... Later, in March 2010 during a visit to the children the mother records that the father said to them “We don’t need your mum anymore do we?” The children replied, “Yes we do”. The father is said to have responded, “No we don’t need her”. In similar terms, on 27 March, the mother records the father saying “Zayed, do we need momma?...You see Haya we don’t need you anymore – we don’t need you or want you”.
166. The final factual allegation made by the mother (18) is that “In February 2019, the father by himself or his agents (including the Crown Prince of Dubai) sought to make arrangements for Jalila (aged 11) to be married to the Crown Prince of Saudi Arabia, His Highness Mohammed bin Salman bin Abdulaziz Al Saud.” The evidence upon which the mother relies for the final allegation is, in reality, multiple hearsay. In February 2019 she was told by a trusted female police officer that the Crown Prince had been to Saudi Arabia a few days earlier and the main topic of discussion had been the prospect of arranging a marriage for Jalila to the Crown Prince of Saudi Arabia. The police officer said that she had heard that this had occurred from other female officers whom she had met in Zabeel (a Palace in Dubai).
High Court of Justice Family Division
An #ICC investigation with respect to U.S. personnel is illegitimate and unjustified. The United States will take the necessary steps to protect its sovereignty and to protect our people.
An #ICC investigation with respect to U.S. personnel is illegitimate and unjustified. The United States will take the necessary steps to protect its sovereignty and to protect our people.
4:32 PM - 5 Mar 2020
Secretary Pompeo Verified account
@SecPompeo
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giovedì 5 marzo 2020
giovedì 16 gennaio 2020
Shaking hands
Maas deve aver letto la storia della stretta di mano mancata tra Sultan Haitham e Mohammed bin Zayed.
Nel dubbio ha tenuto il braccio di Marshal Haftar per un'ora.
La vicenda di Muscat ha mostrato come sia facile su Internet costruire bufale.
L'utente medio solitamente associa l'idea che si è fatto di un fenomeno, o di una persona, all'immagine d'impatto che gli si presenta di fronte.
Anche senza conoscere la tradizione dell'ospite che viene accompagnato alla porta prima di essere salutato, difficilmente un monarca (per di più di un regno noto per la tradizione diplomatica e di mediazione) avrebbe potuto fare uno sgarbo in pubblico ad un "collega". L'uomo più potente della regione tra l'altro.
D'altra parte sempre Internet permette di ripescare perle d'archivio come le immagini storiche di Zayed e Qaboos (Video ) che furono protagonisti dello stesso tipo di incidente.
Nel dubbio ha tenuto il braccio di Marshal Haftar per un'ora.
La vicenda di Muscat ha mostrato come sia facile su Internet costruire bufale.
L'utente medio solitamente associa l'idea che si è fatto di un fenomeno, o di una persona, all'immagine d'impatto che gli si presenta di fronte.
Anche senza conoscere la tradizione dell'ospite che viene accompagnato alla porta prima di essere salutato, difficilmente un monarca (per di più di un regno noto per la tradizione diplomatica e di mediazione) avrebbe potuto fare uno sgarbo in pubblico ad un "collega". L'uomo più potente della regione tra l'altro.
D'altra parte sempre Internet permette di ripescare perle d'archivio come le immagini storiche di Zayed e Qaboos (Video ) che furono protagonisti dello stesso tipo di incidente.
mercoledì 10 ottobre 2018
Abu Omar vs Jamal Khashoggi
Interessante il paragone tirato fuori sui social.
Una ventina di agenti CIA a Milano coadiuvati da un presunto intervento delle autorità italiane. Un'operazione flop che ha lasciato tracce da Milano ad Aviano.
A distanza di quindici anni una operazione di tenore simile, condotta però all'interno del consolato da quindici funzionari sauditi che avrebbero avuto il vantaggio di sfruttare lo status diplomatico.
Quanti dei dettagli resi noti dalla stampa finora corrispondono a realtà e di quale livello di collaborazione da parte delle autorità turche avrebbero avuto bisogno se la vicenda è andata come viene raccontata in queste ore ?
E Hakan Fidan che dice ?
Di tanto in tanto vengono arrestati agenti del MIT o dell'antiterrorismo per presunta affiliazione al FETO. I gulenisti in passato hanno anche tentato di incastrare/fare fuori proprio il capo dell'agenzia. Questo caso però ha implicazioni diverse e molto più complesse.
Una ventina di agenti CIA a Milano coadiuvati da un presunto intervento delle autorità italiane. Un'operazione flop che ha lasciato tracce da Milano ad Aviano.
A distanza di quindici anni una operazione di tenore simile, condotta però all'interno del consolato da quindici funzionari sauditi che avrebbero avuto il vantaggio di sfruttare lo status diplomatico.
Quanti dei dettagli resi noti dalla stampa finora corrispondono a realtà e di quale livello di collaborazione da parte delle autorità turche avrebbero avuto bisogno se la vicenda è andata come viene raccontata in queste ore ?
E Hakan Fidan che dice ?
Di tanto in tanto vengono arrestati agenti del MIT o dell'antiterrorismo per presunta affiliazione al FETO. I gulenisti in passato hanno anche tentato di incastrare/fare fuori proprio il capo dell'agenzia. Questo caso però ha implicazioni diverse e molto più complesse.
martedì 10 luglio 2018
Granitici elementi
Il 29enne si trovava ospite del Centro di Permanenza per il Rimpatrio nel Potentino, dove era stato condotto il 27 aprile scorso a seguito delle perquisizioni dei carabinieri nella sua abitazione in provincia di Viterbo.
