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venerdì 30 giugno 2023

986 &around

Le dichiarazioni di Mancini non convincono: se è vero che consegnò il bossolo al maggiore, è praticamente impossibile che non abbia spiegato perché lo facesse e il reperto fosse rilevante. strisciarossa

Ciò che non è stato all'epoca compreso nel resto d'Italia, dal momento che si è trattato di un fenomeno con una forte impronta locale e non erano ancora nati i social media, è il clima di terrore in cui l'Emilia Romagna viveva. 

L'alone di mistero, e alcune circostanze tutt'oggi poco chiare, non possono non lasciare pensare che non ci si trovasse di fronte a un casuale fenomeno criminale. E' ancora forte l'impressione che ci sia stata, anche solo a tratti, una regia la cui finalità era quella di sfruttare la dimensione terroristica delle vicende che si sviluppavano attorno alla uno bianca. 

Ottenere una risposta a questi e altri dubbi, è presumibilmente l'intento dell'esposto.

Da appartenente ai servizi, e non in qualità di operatore di polizia giudiziaria, Mancini aveva il dovere di consegnare il bossolo dando spiegazioni su come l'aveva ottenuto. Non era tenuto nemmeno a rivelare il nome di chi glielo aveva consegnato.

L'ufficiale del ROS doveva approfondire la questione della provenienza e sicuramente lo ha fatto. Bisognerebbe sapere esattamente quali domande lui ha rivolto a Mancini. Che in quel momento era una fonte importante, ma non fondamentale.

In quegli anni si parlava di questa vicenda un po' dappertutto. Nei bar e in televisione. C'era una trasmissione su un canale locale condotta da Roberto Canditi, volto storico del giornalismo bolognese, che raccoglieva settimanalmente testimonianze, tanto diverse quanto affascinanti, in forma anonima.

E' possibile che i dettagli sul poligono siano emersi nel corso di ulteriori approfondimenti svolti da parte dei carabinieri. Spesso si procedeva per tentativi. Forse a Mancini, che già allora godeva di discreta fama presso collaboratori e colleghi, fu attribuita la storia per intero.


venerdì 24 febbraio 2017

Dalle 8 alle 20 Dalla uno bianca a Lavagna

C'è una verità storica che non può prescindere da quella giudiziaria e dai fattori politici e sociali che l'hanno determinata, ma che spesso corre su binari paralleli e deve essere considerata in altra ottica.
C'è poi il dolore dei parenti delle vittime che nulla mai sopirà.
E l'etica o anche la morale.
Il giudizio divino. E quello dei preti.
In Italia si è soliti mischiare il tutto e sfruttarlo per altri fini.
Va da sè che ogni volta che arriva la notizia di un permesso premio, si scatena la bufera e si rimanda nuovamente a data da destinare la soluzione del problema. Che è di carattere generale e non specifico.

Questa confusione ha scatenato lo sconforto nel ragazzino di Lavagna. Non gli è stato spiegato che le questioni vanno ponderate con calma e distinguendo i vari piani di discussione.
Che il finanziere che ha suonato alla porta di casa è lo stesso che va a scuola a parlargli di droga o di cyber. Che non c'è nulla di male a sbagliare ma che quando lo si fa, bisogna avere il coraggio di ammetterlo di fronte a se stessi e agli altri. E soprattutto che bisogna avere il coraggio di ricominciare.

domenica 1 febbraio 2015

Le ragioni di Eva

Diceva il nostro amato profeta Muhammad, pace e benedizioni su di lui, che non possiamo sperare nella compassione di Allah se noi per primi non ne abbiamo nei confronti di altri esseri umani.

E in quest'ottica potremmo anche guardare con benevolenza alla richiesta di Eva Mikula di far parte dell'associazione delle vittime della uno bianca.
Gli orizzonti della pietas umana però, sono molto più limitati di quelli divini.
Così come invece sono più spropositati i confini materiali ai quali noi aspiriamo.

Le associazioni costituite in nome delle vittime del terrorismo o di crimini efferati in generale hanno l'obiettivo di ottenere risarcimenti al danno subito e di far si che non vada persa la memoria del dolore.
Immagino che Eva voglia associarsi a loro per questo secondo motivo.
Ora è vero che nessun processo ha mai evidenziato una sua partecipazione attiva nella banda e che lei ha collaborato con gli inquirenti sin dall'inizio però è anche vero che il suo profilo non sembrerebbe corrispondere a quello di una vittima pura.
Se le mogli dei Savi non hanno mai segnalato o denunciato le attività dei mariti, lo hanno fatto per paura.
Sapevano che c'era una rete di conniventi fatta di poliziotti ma non potevano sapere quanto questa fosse estesa.
In qualunque commissariato o procura fossero entrate per denunciare, avrebbero messo a rischio se stesse e la loro famiglia.
Eva per contro era sola.
Spaventata è vero dai racconti e dalle minacce di Fabio, ma se fosse andata in una qualsiasi caserma dei carabinieri come fanno tante sue connazionali soggette al racket della prostituzione, non avrebbe rischiato granchè.
C'è un altro motivo che spinge a non concederle lo status di vittima a cui sembra anelare.
Ed è il comportamento tenuto negli anni a seguire.
Sicuramente ha dovuto arrangiarsi alla bell'e meglio per ricostruirsi una vita però l'abbiamo vista districarsi tra interviste e show televisivi, anche in locali notturni, che poco sanno di vittima.
La vittima vera, e questo Paese ne è pieno, cerca di rialzarsi in altro modo.

