gaspari.
Per lui fare raccomandazioni e favorire lo sviluppo commerciale di un territorio senza coercizione è un metodo mafioso.
E' sicuramente grave ma non è la stessa cosa.
E' questo che dà fastidio del fenomeno Saviano : una massa di gente che pende dalle sue labbra senza prendersi la briga di andare a verificare quello scrive.
Una massa di gente che non pensa.
I Di Meo e i Chiocci sono criticabilissimi per le loro posizioni faziose però almeno vivaddio con i loro scritti inducono il lettore a pensare che sarebbe il minimo che un giornalista può fare in questa società.
Saviano ha ridotto l'antimafia ad una questione personale.
Comincia anche un pò a soffrire la concorrenza.
Dopo la sentenza di Napoli la Capacchione gli ha dato una lezione di etica e forse anche uno sganassone di quelli che fanno male più alle madri che ai loro pargoli ma che sono necessari.
E adesso c'è la stella di Lirio Abbate che comincia ad oscurarlo.
Anche lui parte dell'antimafia certificata, pare però persona più sobria e soprattutto non alla ricerca di successi personali.
Forse una speranza di cui l'antimafia, quella vera, può nutrirsi.
venerdì 28 novembre 2014
Incontri
PALERMO - Il direttore dell'Aisi, Arturo Esposito, e alcuni appartenenti ai Servizi segreti hanno incontrato oggi, in tribunale, il procuratore di Palermo facente funzioni Leonardo Agueci. Secondo indiscrezioni, al centro dell'incontro ci sarebbe stato l'ultimo allarme attentato al pm Nino Di Matteo e la sicurezza del palazzo di giustizia e dei magistrati più esposti. La Procura non ha voluto confermare il motivo della visita.
(Fonte ANSA) via livesicilia
Mah.
Sarà.
Però.
(Fonte ANSA) via livesicilia
Mah.
Sarà.
Però.
giovedì 17 aprile 2014
Non esportiamo la cultura dell'antimafia
"Perché l'Europa è così piena di latitanti? - incalza il procuratore - Perché nessuno li cerca. Se nessuno indaga in Europa, si continuerà a dire che la mafia è una fissazione solo degli italiani. Pensate che in Svizzera ci sono decine di 'Locale' di ndrangheta, ma il reato che contestano, analogo al nostro di associazione mafiosa, è quello di 'associazione segreta', per la quale la pena prevista va da 1 ai 5 anni".
strill.it
Hanno dato molto fastidio agli Inglesi in questi giorni, le osservazioni del commissario ONU Rashida Manjoo, circa la cultura sessista che affliggerebbe la Gran Bretagna.
La Manjoo ha messo in evidenza come, nonostante l'Inghilterra abbia leggi all'avanguardia per proteggere le donne da violenza e abusi, essa si sia trasformata in un piccola isola felice per gli uomini che le opprimono:
boy's club sexist culture.
Una di quelle frasi che piacerebbe tanto alla Boldrini ha definito il clima nel quale vivono le donne da quelle parti.
Con la sua storica terza pagina del Sun, il Regno Unito sarebbe peggio anche dell'Italia.
Comprendo la frustrazione del dott. Gratteri, ma le norme giuridiche non si trasportano come pacchi postali.
Sono il risultato del vissuto di un Paese.
Vanno ad incastonarsi in tradizioni e storia che lo caratterizzano.
E a loro volta producono la cultura di quel Paese.
In Svizzera o in Germania è difficile trovare magistrati che dopo aver combattuto il crimine, ci scrivono sopra un libro, vanno nei salotti televisivi a parlarne, hanno i loro fans sparsi qua e là come Justin Bebier e poi finiscono al governo.
Mi pare d'aver capito anche, dalle parole di alcuni magistrati, che non è semplicissimo applicare certe norme.
Non tutti gli uomini di legge ne sarebbero capaci.
E dev'essere vero se a dar retta ai giornali, uno che solo avvicina un presunto mafioso finisce poi per ritrovarsi in concorso, esterno o interno.
Figurarsi che combinerebbero giudici e magistrati di altri Paesi.
Creerebbero delle piccole Guantanamo come abbiamo noi in Italia.
Io sono stanca di vivere in un Paese che si nutre di antimafia, dove c'è gente che ci si è costruita una carriera.
L'Europa è l'unica speranza che ci rimane di tornare ad un pensiero libero e vario.
Lasciatela in pace.
strill.it
Hanno dato molto fastidio agli Inglesi in questi giorni, le osservazioni del commissario ONU Rashida Manjoo, circa la cultura sessista che affliggerebbe la Gran Bretagna.
La Manjoo ha messo in evidenza come, nonostante l'Inghilterra abbia leggi all'avanguardia per proteggere le donne da violenza e abusi, essa si sia trasformata in un piccola isola felice per gli uomini che le opprimono:
boy's club sexist culture.
Una di quelle frasi che piacerebbe tanto alla Boldrini ha definito il clima nel quale vivono le donne da quelle parti.
Con la sua storica terza pagina del Sun, il Regno Unito sarebbe peggio anche dell'Italia.
Comprendo la frustrazione del dott. Gratteri, ma le norme giuridiche non si trasportano come pacchi postali.
Sono il risultato del vissuto di un Paese.
Vanno ad incastonarsi in tradizioni e storia che lo caratterizzano.
E a loro volta producono la cultura di quel Paese.
In Svizzera o in Germania è difficile trovare magistrati che dopo aver combattuto il crimine, ci scrivono sopra un libro, vanno nei salotti televisivi a parlarne, hanno i loro fans sparsi qua e là come Justin Bebier e poi finiscono al governo.
Mi pare d'aver capito anche, dalle parole di alcuni magistrati, che non è semplicissimo applicare certe norme.
Non tutti gli uomini di legge ne sarebbero capaci.
E dev'essere vero se a dar retta ai giornali, uno che solo avvicina un presunto mafioso finisce poi per ritrovarsi in concorso, esterno o interno.
Figurarsi che combinerebbero giudici e magistrati di altri Paesi.
Creerebbero delle piccole Guantanamo come abbiamo noi in Italia.
Io sono stanca di vivere in un Paese che si nutre di antimafia, dove c'è gente che ci si è costruita una carriera.
L'Europa è l'unica speranza che ci rimane di tornare ad un pensiero libero e vario.
Lasciatela in pace.
martedì 17 dicembre 2013
Stridono
semmai stridono certi silenzi istituzionali se confrontati alla solidarietà dei cittadini, delle persone senza nome che mi scrivono
repubblica palermo
C'è un esercito pronto a difenderlo.
Il ministro è andato a Palermo e gli ha portato l'aggeggio rivelatore di bombe.
Gli si è dato il lince, e mi pare l'abbia rifiutato.
Se qualcuno si prova a fare qualche osservazione sul clima che si vive in Sicilia, gli si dà del mafioso.
Una volta su Facebook, per aver detto che Ingroia non è Dio, una tipa mi ha aggredito dicendomi "mi fai vomitare".
Non sappiamo nulla di questa inchiesta su Riina.
Che cosa ha detto e perchè l'ha detto.
Si sono messi sotto accusa uomini dello stato che hanno portato i latitanti su un piatto d'argento.
E ci si viene pure a lamentare?
Con tutta la comprensione umana che posso avere, mi pare francamente troppo.
Solo in Italia si mettono in piedi certi teatrini.
repubblica palermo
C'è un esercito pronto a difenderlo.
Il ministro è andato a Palermo e gli ha portato l'aggeggio rivelatore di bombe.
Gli si è dato il lince, e mi pare l'abbia rifiutato.
Se qualcuno si prova a fare qualche osservazione sul clima che si vive in Sicilia, gli si dà del mafioso.