Ansa
In attesa di rimpatrio e terrorista.
Nell'era Salvini ne vedremo parecchi di questi arresti, piuttosto che in seguito ad indagini complesse, in rilievo sulla stampa.
Profilo interessante.
Un'altra piccola vittoria di Daesh purtroppo.
Le persone instabili (non si capisce se sia musulmano) sono il ponte verso il futuro.
In attesa che l'organizzazione si ricostruisca in maniera stabile, i soggetti facilmente impressionabili e in grado di creare il caos, sono il migliore assetto sul quale un gruppo con le caratteristiche di Daesh possa contare.
In attesa di rimpatrio e terrorista.
Nell'era Salvini ne vedremo parecchi di questi arresti, piuttosto che in seguito ad indagini complesse, in rilievo sulla stampa.
Profilo interessante.
Un'altra piccola vittoria di Daesh purtroppo.
Le persone instabili (non si capisce se sia musulmano) sono il ponte verso il futuro.
In attesa che l'organizzazione si ricostruisca in maniera stabile, i soggetti facilmente impressionabili e in grado di creare il caos, sono il migliore assetto sul quale un gruppo con le caratteristiche di Daesh possa contare.
mercoledì 8 novembre 2017
Deliri
Aveva deliri di onnipotenza. Così Tulliani è finito in carcere.
"Sono dovuti intervenire anche i nostri servizi segreti"ilgiornale
«L’unica mia attività in quella vicenda - racconta De Sousa - è stata aver partecipato a una riunione con funzioni di interprete tra uomini della Cia e del Sismi, il servizio segreto militare italiano, in cui si discusse di extraordinary rendition. Ma solo in termini generali. Senza nomi né indicazioni concrete. Avvenne al Consolato di Milano, dove io ero stata trasferita da un anno».corriere
Se il colonnello Costantini aveva un'idea molto vaga su chi fosse Matacena, figurarsi quello/a che c'è adesso quanto ne può sapere di Tulliani. Un agente segreto non può leggere Chi.
Tremila euro e passa di stipendio (qualche milione della vecchia moneta) più alberghi extralusso per non sapere una parola d'inglese e andare davanti al magistrato a dire che di certe vicende e personaggi non si sapeva nulla se non per averne letto su Internet e nemmeno per averne parlato nei briefing settimanali con la polizia di Dubai ? La signora Villecco ha presentato una proposta di legge per start up innovative sulla cibersecurity.
Quattrini a palate. Conviene lasciare Forte Braschi o il piede a terre per lasciare posti di lavoro a chi ne ha bisogno .
"Sono dovuti intervenire anche i nostri servizi segreti"ilgiornale
«L’unica mia attività in quella vicenda - racconta De Sousa - è stata aver partecipato a una riunione con funzioni di interprete tra uomini della Cia e del Sismi, il servizio segreto militare italiano, in cui si discusse di extraordinary rendition. Ma solo in termini generali. Senza nomi né indicazioni concrete. Avvenne al Consolato di Milano, dove io ero stata trasferita da un anno».corriere
Se il colonnello Costantini aveva un'idea molto vaga su chi fosse Matacena, figurarsi quello/a che c'è adesso quanto ne può sapere di Tulliani. Un agente segreto non può leggere Chi.
Tremila euro e passa di stipendio (qualche milione della vecchia moneta) più alberghi extralusso per non sapere una parola d'inglese e andare davanti al magistrato a dire che di certe vicende e personaggi non si sapeva nulla se non per averne letto su Internet e nemmeno per averne parlato nei briefing settimanali con la polizia di Dubai ? La signora Villecco ha presentato una proposta di legge per start up innovative sulla cibersecurity.
Quattrini a palate. Conviene lasciare Forte Braschi o il piede a terre per lasciare posti di lavoro a chi ne ha bisogno .
giovedì 27 luglio 2017
If I could reach the stars
Che poi alla fine nella vita conta molto il carattere.
Però dopo quello che ho passato nel mio piccolo, per vicissitudini personali, non mi sognerei mai di andare in giro con tacchi, minigonna e pelle allisciata.
Non è cosa mia.
Foto De Sousa Twitter
Però dopo quello che ho passato nel mio piccolo, per vicissitudini personali, non mi sognerei mai di andare in giro con tacchi, minigonna e pelle allisciata.
Non è cosa mia.
Foto De Sousa Twitter
lunedì 17 luglio 2017
I veli trasformano intere identità
If Sabrina de Sousa is forced to testify before COPASIR, the work of the Italian Intelligence Community in several North African countries — and its relationship with some Muslim organizations — could be revealed. (In April 2017, Trump rejected Gentiloni’s plea for a US intervention in Libya.)
I strongly suspect that the Italian Intelligence services were fully aware — and perhaps even accomplice — of the “Abu Omar” operation. But obviously, their oversight committee was left in the dark… intel today
Dubito che il Copasir, che non è la stessa cosa del comitato di controllo americano ma semplicemente un organismo messo assieme per sdoganare alla buona l'operato dei servizi, stia smaniando per forzare la signora De Sousa a testimoniare. Al massimo lo farebbe per creare un caso politico.