Diceva il procuratore aggiunto che basterebbe il silenzio.
Speriamo che anche gli uomini di legge seguano il consiglio.
E che ognuno parli di quello che gli compete.
Di poeti e filosofi ne abbiamo fin troppi.
E' in questo clima che poi sorgono certe pretese.

giovedì 1 maggio 2014

Sconfitte

Il giudice Francesca Neri, con sentenza del 15 aprile, ha però respinto tutte le richieste di Spinosa, condannandolo anche al pagamento delle spese processuali della controparte, per 6 mila euro. Nel provvedimento, il tribunale ricorda che nel 1995 era già stato pubblicato un libro di Sandro Provvisionato . Entrando nel merito della verità dei fatti e del diritto di critica, il giudice Neri osserva che , constatando che la ricostruzione “alternativa” della vicenda
barbetti carlino via destramente di massimiliano mazzanti 


 Pur non avendo letto il libro, non ne condivido lo spirito che mi pare d'aver captato tra recensioni e interviste.
Trovo però che questa sentenza sia importante perchè mette dei punti fermi per l'attività non solo dei giornalisti ma di tutti quelli che scrivono sulla piattaforma digitale.
Nel Paese in cui il click su un like può portare guai, bisogna dedicarsi più all'educazione che alla repressione.

Non si può impedire la critica all'operato di un magistrato o ad una sentenza, come vorrebbe il segretario del Siulp.
Non si devono però passare i limiti imposti dalla convivenza in una società democratica e civile.

Sulla questione "Spinosa difende se stesso", è ovvio che lo faccia.
Lo ricordo in quegli anni e al di là delle tensioni che quell'inchiesta causò prima e dopo l'arrivo dei Savi, il presidente del tribunale di Teramo credeva fortemente in quell'indagine.
Come ogni uomo di legge, voleva che giustizia fosse fatta per quei tre ragazzi, sperando che si potesse lenire il dolore dei famigliari.
Crocifiggerlo non mi pare giusto.
Se ha sbagliato lui, lo hanno fatto anche altri.

Che la faccenda uno bianca non sia tanto chiara, mi pare evidente da come la storia della banda è progredita.
Ci furono indubbiamente dei salti di qualità e dei cambi di obiettivo.
Il problema è perchè.
Probabilmente c'era altra gente.
E anche una regia di cui i Savi sono al corrente ma senza conoscerne l'identità.

O forse ne hanno terrore.
Ecco perchè sembrerebbe che si siano lasciati catturare ma non sapevano chi effettivamente li avrebbe salvati.
D'altra parte mi pare che anche i due investigatori di Romagna abbiano lasciato intendere che non gli fu data l'occasione di approfondire ulteriormente l'indagine.
Quindi forse qualche manovratore atipico in giro c'era.

Aspettiamo documenti desecretati dal nipote di Renzi tra qualche decennio o il ritorno del tenebroso romagnolo da Vienna.
Magari lui ne sa di più. Chissà.


Barbetti mi è tanto simpatico quando fa i resoconti precisi delle conferenze stampa delle operazioni di polizia.
E' l'unico che riporta i dati senza distorcerli.
Però l'incipit dell'articolo è francamente inopportuno.
Il dottor Spinosa non è stato sconfitto allora nè lo è oggi.
E' il circo innescato dall'affair uno bianca che esce sconfitto da queste diatribe.
In Italia siamo bravi a parlare ma facciamo pochi fatti.

giovedì 6 febbraio 2014

Accidenti all'ipocrisia

E’ un argomento che va maneggiato con cura e perizia e soprattutto con la capacità di saper trasferire la conoscenza dei fatti e il messaggio giusto soprattutto a chi non ha l’età per ricordare e per capire quegli anni di piombo. Altrimenti è tempo speso male e la memoria si macchia inutilmente. Non tutto può diventare un concerto rock.

Beppe Boni

carlino bologna


Di solito Boni mi fa l'effetto delle zanzare d'estate quando c'è molta umidità.
Estremo fastidio, perchè non prende mai posizione.
Per una volta che l'ha presa, mi ha dato ai nervi.
Quindi auspico che prosegua sulla strada della camomilla.