Una volta su Facebook, per aver detto che Ingroia non è Dio, una tipa mi ha aggredito dicendomi "mi fai vomitare".
Non sappiamo nulla di questa inchiesta su Riina.
Che cosa ha detto e perchè l'ha detto.
Si sono messi sotto accusa uomini dello stato che hanno portato i latitanti su un piatto d'argento.
E ci si viene pure a lamentare?
Con tutta la comprensione umana che posso avere, mi pare francamente troppo.
Solo in Italia si mettono in piedi certi teatrini.
martedì 3 settembre 2013
The jackals
Oggi l’articolo dell’Espresso ci racconta che questa strategia di protezione oltremodo serrata della giovane Lorenza non ha funzionato, la figlia si è ribellata a questo stato di cose ed alla fine ha ottenuto per lei e la madre un pezzo di libertà, non vivono più da tempo nella casa della nonna, le zie, le sorelle del boss, non ne hanno più il controllo. E’ poca cosa? No che non è poca cosa se l’obiettivo era quello di rendere inavvicinabile a chicchessia la giovane Lorenza. Non c’è stata, e L’Espresso non è questo che ha detto, la forma di negazione del proprio genitore, e nemmeno del nonno paterno, ma la ribellione ad un modello di vita che le volevano imporre. E’ notizia? Certo che è una notizia. E’ saltato un tassello essenziale di quel puzzle che le si era costruito addosso.
Rino Giacalone
Io so dell'esistenza di Castelvetrano, perchè è la patria di Matteo Messina Denaro.
La mia ignoranza, ma anche quella di tanti altri, è figlia di quell'anti-mafia da avanspettacolo, che appunto si è data da fare per pubblicare quel reportage.
Della cittadinanza onoraria al prefetto Manganelli e dell'inaugurazione del commissariato, pochi sapevano in Italia, perchè una cosa del genere non fa notizia.
Chi si fa carico adesso del futuro di quella ragazza?
Chi risponderà del fatto che ha vissuto senza la figura paterna?
O il compito del giornalista, è solo quello di scovare la notizia e non di occuparsi delle conseguenze che essa provocherà sui protagonisti?
Facciamole queste polemiche.
Parliamone finalmente, visto che il giornalismo è parte integrante di certi meccanismi.
Da chi è composto il circo dell'antimafia e che scopi ha?
Perchè deve avere il monopolio della lotta alla mafia?
Perchè deve avere l'esclusiva sulla gestione dei beni?
Perchè tutti quelli che non si adattano alle loro regole, vengono tacitati e cacciati?
Siamo sicuri che questa antimafia più forte, non renda più forte la mafia?
Rino Giacalone
Io so dell'esistenza di Castelvetrano, perchè è la patria di Matteo Messina Denaro.
La mia ignoranza, ma anche quella di tanti altri, è figlia di quell'anti-mafia da avanspettacolo, che appunto si è data da fare per pubblicare quel reportage.
Della cittadinanza onoraria al prefetto Manganelli e dell'inaugurazione del commissariato, pochi sapevano in Italia, perchè una cosa del genere non fa notizia.
Chi si fa carico adesso del futuro di quella ragazza?
Chi risponderà del fatto che ha vissuto senza la figura paterna?
O il compito del giornalista, è solo quello di scovare la notizia e non di occuparsi delle conseguenze che essa provocherà sui protagonisti?
Facciamole queste polemiche.
Parliamone finalmente, visto che il giornalismo è parte integrante di certi meccanismi.
Da chi è composto il circo dell'antimafia e che scopi ha?
Perchè deve avere il monopolio della lotta alla mafia?
Perchè deve avere l'esclusiva sulla gestione dei beni?
Perchè tutti quelli che non si adattano alle loro regole, vengono tacitati e cacciati?
Siamo sicuri che questa antimafia più forte, non renda più forte la mafia?
martedì 27 agosto 2013
Soluzioni
"L'edificio in questione - scrive il colonnello De Marco al suo superiore - appare compatibile con le esigenze di questo Centro". Questa soluzione, segnala ancora l'ufficiale dell'Arma, costituirebbe un indiscutibile affare per la pubblica amministrazione che disporrebbe di un edificio gratuitamente.
Ma il direttore della Dia è irremovibile. Interpellato da Repubblica, dà la sua versione dei fatti.
"In via Cola di Rienzo - spiega - eravamo sotto sfratto, e la società vaticana ci aveva chiesto un aumento di affitto.
Andando in via Sicilia, il costo dell'affitto passa a zero, nessuno paga più l'affitto. La palazzina di via Cesalpino, infine, non risulta ancora confiscata, inoltre ha un elevato costo di ristrutturazione".
repubblica
Io non capisco perchè un carteggio privato su argomenti così importanti, deve finire sui giornali.
E perchè ci debbano mettere bocca tutti, dai sindacati a Don Ciotti.
E' per questo che io dico che la Dia deve essere smantellata e la questioni amministrative, nelle quali sono in ballo milioni di euro, devono essere gestite da tecnici del ministero e non da poliziotti, nè da prefetti.
Il circo dell'antimafia fa acqua da tutte le parti.
Ma il direttore della Dia è irremovibile. Interpellato da Repubblica, dà la sua versione dei fatti.
"In via Cola di Rienzo - spiega - eravamo sotto sfratto, e la società vaticana ci aveva chiesto un aumento di affitto.
Andando in via Sicilia, il costo dell'affitto passa a zero, nessuno paga più l'affitto. La palazzina di via Cesalpino, infine, non risulta ancora confiscata, inoltre ha un elevato costo di ristrutturazione".
repubblica
Io non capisco perchè un carteggio privato su argomenti così importanti, deve finire sui giornali.
E perchè ci debbano mettere bocca tutti, dai sindacati a Don Ciotti.
E' per questo che io dico che la Dia deve essere smantellata e la questioni amministrative, nelle quali sono in ballo milioni di euro, devono essere gestite da tecnici del ministero e non da poliziotti, nè da prefetti.
Il circo dell'antimafia fa acqua da tutte le parti.
lunedì 3 giugno 2013
Carinerie
- Grande emozione: oggi farò il mio primo intervento alla Camera.Parlerò di #femminicidio Diretta streaming sul mio sito dalle 14 #opencamera
@ScopelliTweet @ilpdl vaiii Rosanna
Quando fu resa nota la candidatura di Rosanna Scopelliti, con il popolo delle libertà, il mondo dell'anti-mafia calabrese, lo stesso che ha fatto commenti poco carini sulla nomina del prefetto Pansa, ando' in subbuglio.
E' impensabile secondo loro, che ci si unisca a gente come Alfano o Scopelliti, che non sono in carcere, ma legittimamente eletti.
L'onorevole Scopelliti, secondo questi esperti, farebbe parte, un po' come Aldo Pecora, di un'antimafia finta.
Molti mi dicono che la Rosanna sia una bravissima ragazza, magari giovane, ma onesta e piena di buona volontà.
Se non ha ravvisato pericoli nella sua candidatura, proprio lei che ha avuto il padre ammazzato, forse c'è da darle fiducia.
L'antimafia certificata siciliana giorni fa, ha subito un duro colpo a causa delle parole di Tina Montinaro, moglie dell'agente di scorta di Falcone, perito nell'attentato, che avrebbe detto :
Siamo stanchi della retorica antimafia che non viene mai seguita dai fatti. Noi vogliamo fare memoria, vogliamo ricordare chi ha perso la vita per lo stato e a Palermo la memoria non interessa più a nessuno
Si noti bene che non ha detto, come di solito facciamo io ed altri, che quelli dell'antimafia certificata campano sulla mafia .
Educatamente non l'ha detto, e forse non lo pensava nemmeno.
Ha però fatto notare, e come darle torto, che alle parole non seguono i fatti.
Quelli che se la sono presa tanto, evidentemente hanno la coscienza sporca.