Comunque se ci sono rivelazioni eclatanti, tipo qualsiasi dettaglio in grado di scatenare una guerra tra l'ex-direttore del Sismi e i suoi sottoposti (quelli rimasti), allora bisogna rivolgersi al magistrato. Solo mettendoli uno contro l'altro si può arrivare alla verità. In tribunale.
Parafrasando il presidente Grasso per i casi di Provenzano e Riina, se la signora De Sousa vuole uno sconto di pena che parli.
Dubito che il Copasir, che non è la stessa cosa del comitato di controllo americano ma semplicemente un organismo messo assieme per sdoganare alla buona l'operato dei servizi, stia smaniando per forzare la signora De Sousa a testimoniare. Al massimo lo farebbe per creare un caso politico.
Comunque se ci sono rivelazioni eclatanti, tipo qualsiasi dettaglio in grado di scatenare una guerra tra l'ex-direttore del Sismi e i suoi sottoposti (quelli rimasti), allora bisogna rivolgersi al magistrato. Solo mettendoli uno contro l'altro si può arrivare alla verità. In tribunale.
Parafrasando il presidente Grasso per i casi di Provenzano e Riina, se la signora De Sousa vuole uno sconto di pena che parli.
giovedì 2 marzo 2017
A saperlo prima
Dicevamo a Briatore di farlo eleggere otto anni fa.
L'avvocato Bolognesi ieri, forse per l'emozione, farfugliava di riequilibrio con le altre sentenze e di giustizia.
Sul primo aspetto ci terrei a fargli notare che la sua assistita non ha mai messo piede in Italia. Non ha fatto nemmeno un giorno di carcere.
Non è solo una questione di giudizio finale. Conta tutto il circo che si forma attorno ad una vicenda giudiziaria. La signora De Sousa non ha provato la gogna mediatica degli italiani.
C'è gente che si è costruita una carriera sulla pelle del "mostro di Lugo".
Poi a proposito di giustizia, viviamo in un Paese dove o il processo non si fa perchè c'è l'espulsione, o se si fa e si è fortunati, una firmetta lo annulla.
E se si è magistrati si rischia anche la denuncia da parte di un bizzarro signore che per qualche ragione è stato anche presidente della repubblica.
L'avvocato Bolognesi e la sua cliente ci risparmino ulteriori scenate.
Ne abbiamo abbastanza.
E che non venga in Italia.
Nel mio Paese, io certa gente non la voglio.
L'avvocato Bolognesi ieri, forse per l'emozione, farfugliava di riequilibrio con le altre sentenze e di giustizia.
Sul primo aspetto ci terrei a fargli notare che la sua assistita non ha mai messo piede in Italia. Non ha fatto nemmeno un giorno di carcere.
Non è solo una questione di giudizio finale. Conta tutto il circo che si forma attorno ad una vicenda giudiziaria. La signora De Sousa non ha provato la gogna mediatica degli italiani.
C'è gente che si è costruita una carriera sulla pelle del "mostro di Lugo".
Poi a proposito di giustizia, viviamo in un Paese dove o il processo non si fa perchè c'è l'espulsione, o se si fa e si è fortunati, una firmetta lo annulla.
E se si è magistrati si rischia anche la denuncia da parte di un bizzarro signore che per qualche ragione è stato anche presidente della repubblica.
L'avvocato Bolognesi e la sua cliente ci risparmino ulteriori scenate.
Ne abbiamo abbastanza.
E che non venga in Italia.
Nel mio Paese, io certa gente non la voglio.
martedì 28 febbraio 2017
Atteggiamento
La decisione tiene conto del parere favorevole formulato dal Ministro della Giustizia a conclusione della prevista istruttoria.
Nella valutazione della domanda di grazia, il Capo dello Stato ha considerato l'atteggiamento tenuto dalla condannata, la circostanza che gli Stati Uniti hanno interrotto la pratica delle extraordinary renditions, e l'esigenza di riequilibrare la pena a carico della predetta rispetto a quella degli altri condannati per il medesimo reato.
Roma, 28 febbraio 2017
Ma si è tenuto anche conto dei giudizi espressi su Twitter sullo stato italiano, sulla giustizia italiana e sugli agenti del Sismi ?
Mi aspetto una medaglia per tutte le volte che ho replicato difendendoli.
Ma si è tenuto anche conto dei giudizi espressi su Twitter sullo stato italiano, sulla giustizia italiana e sugli agenti del Sismi ?
Mi aspetto una medaglia per tutte le volte che ho replicato difendendoli.
mercoledì 22 febbraio 2017
Just can't wait to get on the road again
Carol Fleming, che era diventata una delle voci più importanti della piattaforma blogger del Golfo negli anni precedenti alle primavere arabe, amava raccontare di come sentisse su di se il peso della responsabilità di funzionario della Cia quando operava sotto copertura in Paesi difficili come il Pakistan e l'Egitto. La loro vita era nelle mie mani, amava ripetere parlando degli informatori e di tutte le persone di cui si "serviva" per lavoro.