Sull'argomento consiglio un'ottima riflessione di Massimiliano Mazzanti.
Di mio, mi limito a dire, che innanzitutto non ho ascoltato il disco, ma da quello che ho letto su questa band, non fanno esattamente rock, non rock classico, e comunque avrebbero avuto, a sentir loro, il beneplacito dell'associazione delle vittime della uno bianca.
Boni come me, ha un'età, per la quale si pensa che il rock non sia musica seria.
Io credo invece che sia esattamente il genere adatto a parlare di uno bianca.
Parliamoci chiaro :
la questione uno bianca è un affare irrisolto, perchè mancano molti pezzi al puzzle.
E la responsabilità è anche di tanti giornalisti che ci hanno raccontato favole.
La musica classica, immagino che il giornalista del carlino la preferisse per una vicenda del genere, serve a sdoganare questioni chiuse.
La uno bianca è una ferita ancora aperta.
Il rock ci sta benissimo, perchè serve ad esaltarne la drammaticità.
Poi diciamoci la verità.
Quando certi cronisti per settimane intere ci martellano con i particolari di un delitto irrisolto o con le abitudini di un presunto violentatore seriale, non usano più violenza di quella di cui un gruppo rock si servirebbe per cantare la cronaca ?

Mi pare che in questi giorni debba essere presentato l'ennesimo libro sull'indagine uno bianca e proprio dagli eroi romagnoli che la portarono a termine.
Quella è roba per Boni, la verità ufficiale.
Lasci stare il rock.
Roba per duri, quelli che piangono contro i muri.

domenica 5 gennaio 2014

Per tutti

Uno Bianca, il legale di Savi parla di 'diritto al reinserimento' e 'richiesta di benefici' „Dall'altro canto, il legale dei Savi, parla della finalità del regime carcerario, ovvero il reinserimento. 'Comprendo le parole dei familiari - ha detto l'avv Piccolo - ma il recupero vale per tutti'. “
btoday

Alla teoria del reinserimento, io non c'ho mai creduto.
E' roba da sinistra radicalchic.
Va bene per la stampa che ci confeziona gli articoletti strappalacrime.
Chi nasce tondo, non muore quadro.
Tutto sta ad individuare il tondo e il quadro.

L'avvocato Piccolo, che magari avrebbe potuto avere la delicatezza di esternare in un giorno differente, ammesso che si riesca a trovare sul calendario una giornata in cui la uno bianca non era in azione (che poi uno si chiede, ma questi quand'è che lavoravano), ha in fondo ragione.
Se il beneficio c'è, tocca a tutti.
Tranne ai cattivoni della Diaz ovviamente.
Più che altro forse, dovremmo chiederci, se non è il caso di rimettere in discussione tutto il sistema.
Quel sistema che ancora oggi, permette a dei poliziotti di pensare che delinquere in fondo, sia complementare alla propria attività.
Quel sistema che concede i benefici ai serial killer.
Quel sistema infine, che ci regala le celebrazioni ma non i mandanti e le motivazioni.

martedì 24 dicembre 2013

Attenti al lupo

Pochi giorni dopo la sparatoria, una zingara, presente nel campo al momento dell’agguato, fu chiamata in Questura a testimoniare. Tra i poliziotti presenti in Piazza Galileo riconobbe uno degli aggressori: era Roberto Savi, ma nessuno le diede ascolto. Tutti uguali davanti alla morte, ma non davanti agli inquirenti: la testimonianza portata in quell’occasione fu ascoltata come si fa con un bambino che sostiene di aver visto il lupo mannaro.
zic

Becero populismo sinistrorso.
Se appartieni ad una categoria conosciuta perchè dedita ad attività illecite, è arduo che ci si indigni.
Se non si è dato un apporto considerevole allo sviluppo della comunità a cui si appartiene, è difficile poi, essere commiserati.

Savi magistrale. Non ha tentato nemmeno di nascondersi.
Proprio in stile lettera rubata, in bella evidenza sul caminetto.
Probabilmente non è quell'imbecillotto che il gotha degli investigatori bolognesi, ha tentato di farci credere che egli sia.
E' logico che degli zingari, puntino il dito contro un poliziotto.
Chi gli darebbe credito?

Si è sempre messa in evidenza, l'atipicità di certi crimini rispetto ad altri.
E non si poteva fare altrimenti, visto che dopo che i Savi si sono fatti catturare, non si è mai riusciti a prendere i complici.
Ci si è dovuti accontentare della versione più facile da raccontare.
Magari se si tentasse di trovare i punti di contatto tra i vari crimini, allora si svelerebbe qualche mistero.

Ma non è che non c'è nessuno mistero, e il solo problema è che i nostri investigatori sono delle pippe?
Don't merry Christmas, marry me .


prendi questa mano

martedì 17 dicembre 2013

Apperò

In febbraio a Piacenza i protagonisti dell'indagine che sgominò la banda della Uno bianca „
Ma noi, oltre a voler ricordare le vittime e onorarle, vogliamo raccontare la storia di quei poliziotti - Pietro Costanza e Luciano Baglioni - che con grandi difficoltà, con coraggio e determinazione, hanno portato avanti le indagini e sono riusciti a catturare tutti i responsabili. Colleghi che da sempre ho ammirato anche per le loro qualità umane».“ 
ilpiacenza