Una voce si è levata dal coro, dopo che le immagini di Provenzano sono state mostrate in tivvù.
E' stata quella di Maria Falcone, dispiaciuta di vederlo cosi'.
E' stata una lezione di dignità e umanità, a tutti quei cialtroni che fanno finta di combattere la mafia.
Non so a voi, ma a me la Sicilia e la Calabria, con le loro antimafie certificate, sembrano l'Afghanistan e i Talebani.
mercoledì 30 gennaio 2013
Tra cialtroni e pennerentole
Ma come ha potuto Antonio Ingroia paragonare la sua piccola figura di magistrato a quella di Giovanni Falcone?
Ingroia ha ottenuto dall’Onu quell’incarico anche come riconoscimento della sua capacità di magistrato. L’interruzione crea indubbiamente problemi anche di immagine .
Tra loro esiste una distanza misurabile in milioni di anni luce. Si vergogni.
Non mi piacciono i magistrati che non si accontentano di far bene il loro lavoro, ma si propongono di redimere il mondo.
Avrei preferito vederlo prima portare a termine il delicato processo (quello sulla trattativa Stato-mafia, ndr) in cui era impegnato .
Mi basta sapere cosa pensava di me Paolo Borsellino e cosa pensava di lei. Ogni parola in piu' sarebbe di troppo
Giovanni Falcone ha fatto cose talmente eclatanti che oggi, paragonarsi a lui, mi sembra un fuor d'opera .
Quando seguo certe vicende, mi chiedo cosa stiano pensando Gianni De Gennaro e Matteo Messina Denaro .
E credo che su un punto concordino : molti rappresentanti dello Stato oggi, sono dei quacquaraquà .
Il nostro Paese, tra i tanti difetti, ha quello di credere poco negli ideali e molto negli uomini .
E vede solo bianco o nero, trascurando l'arcobaleno che c'è nel mezzo .
Per un Mussolini che ha fatto solo del male, abbiamo un Falcone che è una specie di Dio .
Le cose non stanno proprio così .
Giovanni Falcone ha fatto delle cose egregie, ma ha fatto sempre tutto da solo .
Voleva le cose a modo suo . Era un accentratore .
E per perseguire i suoi scopi non si fermava davanti a niente .
Mi si potrà obiettare che era l'unico in grado di agire .
Non è vero .
Questa storia che in Italia abbiamo solo cinque poliziotti e cinque magistrati, quando va bene, capaci di battere la criminalità e il malaffare, è una grossa bugia che ci raccontiamo un pò troppo spesso, per metterci l'animo in pace, poichè così, riusciamo a scrollarci di dosso le responsabilità che abbiamo come cittadini .
Diciamo meglio, che cioè i magistrati e i poliziotti che stanno sempre sui giornali e in televisione, sono pochi .
Io ne conosco tanti, anche più bravi, che lavorano in silenzio .
Orbene questa è l'eredità negativa che Falcone ci ha lasciato :
in giro, c'è un esercito di magistrati superstar, che sognando di essere dei reincarnati, si fanno la guerra a colpi di cadaveri .
E' questa l'antimafia che abbiamo oggi : gente che imbastisce processi sul nulla o che per tutta la vita sogna di sbattere in galera un politico che poco gli sta simpatico .
E' questo il motivo per cui i grossi latitanti rimasti non si prendono, ed è per questo che ci sono più poliziotti e carabinieri imputati nelle aule di tribunale o a marcire in galera, che delinquenti veri .
Se poi il capo della polizia li chiama cialtroni, non c'è da meravigliarsi, e forse non ha neanche tutti i torti .
attualmente sembrano guardare con maggiore attenzione al fenomeno, anche se in questa attenzione si rilevano delle distorsioni o meglio, delle sproporzioni
sposta il “fuoco” dell’attività giornalistica su polemiche, pro o contro i pubblici ministeri, pro o contro quell’imputato, che, alla fine, ancora una volta, oggettivamente, fanno passare in secondo piano la vera origine dei drammatici problemi calabresi. relazione DNA via il Sole
Le frasi contro la libertà di stampa contenute nella relazione della “Dna” (direzione nazionale antimafia) al Parlamento, sono gravissime e probabilmente senza precedenti nella storia della Repubblica. Si tratta di una vera e propria richiesta di sospendere la libertà di stampa in Calabria, cioè l'articolo 21 della Costituzione e forse persino la libertà di opinione. Piero Sansonetti
Come ogni anno in questo periodo, cerco la versione integrale dei rapporti DNA e DIA, presentati al parlamento, ma non le trovo .
Di solito compaiono su scribd o sul sito del ministero dell'interno, un paio di mesi dopo, proprio quando l'interesse è scemato .
Se uno vuole aiuto dalla cosiddetta società civile, deve dargli del materiale su cui lavorare .
A me non bastano i resoconti giornalistici, perchè negativi o positivi che siano, risultano alla fine sempre falsati : o stanno dalla parte dei magistrati, o contro, o appunto ti raccontano delle loro liti .
Nessuno riporta i fatti, così come stanno .
Di che libertà di stampa mi si parla, quando poi ci consegnate sempre le stesse veline .
Cerchiamo di essere seri e fare meno le cenerentole .
Ingroia ha ottenuto dall’Onu quell’incarico anche come riconoscimento della sua capacità di magistrato. L’interruzione crea indubbiamente problemi anche di immagine .
Tra loro esiste una distanza misurabile in milioni di anni luce. Si vergogni.
Non mi piacciono i magistrati che non si accontentano di far bene il loro lavoro, ma si propongono di redimere il mondo.
Avrei preferito vederlo prima portare a termine il delicato processo (quello sulla trattativa Stato-mafia, ndr) in cui era impegnato .
Mi basta sapere cosa pensava di me Paolo Borsellino e cosa pensava di lei. Ogni parola in piu' sarebbe di troppo
Giovanni Falcone ha fatto cose talmente eclatanti che oggi, paragonarsi a lui, mi sembra un fuor d'opera .
Quando seguo certe vicende, mi chiedo cosa stiano pensando Gianni De Gennaro e Matteo Messina Denaro .
E credo che su un punto concordino : molti rappresentanti dello Stato oggi, sono dei quacquaraquà .
Il nostro Paese, tra i tanti difetti, ha quello di credere poco negli ideali e molto negli uomini .
E vede solo bianco o nero, trascurando l'arcobaleno che c'è nel mezzo .
Per un Mussolini che ha fatto solo del male, abbiamo un Falcone che è una specie di Dio .
Le cose non stanno proprio così .
Giovanni Falcone ha fatto delle cose egregie, ma ha fatto sempre tutto da solo .
Voleva le cose a modo suo . Era un accentratore .
E per perseguire i suoi scopi non si fermava davanti a niente .
Mi si potrà obiettare che era l'unico in grado di agire .
Non è vero .
Questa storia che in Italia abbiamo solo cinque poliziotti e cinque magistrati, quando va bene, capaci di battere la criminalità e il malaffare, è una grossa bugia che ci raccontiamo un pò troppo spesso, per metterci l'animo in pace, poichè così, riusciamo a scrollarci di dosso le responsabilità che abbiamo come cittadini .
Diciamo meglio, che cioè i magistrati e i poliziotti che stanno sempre sui giornali e in televisione, sono pochi .
Io ne conosco tanti, anche più bravi, che lavorano in silenzio .
Orbene questa è l'eredità negativa che Falcone ci ha lasciato :
in giro, c'è un esercito di magistrati superstar, che sognando di essere dei reincarnati, si fanno la guerra a colpi di cadaveri .
E' questa l'antimafia che abbiamo oggi : gente che imbastisce processi sul nulla o che per tutta la vita sogna di sbattere in galera un politico che poco gli sta simpatico .