Non so quali siano le colpe della signora De Sousa e di tutti quelli del Sismi il cui nome in qualche molto risulta legato a quella vicenda. E francamente non mi interessa. Dico solo che non mi trasmettono il sentimento e l'orgoglio di essere parte di qualcosa di importante, così come accadeva quando parlavo con Carol. Mi manca tanto, in qualsiasi parte del cielo sia.
Non so quali siano le colpe della signora De Sousa e di tutti quelli del Sismi il cui nome in qualche molto risulta legato a quella vicenda. E francamente non mi interessa. Dico solo che non mi trasmettono il sentimento e l'orgoglio di essere parte di qualcosa di importante, così come accadeva quando parlavo con Carol. Mi manca tanto, in qualsiasi parte del cielo sia.
sabato 31 dicembre 2016
The ugly truth
Chissà come festeggia il capodanno il mio eroe romagnolo.
Il profilo Twitter di un fantomatico Abu Omar segue quello di Spes Nostra. Gli amici dei servizi sanno bene chi è legato a quella organizzazione ...
Il profilo Twitter di un fantomatico Abu Omar segue quello di Spes Nostra. Gli amici dei servizi sanno bene chi è legato a quella organizzazione ...
martedì 1 novembre 2016
Pesce come un muto
Sarà muto come un pesce il mio eroe romagnolo, ma da quando è tornato da Vienna non si regge. Quando manda segnali di fumo, sembra un comignolo in fiamme.
Anas el Abboubi nella famosa intervista del 2011, che tra l’altro non passò inosservata tra le sapienti antenne dei servizi, disse una cosa molto bella a proposito del razzismo degli abitanti della Valsabbia. Che secondo lui quelli che sugli autobus guardavano e scansavano i marocchini, non lo facevano per cattiveria o razzismo vero, ma semplicemente per pigrizia. Non sentivano il bisogno di imparare dallo straniero. Di scambiare tradizioni ed esperienze. Allo stesso modo, Fazzo non è un giornalista cattivo anche se, specie ultimamente, scrive cose che non appartengono al suo bagaglio culturale ed umano. E’ anche lui vittima e carnefice di quel meccanismo che mette tutto nel tritacarne.
Non abbiamo finanziato un terrorista. Abbiamo dato un giusto risarcimento, anche poco a dire la verità, ad un tizio che era indagato e monitorato e ad un certo punto è stato trattato come un cittadino del Pakistan o della Colombia. A quelli che la pensano diversamente all’interno dei servizi, bisognerebbe ricordare che lo stesso Stato che ha pagato quella cifra ieri, ha apposto il segreto per salvare, tra gli altri, alcuni di loro. Noi cittadini ordinari, alcuni non tutti, la faccenda l’abbiamo capita così. Quindi la partita per il momento è finita pari. E la vicenda giudiziaria di Abu Omar è altro rispetto al suo rapimento.
Io non dico che dovrebbe sorgere finalmente un Kiriakou anche da noi, ma qualcuno di quelli che continua a lamentarsi e a parlare dietro al nero sipario, potrebbe fare qualcosa di più che denunciare messaggini e minacce.
Gli interessi del nostro Paese non prevedono che il prefetto Parente pontifichi pubblicamente sul terrorismo di stato praticato dai russi così come ha fatto Andrew Parker sul Guardian oggi.
Ed è al momento difficile che il generale Manenti istituisca un concorso per miss hijab a Forte Braschi in modo da sottolineare, così come fa spesso sir Alex Younger, che la diversità ormai è un elemento scontato nella sua agenzia. Ma almeno i direttori potrebbero adoperarsi per appianare le cose all’interno dei loro comparti in modo da evitare certe uscite sui giornali.
Quei giornali per i quali tra Abu Omar e i cosiddetti musulmani moderati , non c’è nessuna differenza. Ogni volta che esce un articolo del genere, veniamo messi al bando anche noi.
Anni passati a convincere famiglie e amici che la nostra è stata una scelta di vita che non li danneggerà, e poi arrivano le cinquanta righe del Fazzo di turno che ci distruggono di nuovo l’unica vita che ci è stata donata da Allah.
Anas el Abboubi nella famosa intervista del 2011, che tra l’altro non passò inosservata tra le sapienti antenne dei servizi, disse una cosa molto bella a proposito del razzismo degli abitanti della Valsabbia. Che secondo lui quelli che sugli autobus guardavano e scansavano i marocchini, non lo facevano per cattiveria o razzismo vero, ma semplicemente per pigrizia. Non sentivano il bisogno di imparare dallo straniero. Di scambiare tradizioni ed esperienze. Allo stesso modo, Fazzo non è un giornalista cattivo anche se, specie ultimamente, scrive cose che non appartengono al suo bagaglio culturale ed umano. E’ anche lui vittima e carnefice di quel meccanismo che mette tutto nel tritacarne.
Non abbiamo finanziato un terrorista. Abbiamo dato un giusto risarcimento, anche poco a dire la verità, ad un tizio che era indagato e monitorato e ad un certo punto è stato trattato come un cittadino del Pakistan o della Colombia. A quelli che la pensano diversamente all’interno dei servizi, bisognerebbe ricordare che lo stesso Stato che ha pagato quella cifra ieri, ha apposto il segreto per salvare, tra gli altri, alcuni di loro. Noi cittadini ordinari, alcuni non tutti, la faccenda l’abbiamo capita così. Quindi la partita per il momento è finita pari. E la vicenda giudiziaria di Abu Omar è altro rispetto al suo rapimento.
