venerdì 24 febbraio 2017

Dalle 8 alle 20 Dalla uno bianca a Lavagna

C'è una verità storica che non può prescindere da quella giudiziaria e dai fattori politici e sociali che l'hanno determinata, ma che spesso corre su binari paralleli e deve essere considerata in altra ottica.
C'è poi il dolore dei parenti delle vittime che nulla mai sopirà.
E l'etica o anche la morale.
Il giudizio divino. E quello dei preti.
In Italia si è soliti mischiare il tutto e sfruttarlo per altri fini.
Va da sè che ogni volta che arriva la notizia di un permesso premio, si scatena la bufera e si rimanda nuovamente a data da destinare la soluzione del problema. Che è di carattere generale e non specifico.

Questa confusione ha scatenato lo sconforto nel ragazzino di Lavagna. Non gli è stato spiegato che le questioni vanno ponderate con calma e distinguendo i vari piani di discussione.
Che il finanziere che ha suonato alla porta di casa è lo stesso che va a scuola a parlargli di droga o di cyber. Che non c'è nulla di male a sbagliare ma che quando lo si fa, bisogna avere il coraggio di ammetterlo di fronte a se stessi e agli altri. E soprattutto che bisogna avere il coraggio di ricominciare.

2 commenti:

  1. A Lavagna abbiamo sbagliato tutti: ragazzino, madre adottiva, carabinieri, noi a sentenziare.

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  2. Vero. Ma la vita è fatta di sentenze. Ai ragazzi bisogna insegnare la resilienza.

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