E' questo il motivo per cui i grossi latitanti rimasti non si prendono, ed è per questo che ci sono più poliziotti e carabinieri imputati nelle aule di tribunale o a marcire in galera, che delinquenti veri .
Se poi il capo della polizia li chiama cialtroni, non c'è da meravigliarsi, e forse non ha neanche tutti i torti .
attualmente sembrano guardare con maggiore attenzione al fenomeno, anche se in questa attenzione si rilevano delle distorsioni o meglio, delle sproporzioni
sposta il “fuoco” dell’attività giornalistica su polemiche, pro o contro i pubblici ministeri, pro o contro quell’imputato, che, alla fine, ancora una volta, oggettivamente, fanno passare in secondo piano la vera origine dei drammatici problemi calabresi. relazione DNA via il Sole
Le frasi contro la libertà di stampa contenute nella relazione della “Dna” (direzione nazionale antimafia) al Parlamento, sono gravissime e probabilmente senza precedenti nella storia della Repubblica. Si tratta di una vera e propria richiesta di sospendere la libertà di stampa in Calabria, cioè l'articolo 21 della Costituzione e forse persino la libertà di opinione. Piero Sansonetti
Come ogni anno in questo periodo, cerco la versione integrale dei rapporti DNA e DIA, presentati al parlamento, ma non le trovo .
Di solito compaiono su scribd o sul sito del ministero dell'interno, un paio di mesi dopo, proprio quando l'interesse è scemato .
Se uno vuole aiuto dalla cosiddetta società civile, deve dargli del materiale su cui lavorare .
A me non bastano i resoconti giornalistici, perchè negativi o positivi che siano, risultano alla fine sempre falsati : o stanno dalla parte dei magistrati, o contro, o appunto ti raccontano delle loro liti .
Nessuno riporta i fatti, così come stanno .
Di che libertà di stampa mi si parla, quando poi ci consegnate sempre le stesse veline .
Cerchiamo di essere seri e fare meno le cenerentole .
martedì 22 gennaio 2013
Scandalizzato
il Procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi a ritenersi "scandalizzato dall'avere appreso dalla vedova di Crescente dell'iniziativa della presentazione del libro di Contrada al Polo universitario, prevista per il prossimo 25 gennaio proprio nella sala intitolata al collega Luca Crescente".articolo tre
Il magistrato Teresi ha definito la cattura di Riina uno specchietto per le allodole. Come può replicare?
Il silenzio di Teresi durante le stragi corleonesi, il basso profilo di Teresi durante le stragi corleonesi era evidente ed assordante, come sono assordanti le chiacchiere di questi giorni fuori dall’ aula del tribunale e al di fuori della funzione che svolge. E vale anche per me. Meno chiacchiere e più sentenze. Meno cazzate e più condanne. Questo vuole il popolo e noi soldati insieme al popolo.censurati
Se De Caprio riuscisse a tagliare sul populismo di stampo sinistrorso e i toni accesi, costituirebbe una valida e credibile alternativa alle starlettes dell'antimafia certificata .
Il magistrato Teresi ha definito la cattura di Riina uno specchietto per le allodole. Come può replicare?
Il silenzio di Teresi durante le stragi corleonesi, il basso profilo di Teresi durante le stragi corleonesi era evidente ed assordante, come sono assordanti le chiacchiere di questi giorni fuori dall’ aula del tribunale e al di fuori della funzione che svolge. E vale anche per me. Meno chiacchiere e più sentenze. Meno cazzate e più condanne. Questo vuole il popolo e noi soldati insieme al popolo.censurati
Se De Caprio riuscisse a tagliare sul populismo di stampo sinistrorso e i toni accesi, costituirebbe una valida e credibile alternativa alle starlettes dell'antimafia certificata .
venerdì 18 gennaio 2013
I no di Luigi, i si di Marco
La mattina che ho parlato con Berlusconi, un ragazzo di nome Carmelo che studia nella mia fondazione mi ha detto: don Luigi, me ne vado da Napoli perché è una città senza speranza. E quando ho preso in considerazione l'idea di candidarmi è stato anche per dare una speranza a Carmelo e ai tanti ragazzi che vivono il disagio e la paura. Dopo che ho visto le liste del Pdl sui giornali, dico no. E aggiungo che ci sono rimasto male. Non volevano cambiare, volevano solo usare il mio volto. A loro dico quello che mi ha insegnato un mio maestro: meglio morire in piedi che vivere una vita intera inginocchiati.
huffington
La notizia della possibile candidatura è stata fatta girare qualche giorno fa, e ovviamente il popolo dell'antimafia certificata ha gridato all'orrore .
Se il colloquio è avvenuto il 9, vuol dire che la risposta tendeva al si .
Viste le reazioni, don Luigino se l'è fatta sotto, e ha optato per il no .
Certo che volevano usare il suo volto : abbiamo bisogno di facce conosciute .
I contenuti sono altro .
La notizia del giorno, oserei dire del secolo, e che ha sconvolto la nazione, è stato l'apparentamento tra Pannella e Storace .
Addirittura Gad Lerner ha lanciato un accorato appello su Repubblica .
Io vorrei tranquillizzare lui e la lobby, che anche la destra di Storace è tutta champagne .
Quello che non capisco, è lo stupore che il patto ha generato .
E' una vita che Pannella si appoggia al primo che passa, per assicurare il posto in parlamento a lui e i suoi .
Che doveva fare stavolta ?
huffington
La notizia della possibile candidatura è stata fatta girare qualche giorno fa, e ovviamente il popolo dell'antimafia certificata ha gridato all'orrore .
Se il colloquio è avvenuto il 9, vuol dire che la risposta tendeva al si .
Viste le reazioni, don Luigino se l'è fatta sotto, e ha optato per il no .
Certo che volevano usare il suo volto : abbiamo bisogno di facce conosciute .
I contenuti sono altro .
La notizia del giorno, oserei dire del secolo, e che ha sconvolto la nazione, è stato l'apparentamento tra Pannella e Storace .
Addirittura Gad Lerner ha lanciato un accorato appello su Repubblica .
Io vorrei tranquillizzare lui e la lobby, che anche la destra di Storace è tutta champagne .
Quello che non capisco, è lo stupore che il patto ha generato .
E' una vita che Pannella si appoggia al primo che passa, per assicurare il posto in parlamento a lui e i suoi .
Che doveva fare stavolta ?
venerdì 4 gennaio 2013
Carte scabrose
“Si tratta di carte scabrose”, spiega adesso l’anonimo autore, che dice di essere stato testimone diretto di quei giorni del gennaio ’93: indica una caserma del centro dove sarebbe stato nascosto l’archivio di Riina. E poi traccia addirittura il percorso preciso per arrivare a una stanza in particolare. “Ma lì le carte sono rimaste poco, poi sono state portate via”, aggiunge. Dove, è
un mistero.
Salvo Palazzolo via E. Di Giacomo
Se il fatto fosse vero, il Ros andrebbe azzerato e bisognerebbe passare al setaccio tutti i corpi di polizia, per verificare come operano .
Non è solo problema dei Ros .
Ci sono ombre che aleggiano su tutti .
Però a me la cosa puzza .
Non è un mistero come il processo sulla trattativa mafia-stato, sia un castello di carte che regge sul nulla .
Sarebbe logico supporre che dietro le straordinarie rivelazioni, ci sia un magistrato e non un carabiniere .
un mistero.
Salvo Palazzolo via E. Di Giacomo
Se il fatto fosse vero, il Ros andrebbe azzerato e bisognerebbe passare al setaccio tutti i corpi di polizia, per verificare come operano .
Non è solo problema dei Ros .
Ci sono ombre che aleggiano su tutti .
Però a me la cosa puzza .