Rivelazioni eccezionali.
Quindi il dottor Spinosa avrà le risposte che chiedeva nel suo libro.
Ci dite come hanno preso i Savi, chi sono i complici e i mandanti.
E le motivazioni.
Magari faccio un salto.


mercoledì 18 settembre 2013

La rivincita dei bamboccioni

Alla mobile, la sezione rapine e omicidi doveva essere oberata dal lavoro, con 33 rapine, 17 morti e 71 feriti lasciati in terra in sei anni di attività dei Savi solo a Bologna e dintorni (6). Con tutto quel da fare, non si capisce proprio dove Preziosa trovasse il tempo per venire a bastonarci nei cortei. Forse era l’unico modo che aveva per mettersi in vista e dimostrare quell’efficienza repressiva che non riusciva ad esprimere sul fronte investigativo.
carmillaonline


Mi ricordo quando uscivo al pomeriggio dopo le sei, dalle aule di chimica di Belmeloro, per tornare a casa in Santo Stefano, facevo tutto il giro da piazza Verdi fino in centro.
A quell'ora e al buio, specie d'inverno, tagliare per le stradine di piazza Aldrovandi non conveniva, perchè si potevano fare brutti incontri.
Non che piazza Verdi fosse un paradiso, anzi.
Bene che ti andava, ti trovavi il balordo di turno, fatto di droga o di birra, che ti seguiva per un po'.
Però sapevo che in piazza Verdi avrei trovato Giovanni Preziosa con il casco blu e il suo sguardo strano, un po' torvo, e se non c'era lui, ce ne era uno come lui, pronto a difendermi.
Stessa cosa allo stadio, al tribunale, in Questura, al palazzo dello sport.
Come ti giravi, Giovanni era lì.
Effettivamente non ho mai capito cosa lo spingesse a questo ruolo ubiquitario.
Non credo che c'abbia guadagnato chissà che.
A volte facciamo scelte nella vita, di cui non ci rendiamo nemmeno conto.
E spesso quelle scelte, fanno noi.

Mettiamo in chiaro una cosa.
Non c'è un singolo poliziotto, che ha lavorato in quegli anni a Bologna, che possa dire di non essere almeno moralmente responsabile, per gli anni della uno bianca.
Del clima che si respirava in polizia, o delle leggende attorno alla personalità di Pezzano, sapevamo tutti quanti in città, sbirri e non.
Però tra la chiacchiera da bar e la denuncia, c'è una bella differenza.

Diceva Massimiliano Mazzanti ieri, che deve essere sentito negli uffici della mobile nei prossimi giorni, immagino per questioni collegate alla querela di Spinosa, e che sarà come se papa Ratzinger andasse a fare catechismo in parrocchia.

Ecco, è questo che deve indignare, della vicenda uno bianca.
Non che dei poliziotti fossero delinquenti.
In fondo viviamo nel Paese in cui un carabiniere avrebbe rubato il portafoglio da un'auto in sosta, sul luogo di un incidente.
E' il Paese in cui l'onestà è una chimera.

Deve indignare il fatto che, un giornalista ne possa sapere più di un poliziotto, e che per ogni singola cattura di latitante, o grossa operazione di polizia, di solito dieci anni dopo scopriamo, che c'era del marcio in quello che ci hanno raccontato.
E normalmente la scoperta la fa un giornalista, non un investigatore.

Non ci si deve indignare per la foto farlocca di una cattura, quella dei Savi, la cui paternità non è attribuibile alla polizia di Bologna.
Bisogna indignarsi per le storie che ci furono raccontate su quella cattura, e per quelle che ancora non ci sono state raccontate, e che vorremmo finalmente sentire.

venerdì 6 settembre 2013

22

"A 22 anni di distanza non possiamo non ricordare che ai carabinieri trucidati in conflitti a fuoco al Pilastro e a Castelmaggiore, sempre per mano delle belve della Uno bianca non sia stata ancora conferita la medaglia d'oro al valore militare alla memoria", scrive Sorbi in una nota. Questo riconoscimento, ne è certo il casiniano, "ancora oggi sarebbe gradito ai familiari e a tutta la popolazione" e "produrrebbe una rinnovata fiducia nelle forze dell'ordine"; i tempi, prosegue Sorbi, "sono maturi" ed "è giunto il momento di superare steccati che fino ad oggi hanno impedito questo conferimento".
repubblica


Io vorrei tanto tornare ai tempi di Craxi e Spadolini, che con tutti i loro limiti e  i cimeli di Garibaldi, almeno non sparavano cazzate.

Non passa giorno che uno sbirro non finisca sotto processo e automaticamente viene insultato su Facebook, e questo qui pensa, che dare una medaglia d'oro, produrrebbe una rinnovata fiducia.
Non so se fossero vere le voci che non fu mai data perchè stavano scappando o perchè una medaglia a loro, significherebbe un'umiliazione per la polizia di stato.