Io non dico che dovrebbe sorgere finalmente un Kiriakou anche da noi, ma qualcuno di quelli che continua a lamentarsi e a parlare dietro al nero sipario, potrebbe fare qualcosa di più che denunciare messaggini e minacce.
Gli interessi del nostro Paese non prevedono che il prefetto Parente pontifichi pubblicamente sul terrorismo di stato praticato dai russi così come ha fatto Andrew Parker sul Guardian oggi.
Ed è al momento difficile che il generale Manenti istituisca un concorso per miss hijab a Forte Braschi in modo da sottolineare, così come fa spesso sir Alex Younger, che la diversità ormai è un elemento scontato nella sua agenzia. Ma almeno i direttori potrebbero adoperarsi per appianare le cose all’interno dei loro comparti in modo da evitare certe uscite sui giornali.
Quei giornali per i quali tra Abu Omar e i cosiddetti musulmani moderati , non c’è nessuna differenza. Ogni volta che esce un articolo del genere, veniamo messi al bando anche noi.
Anni passati a convincere famiglie e amici che la nostra è stata una scelta di vita che non li danneggerà, e poi arrivano le cinquanta righe del Fazzo di turno che ci distruggono di nuovo l’unica vita che ci è stata donata da Allah.
sabato 8 ottobre 2016
Quante deviazioni hai
Sbarcati sulle coste italiane, non sono stati fermati.
Dopo aver visto che i loro nomi erano nella black list dei foreign fighters partiti dall'Europa, i servizi segreti li hanno lasciati andare per monitorare i loro movimenti e capire dove si dirigevano.
Cristina Giudici Il Foglio
Chissà se l'hanno capito.
Mi raccontava un lettore affezionato (qualcuno ne ho) di essere arrivato al blog grazie a qualcuno dei servizi che gli aveva passato il link. Ovviamente non mi ha detto chi e di cosa effettivamente si occupasse, ma ha tenuto a specificare che si trattava di uno di quelli buoni.
Chiacchierando con un altro mio piccolo fan (almeno uno ne ho) che conosce anche lui l'ambiente, mi diceva che nei nostri servizi è difficile stabilire il limite tra il buono e il cattivo in maniera assoluta.
Per quello che ho imparato osservandoli da lontano in questi anni, mi trovo d'accordo con entrambi.
Aggiungo però, che in Inghilterra ad esempio, un analista appena assunto all'MI6 percepisce un salario di circa 2600 euro che è poco più, a quanto abbiamo saputo di recente, di uno dei suoi colleghi dell'Aise.
Sulla stampa inglese non giungono notizie di ammutinamenti o lamentele di giovani Bond vessati dai vecchi.
Non se ne fanno questioni in parlamento.
E' questo il problema in Italia.
La commistione tra sicurezza, politica, interessi finanziari, media.
Si è tornato a parlare in questi giorni dei servizi segreti deviati a causa del solito caso Abu Omar rispolverato nel corso dell'estate da Chiocci. E non per discutere la faccenda in termini di diritti umani, ma per le abituali beghe da cortile all'interno del Copasir e a causa delle ancor più abituali guerre nei servizi.
Io credo che l'unico aspetto che andrebbe chiarito, è l'atteggiamento ambiguo del prefetto Scarpis, almeno per quanto risulta dalle dichiarazioni rese a verbale dal generale Pollari e dal dottor Mancini.
Non si è capito per quale motivo la questione lo interessava tanto.
Dal generale Manenti non ci si può aspettare granchè. Non parla nemmeno se lo bombarda Putin dal Cremlino. Ma Scarpis non mi pare tanto forte mentalmente. Interrogato usando le giuste maniere, forse qualcosa la racconta.
La letterina del giovane premier con tutta probabilità riferisce di qualche altra squadra che operava legittimamente nei servizi e nello stesso ambito di monitoraggio. Non tocca il segreto di stato di cui, se non ricordo male, il Copasir dovrebbe essere a conoscenza.
Quindi francamente non capisco le perplessità del rappresentante del partito di Grillo.
Poi, ammesso che sia questo un suo cruccio reale, andrebbe spiegato al dottor Mancini, e non credo che la sua figliola abbia ancora raggiunto l'età, che i figli specie le femmine, riescono a valutare la figura del padre nel contesto, solo dopo che si sono scontrati con il marcio che la vita inevitabilmente riserva.
Il che solitamente avviene dopo i trenta, quarant'anni.
E non è da una singola vicenda che si riesce a stabilire se il proprio padre è buono o cattivo.
E soprattutto, se si è stati dei buoni figli.
Perchè alla fine per un figlio, specie se si tratta di una femmina, il cruccio più grande diventa quello.
Dopo aver visto che i loro nomi erano nella black list dei foreign fighters partiti dall'Europa, i servizi segreti li hanno lasciati andare per monitorare i loro movimenti e capire dove si dirigevano.
Cristina Giudici Il Foglio
Chissà se l'hanno capito.
Mi raccontava un lettore affezionato (qualcuno ne ho) di essere arrivato al blog grazie a qualcuno dei servizi che gli aveva passato il link. Ovviamente non mi ha detto chi e di cosa effettivamente si occupasse, ma ha tenuto a specificare che si trattava di uno di quelli buoni.