Non è un mistero come il processo sulla trattativa mafia-stato, sia un castello di carte che regge sul nulla .
Sarebbe logico supporre che dietro le straordinarie rivelazioni, ci sia un magistrato e non un carabiniere .
sabato 29 dicembre 2012
Patti d'onore
Palermo, 29 dic.- (Adnkronos) - I figli del boss mafioso Bernardo Provenzano hanno presentato un esposto denuncia contro l'ex Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e l'avvocato generale dello Stato ed ex Procuratore aggiunto Ignazio De Francisci. Angelo e Francesco Paolo Provenzano nell'esposto denuncia presentato al Procuratore nisseno Sergio Lari, competente per le denunce contro i magistrati di Palermo, denunciano la "violazione del segreto istruttorio dopo la pubblicazione dell'articolo sul Fatto quotidiano dello scorso 5 giugno con il contenuto dell'interrogatorio di Bernardo Provenzano con i due magistrati", cioe' cinque giorni dopo l'interrogatorio avvenuto nel carcere di Parma in cui i Ingroia e De Francisci avrebbero tastato il polso al capomafia per chiedergli se voleva collaborare con la giustizia. Non solo. Nell'esposto i due figli di Provenzano, tuttora in coma dopo un intervento al cervello per un ematoma, denunciano anche il "falso ideologico e reato omissivo". L'esposto e' allegato a un altro esposto presentato dai legali di Provenzano, Rosalba Di Gregorio e Franco Marasa', al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione in cui i due legali ricordano denunciano l'interrogatorio fatto il 31 maggio in assenza dei due avvocati di Provenzano. I due pm parlarono in quell'occasione di avere ascoltato Provenzano come persona informata dei fatti. Ma i due legali non hanno digerito quella visita a sopresa dei magistrati. Nell'esposto gli avvocati hanno anche aggiunto l'ordinanza del gup Piergiorgio Morosini in cui il magistrato 'bacchetta' Ingroia e De Francisci per avere interrogato Provenzano come indagato nell'ambito della trattativa, quindi era necessaria la presenza dei legali.
(29 dicembre 2012 ore 19.32)
Panorama
C'è una serie di incongruenze, nella vicenda Provenzano, che via via dovranno essere portate alla luce .
Si tratta di questioni maturate nell'arco di decenni, dalla latitanza alla cattura, passando per i viaggi francesi, di cui il prode Ingroia, a giudicare dalle domande poste, non sembra essere stato informato da Grasso .
Sono fatti che vanno chiariti, perchè al di là della colpevolezza del Corleonese, giustizia vuole giustizia .
E se i figli avranno la pazienza di farlo, dovranno caricarsene l'onere, sia per il padre che per se stessi .
La legittimità di questo interrogatorio, negata dallo stesso gup, potrebbe essere l'inizio .
Quello che fa spavento, di tutto il colloquio, è la maniera in cui è stato condotto, per accattivarsi le simpatie di Provenzano e convincerlo a parlare .
Si è fatto leva semplicemente sui figli, sulla volontà che egli potesse avere di redimerli da un peso .
Ingroia si vanta spesso di essere Siciliano e di comprendere i suoi compaesani, ma ha dato prova di imperizia, perchè non ha capito quello che Provenzano voleva, che era poi quello che aveva gia' comunicato ai parlamentari :
voleva semplicemente sapere quale parte di verità si pretendeva da lui, e ormai sappiamo che ve ne sono molte di sfaccettature in questa storia, e temeva che i figli, andando in televisione, mezzo molto dispersivo, parlassero in maniera vaga, per poi essere interpretati male e finire nei guai .
Aveva paura del macello mediatico innanzitutto, e poi forse anche di quello mafioso .
Chiedeva rassicurazioni in tal senso . Voleva semplicemente conoscere il nucleo centrale di quella che sarebbe dovuta essere la sua deposizione .
Quando Ingroia ha glissato sull'età del proprio figlio, forse temendo che Provenzano chissà per quale motivo glielo chiedeva, se lo è giocato .
Provenzano ha capito che non si poteva fidare di lui e quindi ha chiuso tutti i canali .
E ha fatto bene .
Con uno che parla cosi', patti d'onore non se ne possono fare .
motivazioni denuncia
mercoledì 26 dicembre 2012
Locked out of heaven
Questo è un post pecoreccio post-Natalizio .
Non me ne vogliano i protagonisti, soprattutto il dott. Mandalà, per cui nutro una gran simpatia, con riserva ovviamente .
Il fatto è, che dopo aver vissuto per sei anni in un Paese Arabo, dove se ti arrestano, spesso nemmeno presentano la notifica al legale o all'Ambasciata, e i parenti devono andare in giro commissariato per commissariato, per appurare dove sei, credevo di essere rientrata nel mondo civile .
E invece mi sto accorgendo che qua, siamo piu' incivili degli incivili .
Nino Mandalà è un pò la Cenerentola della mafia, ammesso che egli sia mafioso, perchè per me, vale sempre la regola, che un processo bisogna seguirlo in tutti i suoi passaggi e non attraverso la stampa .
Mandalà sfugge a dei canoni prefissati .
Innanzitutto è un intellettuale che ha aperto un blog .
E qui si sfata il mito del mafioso della cicoria, prototipo unico del fenomeno, quello tanto caro ad una certa classe di inquirenti e di professionisti dell'anti-mafia, quelli per intenderci che vanno in tivvu' a venderci i libri e hanno guadagnato fior di medagliette, e che se non sei d'accordo con loro, allora diventi automaticamente mafioso .
A voler leggere ciò che Mandalà scrive, si fa fatica a capirlo, perchè i suoi scritti trasudano cultura e contenuti da tutti i dot .
E' anche una persona gentile, che non se la tira .
Se provi a obiettare qualcosa alle sue tesi, ti risponde pure, e con molta umiltà .
Sfatato il mito del mafioso buzzurro .
Oddio, quando c'è da tirare fuori gli attributi, lo fa .
Basta leggersi le trascrizioni delle intercettazioni ambientali a cui fu sottoposto .
La peculiarità del fenomeno Mandalà, all'interno della blogosfera, è che di solito il blogger è colui il quale esprime una opinione su fatti filtrati dalla stampa .
Ovvero il blogger lavora perchè la stampa esiste, e di solito i due percorsi non si intrecciano, a meno che il giornalista non si metta a bloggare .
Nel suo caso, fu la stampa che diede l'annuncio dell'uscita del blog, il che gli portò svariati clienti .
Il bello è, che quando i media scrivono di un personaggio, dovrebbero anche sapere chi questi è .
Quindi dovrebbero avere a mente un'immagine .
Con Mandalà ciò diventa un problema, perchè quasi tutte le testate online, propongono la foto di uno, che dovrebbe essere piu' Stefano Lo Verso, che Antonino Mandalà .
Lo Verso per capirci, sarebbe, secondo quanto raccontato dai giornali, uno che di mestiere faceva il maggiordomo di Provenzano, una sorta di Paolo Gabriele della cupola mafiosa , che lo accudiva e riforniva di viveri .
Grazie a questo ruolo chiaramente di spicco all'interno del sodalizio criminale, sarebbe venuto a conoscenza dei legami politici di Bernie .
E logicamente, quando è arrivato il momento di pentirsi, perchè per ciascun mafioso degno di tale condizione, arriva un momento del genere, ci ha svelato i segreti del livello nascosto .
Praticamente nulla : un sacco di chiacchiere, al solito, su Binnu che gli disse di avere protezioni in alto, che è un pò la tecnica che un capo adotta con i polli che addomestica, far finta di essere potente .
Lo Verso come tutti gli spioni che si rispettino, si è pentito per dare una svolta alla sua vita, per riscattare la sua terra, per dare un esempio ai giovani e cosi' via, tutte quelle amenità cioè, che siamo soliti ascoltare da gente che poi sottoscrive un bel contrattino con lo Stato e si mette a posto per la vita .