Io credo che quella medaglia sarebbe solo un contentino alla memoria di quei poveri ragazzi, per chiedergli scusa per come furono mandati al massacro in un quartiere che anche senza uno bianca, era una sorta di Bronx, per chiedergli scusa di come furono gestite le indagini, in un clima alla Beautiful, per come non furono mai trovati i veri colpevoli, ovvero i mandanti e i complici e le motivazioni per le quali quell'eccidio avvenne.

Ogni singolo poliziotto, carabiniere, politicante, che ogni anno in occasione dell'anniversario della loro morte, piange lacrime di coccodrillo e chiede medaglie, o dice che bisogna superare gli steccati, che le forze dell'ordine sono esenti da peccato, ebbene ognuno di loro è colpevole di averli ammazzati un'altra volta.

Ogni anno, li avete massacrati ancora, per ventidue volte.
Se non provate vergogna, almeno tacete.

giovedì 5 settembre 2013

Meglio tardi

Ciò che accadrà da quel momento ai giorni successivi è convulso, poco chiaro, e non collego subito il mio ferimento a quella scia di omicidi e rapine che si allungava nel bolognese. La botta peggiore però arriverà dopo, anni dopo, quando verrò a sapere che era gente delle forze dell’ordine, colleghi miei. A quel punto vivo tra lo sdegno e la riluttanza ad accettare l’evidenza: quella gente, quegli uomini, erano dei pluriomicidi che avevano sparato anche ad altri operatori di polizia. E a persone disarmate, civili, cittadini: persone che andavano tutelate.
Maresciallo Emanuele Tamiazzo


Vice Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri 

Data del conferimento: 16/01/2013 

motivazione: 
Con eccezionale coraggio e ferma determinazione, esponeva a grave rischio la propria vita al solo scopo di salvaguardare l'incolumità fisica del personale presente. Non esitava ad affrontare due malviventi armati di pistola che avevano appena perpetrato una rapina ai danni di un distributore di carburanti. Fatto segno ad improvvisa e proditoria azione di fuoco e gravemente ferito, rispondeva con l'arma in dotazione, costringendo i malfattori a darsi alla fuga. Preclaro esempio di elette virtù civiche, non comune senso del dovere e amore per la società nella quale operava. 15 gennaio 1991 - Pianoro (BO)


La cerimonia del conferimento ha avuto luogo stamattina.
Fa ben sperare che un giorno, qualcuno si degnerà di indagare per scoprire complici e mandanti, e magari rivelarci qualche punto oscuro sulla cattura dei Savi.

lunedì 8 luglio 2013

Grossolani

"…posso dire serenamente che gli errori della magistratura sono stati molti e grossolani" .. "esempio Gianni Spinosa, il pm che si occupò della banda e che… non tenne conto delle indagini che inserivano tra i sospetti i fratelli Savi; affermazione, la prima, di critica ingiustificata e l'ultima (cui la prima è collegata) del tutto falsa, non avendo, lo Spinosa, ricevuto alcuna segnalazione in cui i fratelli Savi erano tra i sospettati" 
massimiliano mazzanti

Questi sono strascichi velenosi che somigliano a quelli dei tempi di Chiusolo, quando polizia e carabinieri si litigavano caso e informazioni, e volavano gli stracci tra comandante dell'Arma e capo della polizia.
Il dott. Spinosa ha tutto il diritto a reclamare giustizia, se si sente leso nell'onore.

Quello a cui io non credo, è l'enfasi che viene data al ruolo dei fratelli Savi, nell'ambito della vicenda Uno Bianca.

Siamo sicuri che l'aver minimizzato o eventualmente il non aver passato informazioni, sui fratelli Savi, potesse essere delitto così grave?
Senza voler negare le responsabilità dei Savi, non è che, averli ignorati o sottovalutati, ammesso che cio' accadde veramente, poi alla fine non fu tanto un errore, ma semplicemente l'andamento naturale di un'indagine, che ancor oggi non puo' dirsi conclusa, perchè mancano i tasselli principali di questo mistero, ovvero mandanti e complici, e quindi le motivazioni ?

Diciamoci la verità.
Per quanto sangue abbiano sparso, a oggi non riusciamo a spiegarci il perchè della scelta di alcuni obiettivi per rapine ed omicidi, e quindi la teoria dei poliziotti che per soldi o svago, uccidevano a più non posso, non sta in piedi.

C'è qualcosa di più di una banda sanguinaria, pero' fino a quando stiamo a parlare di Roberto e dei suoi fratelli, non lo scopriremo mai, con grande soddisfazione di chi è ancora ingiustamente in circolazione.