Chiacchierando con un altro mio piccolo fan (almeno uno ne ho) che conosce anche lui l'ambiente, mi diceva che nei nostri servizi è difficile stabilire il limite tra il buono e il cattivo in maniera assoluta.
Per quello che ho imparato osservandoli da lontano in questi anni, mi trovo d'accordo con entrambi.
Aggiungo però, che in Inghilterra ad esempio, un analista appena assunto all'MI6 percepisce un salario di circa 2600 euro che è poco più, a quanto abbiamo saputo di recente, di uno dei suoi colleghi dell'Aise.
Sulla stampa inglese non giungono notizie di ammutinamenti o lamentele di giovani Bond vessati dai vecchi.
Non se ne fanno questioni in parlamento.
E' questo il problema in Italia.
La commistione tra sicurezza, politica, interessi finanziari, media.
Si è tornato a parlare in questi giorni dei servizi segreti deviati a causa del solito caso Abu Omar rispolverato nel corso dell'estate da Chiocci. E non per discutere la faccenda in termini di diritti umani, ma per le abituali beghe da cortile all'interno del Copasir e a causa delle ancor più abituali guerre nei servizi.
Io credo che l'unico aspetto che andrebbe chiarito, è l'atteggiamento ambiguo del prefetto Scarpis, almeno per quanto risulta dalle dichiarazioni rese a verbale dal generale Pollari e dal dottor Mancini.
Non si è capito per quale motivo la questione lo interessava tanto.
Dal generale Manenti non ci si può aspettare granchè. Non parla nemmeno se lo bombarda Putin dal Cremlino. Ma Scarpis non mi pare tanto forte mentalmente. Interrogato usando le giuste maniere, forse qualcosa la racconta.
La letterina del giovane premier con tutta probabilità riferisce di qualche altra squadra che operava legittimamente nei servizi e nello stesso ambito di monitoraggio. Non tocca il segreto di stato di cui, se non ricordo male, il Copasir dovrebbe essere a conoscenza.
Quindi francamente non capisco le perplessità del rappresentante del partito di Grillo.
Poi, ammesso che sia questo un suo cruccio reale, andrebbe spiegato al dottor Mancini, e non credo che la sua figliola abbia ancora raggiunto l'età, che i figli specie le femmine, riescono a valutare la figura del padre nel contesto, solo dopo che si sono scontrati con il marcio che la vita inevitabilmente riserva.
Il che solitamente avviene dopo i trenta, quarant'anni.
E non è da una singola vicenda che si riesce a stabilire se il proprio padre è buono o cattivo.
E soprattutto, se si è stati dei buoni figli.
Perchè alla fine per un figlio, specie se si tratta di una femmina, il cruccio più grande diventa quello.
mercoledì 14 settembre 2016
Social
Sabrina De Sousa, an ex-CIA agent convicted in the abduction of Muslim cleric Hassan Mustafa Omar Nasr aka Abu Omar from Milan in 2003, has asked a Milan court to hand her over to social services for her four-year term, judicial sources said Tuesday. Ansa
Solo su Ansa in inglese e Avvenire.
Io suggerirei Ravenna come sede per fargli assolvere il compito.
Da quelle parti c'è gente che ha bisogno di risolvere problemi di manie di grandezza e di persecuzione.
Una soluzione perfetta, se non fosse che di sicuro la vedremmo ospite di talk e giornali per darci lezioni sulla tortura. Sarebbe piuttosto auspicabile concederle la grazia, magari nel periodo del referendum. Quando la notizia sfugge.
Oppure farla arrivare fin qua e poi in qualche modo sparire.
Solo su Ansa in inglese e Avvenire.
Io suggerirei Ravenna come sede per fargli assolvere il compito.
Da quelle parti c'è gente che ha bisogno di risolvere problemi di manie di grandezza e di persecuzione.
Una soluzione perfetta, se non fosse che di sicuro la vedremmo ospite di talk e giornali per darci lezioni sulla tortura. Sarebbe piuttosto auspicabile concederle la grazia, magari nel periodo del referendum. Quando la notizia sfugge.
Oppure farla arrivare fin qua e poi in qualche modo sparire.
mercoledì 27 luglio 2016
Chi mente
"Solo un processo di valutazione riscontri al fine di promuovere il conflitto di attribuzione e fornire al presidente del consiglio tutti gli elementi necessari per delimitare il segreto di stato"
Che l'attuale direttore dell'Aise sia tra quelli che dicono la verità, lo conferma il fatto che per questa verifica, della durata di un pomeriggio ed eseguita dal prefetto Scarpis assieme allo stesso generale Manenti, il quale però non avrebbe rivolto alcuna domanda, non vennero convocati i soggetti incriminati nella inchiesta giudiziaria.
A che pro chiamarli visto che si sapeva che erano loro i responsabili ?
Ma ai fini della delimitazione del perimetro del segreto di stato, era importante stabilire le responsabilità onde evitare ulteriori sorprese.
E i riscontri potevano fornirli solo quelli che lavorarono, non tanto all'operazione Abu Omar quanto al servizio di monitoraggio, di cui l'Agenzia era ufficialmente incaricata, del soggetto in questione e di altri a lui collegati.