Ne ho sentite decine di queste storie, alcune anche dai diretti interessati di cui ho scritto sul blog .
Mi permetto di affermare che per la maggior parte sono balle, specie quando ci appiccicano il crocefisso sopra, tanto per metterti spalle al muro .
Il nostro però è andato oltre : si è messo a dare lezioni di etica ai figli di Binnu .
E' entrato un pò nel personaggio .
Alla fine ha anche deciso di tornare in patria, a Ficarazzi, e senza scorta .
Ci ha fatto su, un panegirico intriso di moralità e valori .
A me che non me ne intendo di mafia però, pare chiaro che se un collaborante se ne torna a casa senza protezione e resta vivo, rimane sempre un collaborante, ma non dello Stato, quanto della cupoletta .
Tornando al Mandalà, oltre a confondere i giornalisti e a non fornirci una bella foto, egli ha l'ardire di farsi intervistare dal gotha dell'anti-mafia certificata, quella capitanata da Michele Pandoro .
E ci va vestito di tutto punto, vantandosi della mise da riccone, per fare concorrenza a Gabriel Garko .
Eppero' alla fine non si fa riprendere .
Deve essere talmente espressivo nelle sue affermazioni, che la giornalista di Pandoro, ormai specializzata in interviste impossibili, ci fa una ricostruzione tipo fiction .
A voler cercare ulteriori notizie su Mandalà, le uniche sono sui rapporti che avrebbe intrattenuto con Schifani, uno il cui atto piu' significativo, è stato quello di aver cambiato pettinatura, cosi' da non avere le foto rovinate dal ciuffetto ribelle .
Ma anche quello, a dar retta alle cronache, non fu opera sua, quanto del mentore di Arcore .
Orbene, ogni volta che l'imprenditore di Villabate, scrive qualcosa sul blog, questo viene ripreso dalla stampa come fosse un evento : apre il blog, chiude il blog, si soffia il naso, bacchetta Alfano (bisogna attribuirgli il merito di aver compreso in anticipo, come Montalfano fosse il pupazzetto di Arcore e basta) .
E bisogna dare atto al Mandalà che, indipendentemente da come la pensi, scrive delle cose di pregevole fattura .
Per quanto concerne poi il fatto che esso debba essere considerato o no regime duro, sarà pur vero che il suo scopo non è afflittivo ma è vero altresì che la sua natura ha finito per essere crudele con buona pace dei virtuosismi eristici del prof. Grevi. Non manco mai di proporre , quando se ne presenta l'occasione, la lettura di un brano della lettera di un detenuto in regime di 41 bis e continuerò a riproporla ancora in futuro nella speranza che essa giunga al cuore del Ministro di Grazia e Giustizia: "Dopo i primi quindici minuti consentiti il bambino mi fu sottratto e affidato alla madre. Egli mi sorrise da dietro il vetro divisorio e tese le braccia verso di me, incontrò il vetro divisorio e batté le mani contro di esso credendo in un gioco,sorrise ancora e ancora batté le mani, poi il sorriso si tramutò in un singulto, le mani continuarono a battere e poi a battere sempre più freneticamente fino a quando un pianto disperato sgorgò dai suoi acchioni spalancati e sgomenti". Non vogliamo dire che il 41 bis è un regime di carcere duro? Diciamo allora che è un regime odioso!
Il 41bis, per stessa ammissione di chi lo suggeri' ed incoraggio', nacque per fiaccare i legami dei boss mafiosi con i referenti esterni, e quindi aggiungo io, per manifesta incapacità investigativa e legislativa .
Finisce per colpire pero', le vere vittime della mafia, o meglio della cultura mafiosa, che sono i parenti piu' prossimi dei mafiosi.
Se non vogliamo concedere che viviamo in uno Stato di non-diritto o di vendetta, dobbiamo almeno prendere atto del fatto che siamo governati da leggi incivili che colpiscono anche le vittime .
E tutto ciò è semplicemente ingiusto .
Non me ne vogliano i protagonisti, soprattutto il dott. Mandalà, per cui nutro una gran simpatia, con riserva ovviamente .
Il fatto è, che dopo aver vissuto per sei anni in un Paese Arabo, dove se ti arrestano, spesso nemmeno presentano la notifica al legale o all'Ambasciata, e i parenti devono andare in giro commissariato per commissariato, per appurare dove sei, credevo di essere rientrata nel mondo civile .
E invece mi sto accorgendo che qua, siamo piu' incivili degli incivili .
Nino Mandalà è un pò la Cenerentola della mafia, ammesso che egli sia mafioso, perchè per me, vale sempre la regola, che un processo bisogna seguirlo in tutti i suoi passaggi e non attraverso la stampa .
Mandalà sfugge a dei canoni prefissati .
Innanzitutto è un intellettuale che ha aperto un blog .
E qui si sfata il mito del mafioso della cicoria, prototipo unico del fenomeno, quello tanto caro ad una certa classe di inquirenti e di professionisti dell'anti-mafia, quelli per intenderci che vanno in tivvu' a venderci i libri e hanno guadagnato fior di medagliette, e che se non sei d'accordo con loro, allora diventi automaticamente mafioso .
A voler leggere ciò che Mandalà scrive, si fa fatica a capirlo, perchè i suoi scritti trasudano cultura e contenuti da tutti i dot .
E' anche una persona gentile, che non se la tira .
Se provi a obiettare qualcosa alle sue tesi, ti risponde pure, e con molta umiltà .
Sfatato il mito del mafioso buzzurro .
Oddio, quando c'è da tirare fuori gli attributi, lo fa .
Basta leggersi le trascrizioni delle intercettazioni ambientali a cui fu sottoposto .
La peculiarità del fenomeno Mandalà, all'interno della blogosfera, è che di solito il blogger è colui il quale esprime una opinione su fatti filtrati dalla stampa .
Ovvero il blogger lavora perchè la stampa esiste, e di solito i due percorsi non si intrecciano, a meno che il giornalista non si metta a bloggare .
Nel suo caso, fu la stampa che diede l'annuncio dell'uscita del blog, il che gli portò svariati clienti .
Il bello è, che quando i media scrivono di un personaggio, dovrebbero anche sapere chi questi è .
Quindi dovrebbero avere a mente un'immagine .
Con Mandalà ciò diventa un problema, perchè quasi tutte le testate online, propongono la foto di uno, che dovrebbe essere piu' Stefano Lo Verso, che Antonino Mandalà .
Lo Verso per capirci, sarebbe, secondo quanto raccontato dai giornali, uno che di mestiere faceva il maggiordomo di Provenzano, una sorta di Paolo Gabriele della cupola mafiosa , che lo accudiva e riforniva di viveri .
Grazie a questo ruolo chiaramente di spicco all'interno del sodalizio criminale, sarebbe venuto a conoscenza dei legami politici di Bernie .
E logicamente, quando è arrivato il momento di pentirsi, perchè per ciascun mafioso degno di tale condizione, arriva un momento del genere, ci ha svelato i segreti del livello nascosto .
Praticamente nulla : un sacco di chiacchiere, al solito, su Binnu che gli disse di avere protezioni in alto, che è un pò la tecnica che un capo adotta con i polli che addomestica, far finta di essere potente .
Lo Verso come tutti gli spioni che si rispettino, si è pentito per dare una svolta alla sua vita, per riscattare la sua terra, per dare un esempio ai giovani e cosi' via, tutte quelle amenità cioè, che siamo soliti ascoltare da gente che poi sottoscrive un bel contrattino con lo Stato e si mette a posto per la vita .
Ne ho sentite decine di queste storie, alcune anche dai diretti interessati di cui ho scritto sul blog .