Poi la questione non è tanto stabilire se siano stati commessi errori o meno, sappiamo benissimo che non abbiamo l'FBI in Italia, quanto la buona fede di chi li fece, se ci furono effettivamente degli svarioni.


martedì 25 giugno 2013

Prove semi-mancanti

Insomma mancava la prova dell’effettiva capacità di autodisciplina del 59enne anche al di fuori del carcere. Un’ordinanza che il leader della Banda della Uno Bianca ha impugnato davanti alla Corte di Cassazione. I giudici della I sezione penale gli hanno negato la semilibertà, ma hanno avvallato l’impostazione dei loro colleghi di primo grado, lasciando aperto uno spiraglio per l’ex poliziotto. Savi diventerà semilibero? Forse.
lanotiziagiornale





Ci sono due cose che non perdonero' mai a Gianni De Gennaro, nonostante lo consideri il riferimento più importante a livello istituzionale e fonte di ispirazione morale ed etica.
Una di queste è la Uno bianca.
Se veramente lui è il padre eterno della sicurezza Italiana che tutti dicono, allora avrebbe potuto evitare, se non l'evoluzione della scia di sangue, almeno la farsa dei risultati investigativi che portarono alla cattura dei Savi.
Le conclusioni a cui si è giunti in seguito a quelle indagini non dicono nulla sul perchè, e soprattutto sul chi.
Mancano complici e mandanti.
Sono una presa in giro, uno specchietto per le allodole per i parenti delle vittime e per la polizia stessa che si sente legittimata a discolparsi, attraverso una sorta di autocelebrazione.

La notizia giornale è una testata che ha preso corpo molto di recente, e la maniera in cui alcuni giornalisti presentano i fatti, è a mio parere, non sempre cristallina. Quindi aspetto ulteriori conferme da altre fonti giornalistiche.
Pero' devo dire che se Savi riuscisse ad ottenere la semi-libertà, non mi dispiacerebbe.
Anzi. Sarei contenta per lui.
In fondo ha pagato per quello di cui è stato accusato e di cui lui stesso si è accusato.
Altre teorie fantasiose non sono mai state provate.
Pero' c'è stata gente che di favole ne ha raccontate in quegli anni.

Io dico solo una cosa :
non ci si trova mai per caso in un quartiere come il Pilastro alle nove e mezza di sera, in Gennaio.
Chi lo conosce bene, lo sa.
E quella sera del '91, da quelle parti, c'era tanta gente. Forse troppa.
Magari c'erano solo mezze prove della loro presenza.
Ma il fatto che non ci sia una prova, non significa che un evento non sia accaduto, o che determinate persone non fossero presenti sul luogo del delitto.

Pero' se uno le prove non le cerca, non puo' trovarle.


martedì 18 giugno 2013

Clamore

L'audizione di Fabio Savi si è tenuta davanti al Tribunale collegiale di Rimini a porte chiuse, come chiesto dallo stesso testimone per evitare il clamore mediatico. Questioni legate alla sicurezza hanno determinato l'accoglimento della richiesta di Fabio Savi alla quale la Procura non si è opposta.
repubblica






Se Fabio e i fratelli fossero i fulcri reali della Uno Bianca, a quest'ora sarebbero già morti e sepolti.
Solo due boccaloni potaveno costruirci un'indagine attorno.

giovedì 21 marzo 2013

Slitta

Si tratta del nuovo processo a carico di Somogyi, dopo l'annullamento della condanna inflitta in primo e in secondo grado a 8 anni e 6 mesi, già tutti scontati, in parte in Italia e in parte in Ungheria. La Cassazione aveva poi annullato le sentenze di condanne dopo che l'ungherese aveva fatto ricorso a Strasburgo. Somogyi era stato condannato in contumacia ed a incastrarlo era stata la Mikula.Btoday











Non ho mai capito se l'avvocato Cappuccio si lampadava o usava fard .
Però non ho mai osato avvicinarmici, perchè il tipo metrosexual mi spaventa .

Ancora parliamo di Thomas Samogyi, quando ci sono colpevoli, mandanti e motivazioni da stabilire .
Eva nel Paese delle meraviglie .

martedì 22 gennaio 2013

Fratelli d'Itaglia

Quali le reazioni al suo volume?“Libero Mancuso, che come sa è un giudice molto schierato, ha definito il mio lavoro come uno dei migliori sul caso”.
Niente Gladio e niente Mafia: chi era allora la Uno Bianca?“Gente che rapinava per arrotondare lo stipendio e efferati assassini che per 7 anni sono riusciti ad eludere la legge, pur non avendo alle spalle ‘protezioni’ particolari”.vivituscia


Fare i fenomeni sulla Uno bianca al momento, è abbastanza facile .
Mancuso oltre che schierato, è una vecchia volpe .

Oggi scopriamo, che molti dei poliziotti che dominano la scena da decenni, non sono proprio dei santi, anzi .
E alcuni tra questi, hanno bazzicato Bologna, quindi direttamente o indirettamente, hanno avuto a che fare con quelle indagini .
Delle due l'una :
o gli investigatori di Bologna erano dei gran somari o dei gran furbi .
Però chi ha vissuto a Bologna in quel periodo, sa bene che non era tutto marcio come si vuol far credere .