Una volta recepita la richiesta da parte del governo americano e della Cia, fu fatta una selezione della squadra del Sismi e a loro fu affidata la logistica dell'operazione. E' questa la versione più credibile che si ricava alla luce delle indagini portate a termine dalla Digos e coordinate dalla procura di Milano. Le prove, per quanto scarse, vanno in quella direzione.
Ai vertici del Sismi vecchi e nuovi, che non possono non sapere e nemmeno tanto bisogno avevano ormai di verificare, non rimaneva che cristallizzare la situazione ai fini della vicenda giudiziaria.
La teoria della seconda squadra è affascinante e vi si può dare anche credito alla luce di quanto abbiamo saputo negli anni scorsi a proposito di agenti dell'Aise che amerebbero mettersi al servizio di russi ed americani , o che avrebbero ampi margini di manovra in scenari esteri e all'insaputa del governo. Ma pare non esserci prova di ciò, in tutto quanto indagato dal procuratore Spataro e dall'attuale Questore di Caltanissetta.
"Le stesse cose mi furono riferite in quell'occasione in maniera più succinta alla presenza del dottor Mancini e anche a me nel corso di una cena, tenutasi qualche tempo dopo,...alla quale fummo invitati sempre dagli stessi due soggetti (vicedirettore Aise e vicedirettore di divisione).... "
"Mancini me ne parlò (cittadino americano presunto appartenente alla Cia) ma non aveva a che vedere sia come tempi che come oggetto, con l'inchiesta"
"Dissi al Mancini di ritirare tale documento in quanto era inutile mettere altra carne al fuoco ..."
"Ritengo però che l'esito di questa istruttoria non fu adeguatamente rappresentata nelle sedi opportune, ovvero nel processo d'appello dove la documentazione che ci venne consegnata dall'Agenzia per depositarla al processo, non conteneva alcun riferimento utile per la nostra assoluzione nonostante le rassicurazioni che avevamo ricevuto dai vertici dell'Agenzia, tant'è che fummo tutti condannati."
"...dopo tentennamenti vari, arrivò a chiedermi di ritirare una lettera che lui stesso mi aveva chiesto di scrivere pochi giorni prima, altrimenti ci sarebbero state ripercussioni istituzionali"
Il dottor Mancini è sicuro che l'esito che gli fu comunicato è quello ufficiale che risulta nella documentazione agli atti dell'inchiesta-verifica ?
Immagino che sia stato tutto registrato.
Chi mente, si è chiesto al termine del reportage sulla vicenda del rapimento di Abu Omar (chiamiamolo per quello che è, e non "pasticcio"), il coraggioso direttore de il Tempo che, quando smette i panni del fustigatore degli islamici, torna a scrivere belle pagine di giornalismo investigativo.
Il dottor Mancini è giustamente deluso dall’esito dell’impiego della lettera, relazione o nota che dir si voglia. Cioè di quello scritto che sarebbe la sintesi di quanto riferito dal cosiddetto cittadino straniero. Io non credo che questo signore non esista o che sia un’invenzione degli imputati per togliersi d’impaccio in vista del verdetto. Che la volontà manifestata da Mancini di testimoniare, dopo che la corte ricevette la lettera del generale Santini, fosse un bluff come scrissero i cronisti di giudiziaria dell’epoca. Piuttosto bisognerebbe interrogarsi sul perché, il funzionario della Cia o presunto tale, si sia rivolto solo a Mancini e Di Troia o perchè l'abbiano scovato loro e non gli altri. Ma per il momento possiamo anche sorvolare.
La delusione del funzionario romagnolo è comprensibile.
Però, a quanto è dato capire, questo suo scritto non confliggerebbe con il segreto di stato e né lo scagionerebbe, perché non fornisce prova diretta dell’innocenza sua e degli altri. Evidentemente dà qualche indizio che può trasferire, forse anche solo in parte, le colpe su altri. Indizio che doveva essere corroborato da riscontri che non sono stati alla fine trovati.
Ma che inizialmente sembrava ci fossero.
Allora la domanda è : a quale scopo è stata usata la relazione ?
Per provare l’innocenza di alcuni, la colpevolezza di altri o per sistemare questioni varie ?
E nelle mani di chi, è finita effettivamente ?
Si spiegherebbe così, l’entusiasmo iniziale con il quale gli emissari dei servizi comunicarono la notizia al generale Pollari . Tra questi c’era presumibilmente Scarpis e non Manenti, posto che i vicedirettori fossero solo due. Non c’era ragione per il generale di andare a fare annunci e celebrazioni. Per quel poco che traspare di lui, Alberto Manenti parla e si muove quando è necessario. E soprattutto, pare essere stato spettatore quasi obbligato della verifica e semplicemente presente a causa della funzione che ricopriva.
L'intera operazione, verifica o inchiesta che fosse, fu diretta dal prefetto Scarpis.
Si spiegherebbe anche, la lettera inviata dal generale Santini a semplice conferma del segreto di stato, ma non di qualche esito nuovo emerso dall’inchiesta/verifica.
In tutta questa storia, ci si è posti forse la domanda sbagliata, partendo dal presupposto che le note di Mancini e Di Troia potessero essere usate al solo scopo di provare l’innocenza degli imputati.