Mi permetto di affermare che per la maggior parte sono balle, specie quando ci appiccicano il crocefisso sopra, tanto per metterti spalle al muro .
Il nostro però è andato oltre : si è messo a dare lezioni di etica ai figli di Binnu .
E' entrato un pò nel personaggio .
Alla fine ha anche deciso di tornare in patria, a Ficarazzi, e senza scorta .
Ci ha fatto su, un panegirico intriso di moralità e valori .
A me che non me ne intendo di mafia però, pare chiaro che se un collaborante se ne torna a casa senza protezione e resta vivo, rimane sempre un collaborante, ma non dello Stato, quanto della cupoletta .
Tornando al Mandalà, oltre a confondere i giornalisti e a non fornirci una bella foto, egli ha l'ardire di farsi intervistare dal gotha dell'anti-mafia certificata, quella capitanata da Michele Pandoro .
E ci va vestito di tutto punto, vantandosi della mise da riccone, per fare concorrenza a Gabriel Garko .
Eppero' alla fine non si fa riprendere .
Deve essere talmente espressivo nelle sue affermazioni, che la giornalista di Pandoro, ormai specializzata in interviste impossibili, ci fa una ricostruzione tipo fiction .
A voler cercare ulteriori notizie su Mandalà, le uniche sono sui rapporti che avrebbe intrattenuto con Schifani, uno il cui atto piu' significativo, è stato quello di aver cambiato pettinatura, cosi' da non avere le foto rovinate dal ciuffetto ribelle .
Ma anche quello, a dar retta alle cronache, non fu opera sua, quanto del mentore di Arcore .
Orbene, ogni volta che l'imprenditore di Villabate, scrive qualcosa sul blog, questo viene ripreso dalla stampa come fosse un evento : apre il blog, chiude il blog, si soffia il naso, bacchetta Alfano (bisogna attribuirgli il merito di aver compreso in anticipo, come Montalfano fosse il pupazzetto di Arcore e basta) .
E bisogna dare atto al Mandalà che, indipendentemente da come la pensi, scrive delle cose di pregevole fattura .
Per quanto concerne poi il fatto che esso debba essere considerato o no regime duro, sarà pur vero che il suo scopo non è afflittivo ma è vero altresì che la sua natura ha finito per essere crudele con buona pace dei virtuosismi eristici del prof. Grevi. Non manco mai di proporre , quando se ne presenta l'occasione, la lettura di un brano della lettera di un detenuto in regime di 41 bis e continuerò a riproporla ancora in futuro nella speranza che essa giunga al cuore del Ministro di Grazia e Giustizia: "Dopo i primi quindici minuti consentiti il bambino mi fu sottratto e affidato alla madre. Egli mi sorrise da dietro il vetro divisorio e tese le braccia verso di me, incontrò il vetro divisorio e batté le mani contro di esso credendo in un gioco,sorrise ancora e ancora batté le mani, poi il sorriso si tramutò in un singulto, le mani continuarono a battere e poi a battere sempre più freneticamente fino a quando un pianto disperato sgorgò dai suoi acchioni spalancati e sgomenti". Non vogliamo dire che il 41 bis è un regime di carcere duro? Diciamo allora che è un regime odioso!
Il 41bis, per stessa ammissione di chi lo suggeri' ed incoraggio', nacque per fiaccare i legami dei boss mafiosi con i referenti esterni, e quindi aggiungo io, per manifesta incapacità investigativa e legislativa .
Finisce per colpire pero', le vere vittime della mafia, o meglio della cultura mafiosa, che sono i parenti piu' prossimi dei mafiosi.
Se non vogliamo concedere che viviamo in uno Stato di non-diritto o di vendetta, dobbiamo almeno prendere atto del fatto che siamo governati da leggi incivili che colpiscono anche le vittime .
E tutto ciò è semplicemente ingiusto .
venerdì 21 dicembre 2012
Tra omerta' e ricatti
E invece no. Qualcuno lo ha convinto a stare zitto, a rimanere in galera, a costo di spaccarsi la testa in una delle sue quotidiane cadute. Qualcuno lo ha pregato di tacere, di morire come un cane senza dar fastidio. Probabilmente glielo hanno chiesto come atto di estremo amore.
Chiedo a suo figlio Angelo, così indignato per le condizioni di detenzione del padre, se pensa che così l’”onore” della famiglia sia salvo. Io, che pur figlio di mafioso non sono, avrei lottato con le unghie e con i denti per far uscire mio padre dall’inferno del 41 bis, lo avrei convinto a rinunciare alla sua idiota omertà. Non sarei andato in tv a farfugliare velate minacce e ad usare un vocabolario di stampo mafioso ormai vetusto, ma sarei andato da lui a chiedergli di tornare da noi, in qualunque modo.
ilfattoquotidianoMi pare esagerato dare tanta visibilita' ad un pezzo che trasuda odio e null'altro, pero' quando si attacca una persona a me cara, e in maniera ingiusta, non posso stare a guardare .
Per quel poco che posso conoscerlo, Angelo è una persona molto intelligente e sensibile .
Non credo affatto che sia stato lui a convincere il padre a non collaborare .
Lo ama e lo rispetta cosi' tanto, che non imporrebbe mai nulla a Bernardo Provenzano .
Nè lui, nè il fratello lo farebbero .
Sono i suoi figli. Ne hanno tutto il diritto .
Chiunque fosse nelle condizioni di Provenzano, messo cioè spalle al muro da un ricatto, non collaborerebbe .
Mettere la famiglia in un sistema di protezione oggi, e lo confermano sia i collaboratori di giustizia che coloro i quali, sono vittime di racket ed usura, equivale ad una condanna a morte .
E' un sistema che non funziona .
Non è questione di onore .
Ognuno di noi ha un codice di comportamento che si impone di seguire nella vita .
Per Angelo, questo è il rispetto .
Io credo, dalle poche interviste che ha rilasciato in questi anni, che lui si senta tradito da tutto il sistema .
Per questo forse non ha incoraggiato il padre verso la collaborazione .
E poi parliamone di questa collaborazione :
dove starebbe l'equilibrio, la giustizia in tutto cio' ?
Se Bernardo Provenzano avesse ricevuto tutte le cure che gli sono dovute, non sarebbe caduto una seconda volta in carcere .
Chi ne chiede il pentimento per fargli avere le cure necessarie, sta semplicemente facendo un ricatto di stampo mafioso .
Io posso anche capirli certi atteggiamenti .
Il dolore di chi ha perso una persona per mano della mafia, non ha eguali .
Il perdono è prerogativa di pochi .
Eppero' poi non si puo' andare in piazza a dimostrare per questo o quel magistrato, e chiedere giustizia .
La giustizia, se la si vuole, la si dove pretendere sempre e in ogni caso, anche quando è scomoda .
Signor Calasanzio, diciamoci la verita' :
se lei all'inizio della sua carriera non avesse usato il cognome Borsellino, di cui puo' far uso legittimamente, ma non è della stessa persona conosciuta e ammirata in tutta la nazione, oggi non avrebbe la visibilita' che ha, nè godrebbe dell'attenzione di certa stampa .
Lei puo' continuare a prendersela con Angelo fino a quando vuole .
Tanto ormai lui ci è abituato . Ogni volta che lo colpite, alza l'asticella del dolore e continua a saltare .
Pero' qui si continua a fuggire dal vero problema, che è quello di un Paese a cui la mafia fa comodo .
Per anni ha fatto comodo pensare che Bernardo Provenzano fosse l'unico male della Sicilia, adesso torna utile pensare che la sua morte sollevera' tutti da un peso .
E forse lo fara', ma non è la soluzione .
Signor Calasanzio,
sia lei, che Angelo Provenzano, siete vittime della cultura mafiosa .
Su fronti opposti, l'avete subita .