Non so cosa abbia scritto Mazzanti su Spinosa (il Carlino di oggi riporta di una richiesta di risarcimento non da poco), però se ha sbagliato Spinosa, hanno sbagliato anche altri .
Forse ho memoria corta, ma Mazzanti in tribunale al primo processo Pilastro non me lo ricordo proprio .
Così come non mi ricordo Canditi, che costruì dossier su dossier in televisione .
E nemmeno Ruocco, che condusse una campagna aspra a favore dei pilastrini e contro Spinosa, si presentò mai .
Venne giusto il giorno della testimonianza del capitano Tricarico, per raccontare poi in radio, che sul banco dei testimoni era stato molto impacciato .
I giornalisti sono tutti bravi a prendere l'imbeccata dal magistrato di turno o dal dirigente di polizia, per farli belli sul giornale e vendere qualche copia in più .
E la cosa funziona quando va tutto bene .
Se butta male, poi si dà contro, agli stessi con cui si scherzava il giorno prima in caserma o in tribunale .
Le vicende giudiziarie bsogna seguirle con cura dall'inizio alla fine per capirle .

Il libro di Mazzanti è arrivato a ridosso di quello di Spinosa e lo smentisce .
Casualità ?

Comunque è inutile farsi guerra a colpi di libri .
La verità sulla uno bianca, non la conosceremo mai .

sabato 5 gennaio 2013

22

1) gli spari da auto in corsa sono, come visto, una madornale fandonia; 
2) le autopsie hanno documentato colpi di rivoltella antecedenti a quelli di carabina con cui dicono di aver iniziato il conflitto; 
3) i testi, nella parte conclusiva del conflitto, hanno visto i banditi usare solo armi lunghe; 
4) le perizie balistiche hanno stabilito che l'ingaggio avvenne, poco oltre le Torri di via Casini, con un revolver impugnato da una persona che, nello sparare, si accucciava su stesa, stando ferma in mezzo alla strada. giovanni spinosa


Paradossalmente, le indagini di Baglioni e Costanza, genuine o meno che siano, furono la piu' grossa disgrazia mai capitata nell'ambito degli eventi generati dalla uno bianca, perchè ci inchiodano sulla versione dei Savi che soli soletti a spasso per il Pilastro, incontrano i carabinieri e li massacrano, per qualsivoglia motivo .
Avrei sinceramente preferito che gli Starsky e Hutch della Romagna si fossero dedicati ad altro .

Per quanto crudele possa sembrare pensarlo, se la scia di sangue non fosse stata fermata, qualcuno prima o poi, avrebbe imbroccato la strada giusta .
La storiella che a Bologna in quegli anni non c'erano buoni investigatori, fu una balla costruita ad hoc .
I Preziosa e i Maffeo, con tutti i loro limiti, erano molto meglio delle superstar che furono mandate dal Ministero per fare un po' di vacanze .
Le indagini Romagnole e le conclusioni giudiziarie che ne conseguirono, bloccano tutte le vie d'uscita, specie quelle aperte dalla sentenza Cornia-Avolio .
Chi ha voluto quella svolta, di certo non voleva che si scoprisse la verità .

E' un fatto che non c'è uno straccio di prova che leghi Medda e i pilastrini ai Savi o che induca a pensare che quella pattuglia di carabinieri, fosse per qualche motivo un obiettivo specifico quella notte .
Però i Savi stessi sul luogo del delitto, sembrano piu' dei tappabuchi che i veri esecutori .

Prima o poi scrivo a Gaetano per chiedergli di istituire una squadra cold case a Bologna .
Hai visto mai .




venerdì 4 gennaio 2013

Perdono

Uno bianca: anniversario della strage del Pilastro
"Non mi sento di perdonare nessuno. Non hanno nessun diritto di rifarsi una vitaDevono morire là, mi dispiace. Io sono cristiana, ma non ho pietà di loro. Ho pietà di loro - ha precisato - come persone, perché quando capiranno quello che hanno fatto, non so come si sentiranno".
Btoday


Quando commetto un errore e quindi faccio del male ad una persona, il che accade abbastanza spesso, è raro che io chieda scusa, a meno che non si tratti di qualcuno a cui tengo in maniera particolare, e ciò viene ovviamente interpretato come maleducazione o arroganza .

Sono convinta che, quando una persona adulta e cosciente, seppur tormentata da situazioni sfavorevoli, agisce in una certa maniera, ciò accada, perchè il soggetto in questione, desiderava portare a termine in quel momento,ciò a cui aspirava .
Che si sia reso conto successivamente, che quanto realizzato fosse sbagliato, ha valore relativo, ed esula comunque dallo scenario precedente .
Quindi chiedere scusa non ha molto senso .
Lo ha il pentirsi, per non ripetere l'errore .

La penso allo stesso modo per il perdono .
Al di là della dimensione religiosa, non ha molto senso perdonare, perchè non si può cancellare quanto accaduto .
Si può magari comprendere, ma non perdonare, non completamente almeno .

Leggevo altrove che la mamma di Otello ha detto oggi, che il tempo non riuscirà mai a lenire il suo dolore .
Ha ragione, ma non è quella la funzione del tempo .
Quando si subisce un evento che produce indescrivibile sofferenza, bisogna trovare una maniera per conviverci .
Bisogna inquadrare l'evento nell'arco della nostra vita, e trovare un motivo valido affinchè sia legittimo che esso sia avvenuto .
E' un processo lento e difficile da comprendere se non lo si è vissuto, ma possibile da realizzare .
Dobbiamo trovare un armadio nel nostro animo in cui celare il dolore, e cercare di sopportarlo ogni volta che esce fuori .


ps/ il carlino che mette le foto della celebrazione del 2012 con Cevenini e ce lo scrive pure, è qualcosa che va al di là dell'umana comprensione

martedì 4 dicembre 2012

Equi-savi

Equitalia ha notificato a Fabio Savi una cartella esattoriale nel carcere di massima sicurezza di Spoleto perchè dovrà restituire allo Stato (che risarcì le vittime) otto milioni di euro. corriere

Mi pare d'aver capito che in pratica il risarcimento dello Stato fu una mezza specie di anticipo .
A me quello che sfugge e' il legame tra Fabio e il risarcimento del ministero dell'Interno .
Che c'azzecca se lui non era poliziotto o uomo dello Stato ?

mercoledì 31 ottobre 2012

Moltitudine

 una moltitudine di processi non abbia mai chiarito se la banda della Uno bianca fosse diretta oppure no dalla criminalità organizzata o dai servizi deviati dello Stato, continua a far parlare di sè.ilcentro

Ogni tanto apro il giornale e sorrido a leggere che gli avvocati di Teramo insistono sulla questione della chiusura dei tribunali. Non hanno capito ancora di che pasta e' fatto il presidente del tribunale di Teramo .

Non so se abbia mantenuto l'abitudine di scorrazzare per colli e monti di Sabato, come amava fare ai tempi di Bologna, ma per adesso i weekend li passa in giro per l'Italia a promuovere il libro .
Stakanovista come sempre, ma non credo proprio lo faccia per soldi .
Spinosa e' un personaggio scomodo, ma coerente e leale, e non e' poco al giorno d'oggi .

Il grosso limite di questo lavoro, a mio immodesto parere, e' il ragionamento che lo guida lungo tutto il percorso, circa trame di mafia, camorra e servizi segreti .
Pur comprendendo le ragioni e la frustrazione di Spinosa, il tutto rischia di trasformarsi in un'ossessione, cosi' come lo e' la trattativa mafia-stato per Ingroia .

Il punto fermo che bisogna tener presente, e' che la verita' processuale, e i suoi protagonisti, ci consegnano un quadro organico ben delineato, a cui mancano pero' dei tasselli importanti .
E le ammissioni confuse, e spesso volutamente contraddittorie dei fratelli Savi, non aiutano .
L'errore credo, stia nel voler tagliare i ponti con i processi passati .

Il secondo processo Pilastro ad esempio, porge una ricostruzione degli eventi poco veritiera .
Anche a voler bollare come viziata da rancori od oppurtinistica, la testimonianza della Bersani, non possiamo non tener conto di quelle dei pompieri, dei passeggeri della macchina che si frappose indenne tra il veicolo dei ragazzi e quella dei Savi, e i resoconti degli abitanti del Pilastro circa la natura dei colpi , senza tralasciare poi, i fiotti di sangue su viso e gomito di Otello, che invertono la tempistica dell'uso delle armi .

Cioe' la ricostruzione in base alla quale la sparatoria sarebbe iniziata in corsa, con Alberto che poi scende e fa la famosa danza macabra, come fu descritta dai testimoni, per accanirsi su Otello e Mauro, e poi terminare Andrea con un balzo, e' di grande effetto, e si accorda con la tragicita' dell'evento, ma e' poco reale .
Quella del primo processo, che colloca l'inizio degli eventi all'incrocio con via Negri , e' piu 'realistica .
Il processo Savi con le sue verita' spettacolari, blinda l'indagine lasciando poco spazio ad altre deduzioni logiche .
Ci dice che c'erano altre persone, ma non si sa chi esse siano .
Lascia spazio ai resoconti fantasiosi delle catture eroiche di Baglioni e Costanza, ma non esaurisce l'interrogativo principe : chi, e perche' .

Il processo Medda e' piu' aperto verso altre soluzioni, ma non riesce ad identificare in maniera ragionevole i collegamenti .
Il Sardo e i giovani pilastrini, quella notte erano li', e non puo' essere una coincidenza : lo dice la sentenza letta dal giudice Avolio e redatta assieme al dott. Cornia .
Che nesso ci sia tra i due gruppi o se essi siano un solo nucleo, non e' dato sapere .
Nessuno ha mai investigato in questo senso, e se lo ha fatto, lo ha fatto male .
Pero' poi andare a fantasticare sui legami tra Alberto e la mafia, sui depistaggi del carabiniere Macauda e il poliziotto cosidetto Strano, per trovare trame stragiste, quello a me pare fuorviante .

Fatto sta che l'ultima seconda sentenza dice poco e niente :
accontenta un po' tutti, parenti, polizia e stampa, ma non i morti ammazzati .
E non e' giusto .