Finchè rimarrete distanti, a cercare di non comprendervi, ne uscirete sconfitti tutti e due .
Ne uscira' sconfitta la Sicilia, l'Italia tutta .
Se è questo che vuole, continui pure .
Accanirsi contro un uomo che è accorso sul letto di morte del padre, non è etico, nè mostra un gran coraggio da parte sua .
Continui pure a prendersela con Angelo, se cio' la fa sentire meglio .
Ma sono sicura che in cuor suo sa, che non è giusto, e che è una maniera come un'altra, per sfuggire dalla realta' .
lunedì 17 dicembre 2012
Si u sapissi
Pm tentarono di far pentire Bernardo Provenzano
„Noi dobbiamo parlare bene se non abbiamo ricordi
Pm tentarono di far pentire Bernardo Provenzano
„"Pi mia a stessa cosa sunnu"
“
“
Potrebbe interessarti:http://www.palermotoday.it/cronaca/tentativo-pentimento-bernardo-provenzano.html
Leggi le altre notizie su:http://www.palermotoday.it/o seguici su Facebook:http://www.facebook.com/pages/PalermoToday/115632155195201
palermotoday
„Noi dobbiamo parlare bene se non abbiamo ricordi
Pm tentarono di far pentire Bernardo Provenzano
„"Pi mia a stessa cosa sunnu"
“
Potrebbe interessarti:http://www.palermotoday.it/cronaca/tentativo-pentimento-bernardo-provenzano.html
Leggi le altre notizie su:http://www.palermotoday.it/o seguici su Facebook:http://www.facebook.com/pages/PalermoToday/115632155195201
Semplice e diretto come ce lo descrivono i figli .
Ai magistrati non gliene fotteva niente di riabilitarne il nome .
Gli hanno mentito .
Lui invece ha risposto onestamente .
Si è preso una bella soddisfazione .
Ha dato lezioni di etica .
Ovviamente un giorno ci verranno a raccontare che Binnu parlava linguaggio mafioso e mandava messaggi trasversali .
Chi ha un po' di cervello, pero', capira' l'inghippo .
Gli altri continueranno a campare sul nome di Provenzano .
giovedì 6 dicembre 2012
Habemus blogger
Sento l'esigenza di far sentire la mia voce.
Andarono in montagna. Ed io sto qui, sull'altopiano dove sorge Città del Guatemala.
C'è chi si meraviglia, autorevoli esponenti delle istituzioni e perfino la magistratura associata. Perché – dicono – la Corte Costituzionale non si tocca, non può essere criticata. Mi chiedo dove sta scritto. Il diritto di critica deve poter essere liberamente esercitato nei confronti di chiunque e di qualunque istituzione.
E poi: non cambiamo le carte in tavola. Chi è stato (ingiustamente) accusato di avere violato la legge, addirittura ledendo le prerogative della più alta carica dello Stato, sono i magistrati della Procura di Palermo, non i giudici della Consulta. E chi ha sollevato il conflitto fra poteri, accendendo il fuoco delle polemiche che ne è conseguito e si è propagato, non è stata certamente la Procura di Palermo...repubblica
Antonio
quando sei in Italia, mi sveglio la mattina e ti trovo su la7 .
Vado a pranzo e sei al telegiornale .
Apro il picci' e i tuoi piccoli fan inondano la rete con i tuoi dibattiti .
Mangio la sera e tu sei da Santoro.
Vado a dormire ed ho in mente te .
Quanta voce hai, Anthony ?
Io poi ti ammiro per la scelta, che feci anch'io anni fa, di migrare da un Paese che non ti merita .
E vedo che ci stai tanto bene .
Restaci .
Io me ne dovetti tornare per vicissitudini personali, ma credimi so quello che provi .
Antonio
mi hai offeso in quanto ex-elettrice di Forza Italia .
Mi pare d'aver sentito che il mio ex-partito era una emanazione della mafia .
Ho cercato una sentenza che lo stabilisse .
Non l'ho trovata .
Hai fatto tutta la manfrina della trattativa mafia.-stato, e sei andato a processo con delle prove talmente forti, che ci hai dovuto mettere pura una tesina introduttiva .
Quando gli altri criticano le sentenze favorevoli a te, dici che le sentenze bisogna rispettarle .
Adesso che ti hanno detto a te che hai agito contro la legge, la sentenza è diventata politica ?
Antonio
io solo per essere Musulmana, sono considerata un'Italiana di serie B .
La Costituzione e il presidente della Repubblica, sono gli unici che mi difendono e mi fanno sentire parte di questa nazione .
No Anto'
la Costituzione non si tocca e nemmeno il presidente .
Se ti sta bene, pace, senno' stattene in Guatemala .
Truly yours
BDC
martedì 13 novembre 2012
Contento tu
"C'è più speranza qui che a casa nostra"
di Antonio Ingroia - 13 novembre 2012
QUELLO CHE più mi ha colpito e mi ha convinto di aver fatto bene ad accettare l'offerta di incarico che mi è stata fatta parecchi mesi fa, prima ancora che chiudessi le più recenti e contestate indagini sulla “trattativa Stato-mafia”, è che, da queste parti, la magistratura italiana, e in particolare quella antimafia, è molto apprezzata, e non solo per la fama dei comuni “maestri” Falcone e Borsellino. Ma perché qui conoscono e hanno studiato, seppur da lontano, il “metodo investigativo italiano” e lo apprezzano: apprezzano i magistrati italiani e gli strumenti che quei magistrati utilizzano. Perfino il concorso esterno, tanto vituperato in Italia, è qui considerato uno strumento potenzialmente idoneo per punire la corruzione e la collusione con i poteri criminali. A volte, quando leggo certi giornali italiani e le polemiche che si scatenano attorno e soprattutto contro certe nostre iniziative giudiziarie, antiche e recenti, sulla criminalità dei colletti bianchi e degli uomini delle istituzioni, mi chiedo se non ci sia più speranza qui in Guatemala che in Italia di liberarsi di certi fenomeni criminali. E mi confermo sul fatto che, sì, ho fatto bene a venire qui. Ma di questo magari parliamo la prossima volta...ilfatto via antimafia2000
I metodi da America latina, in America latina vanno bene .
Farci su i fenomeni per rivalse personali, e' un po' scontato .
di Antonio Ingroia - 13 novembre 2012
QUELLO CHE più mi ha colpito e mi ha convinto di aver fatto bene ad accettare l'offerta di incarico che mi è stata fatta parecchi mesi fa, prima ancora che chiudessi le più recenti e contestate indagini sulla “trattativa Stato-mafia”, è che, da queste parti, la magistratura italiana, e in particolare quella antimafia, è molto apprezzata, e non solo per la fama dei comuni “maestri” Falcone e Borsellino. Ma perché qui conoscono e hanno studiato, seppur da lontano, il “metodo investigativo italiano” e lo apprezzano: apprezzano i magistrati italiani e gli strumenti che quei magistrati utilizzano. Perfino il concorso esterno, tanto vituperato in Italia, è qui considerato uno strumento potenzialmente idoneo per punire la corruzione e la collusione con i poteri criminali. A volte, quando leggo certi giornali italiani e le polemiche che si scatenano attorno e soprattutto contro certe nostre iniziative giudiziarie, antiche e recenti, sulla criminalità dei colletti bianchi e degli uomini delle istituzioni, mi chiedo se non ci sia più speranza qui in Guatemala che in Italia di liberarsi di certi fenomeni criminali. E mi confermo sul fatto che, sì, ho fatto bene a venire qui. Ma di questo magari parliamo la prossima volta...ilfatto via antimafia2000
I metodi da America latina, in America latina vanno bene .
Farci su i fenomeni per rivalse personali, e' un po' scontato .
Iscriviti a:
Post (Atom)