Perché poi, convocare il generale Pollari da solo inizialmente, e di nuovo a cena con Mancini e Di Troia ? E per “maniera più succinta” s’intende che la prima e la seconda versione che gli furono riferite, coincidono nella sostanza seppur non nella forma, oppure presentano delle differenze ?
Tutti dettagli questi, da chiarire per verificare se vi siano state manovre strane attorno a quelle relazioni. Di Troia ipotizza che il governo non sia stato messo al corrente dell’esito dell’inchiesta interna. Ma a che pro farlo, se questa non cambiava l’essenza delle risultanze dell’inchiesta giudiziaria ?
Qui mente, chi sostiene o ha sostenuto per un periodo, che ci fosse una inchiesta interna, perché di quella inchiesta aveva bisogno, ma probabilmente per altri scopi. Venute meno le esigenze dell’inchiesta, è venuta meno anche la necessità che quel documento rimanesse agli atti. Poteva rappresentare un pericolo per se stesso/i, più che per il governo.
Credo che anche Marco Mancini abbia sospettato sin dal primo momento che le cose siano andate così e che la sua lettera non sia stata usata a dovere. Per questo motivo, alla fine di Gennaio del 2013, chiese che venissero sentiti Scarpis e Manenti. Non fu un bluff.
Forse la reazione disperata alla sensazione che qualcuno gli avesse giocato l’ennesimo tiro sporco.
E non c’era altro modo per capirlo o provarlo, se non quello di metterli spalle al muro. Cosa che di certo non poteva essere fatta nell’ufficio all’interno di un palazzo dalle cui cabine telefoniche partono telefonate strane e dal cui parcheggio vengono trafugate auto che ricompaiono dopo aver percorso cinquecento chilometri .
*Gli estratti dei verbali dell'inchiesta di Ravenna sono tratti dagli articoli di Gianmarco Chiocci pubblicati la settimana scorsa dal quotidiano il Tempo.
Che l'attuale direttore dell'Aise sia tra quelli che dicono la verità, lo conferma il fatto che per questa verifica, della durata di un pomeriggio ed eseguita dal prefetto Scarpis assieme allo stesso generale Manenti, il quale però non avrebbe rivolto alcuna domanda, non vennero convocati i soggetti incriminati nella inchiesta giudiziaria.
A che pro chiamarli visto che si sapeva che erano loro i responsabili ?
Ma ai fini della delimitazione del perimetro del segreto di stato, era importante stabilire le responsabilità onde evitare ulteriori sorprese.
E i riscontri potevano fornirli solo quelli che lavorarono, non tanto all'operazione Abu Omar quanto al servizio di monitoraggio, di cui l'Agenzia era ufficialmente incaricata, del soggetto in questione e di altri a lui collegati.
Una volta recepita la richiesta da parte del governo americano e della Cia, fu fatta una selezione della squadra del Sismi e a loro fu affidata la logistica dell'operazione. E' questa la versione più credibile che si ricava alla luce delle indagini portate a termine dalla Digos e coordinate dalla procura di Milano. Le prove, per quanto scarse, vanno in quella direzione.
Ai vertici del Sismi vecchi e nuovi, che non possono non sapere e nemmeno tanto bisogno avevano ormai di verificare, non rimaneva che cristallizzare la situazione ai fini della vicenda giudiziaria.
La teoria della seconda squadra è affascinante e vi si può dare anche credito alla luce di quanto abbiamo saputo negli anni scorsi a proposito di agenti dell'Aise che amerebbero mettersi al servizio di russi ed americani , o che avrebbero ampi margini di manovra in scenari esteri e all'insaputa del governo. Ma pare non esserci prova di ciò, in tutto quanto indagato dal procuratore Spataro e dall'attuale Questore di Caltanissetta.
"Le stesse cose mi furono riferite in quell'occasione in maniera più succinta alla presenza del dottor Mancini e anche a me nel corso di una cena, tenutasi qualche tempo dopo,...alla quale fummo invitati sempre dagli stessi due soggetti (vicedirettore Aise e vicedirettore di divisione).... "
"Mancini me ne parlò (cittadino americano presunto appartenente alla Cia) ma non aveva a che vedere sia come tempi che come oggetto, con l'inchiesta"
"Dissi al Mancini di ritirare tale documento in quanto era inutile mettere altra carne al fuoco ..."
"Ritengo però che l'esito di questa istruttoria non fu adeguatamente rappresentata nelle sedi opportune, ovvero nel processo d'appello dove la documentazione che ci venne consegnata dall'Agenzia per depositarla al processo, non conteneva alcun riferimento utile per la nostra assoluzione nonostante le rassicurazioni che avevamo ricevuto dai vertici dell'Agenzia, tant'è che fummo tutti condannati."
"...dopo tentennamenti vari, arrivò a chiedermi di ritirare una lettera che lui stesso mi aveva chiesto di scrivere pochi giorni prima, altrimenti ci sarebbero state ripercussioni istituzionali"
Il dottor Mancini è sicuro che l'esito che gli fu comunicato è quello ufficiale che risulta nella documentazione agli atti dell'inchiesta-verifica ?
Immagino che sia stato tutto registrato.
Chi mente, si è chiesto al termine del reportage sulla vicenda del rapimento di Abu Omar (chiamiamolo per quello che è, e non "pasticcio"), il coraggioso direttore de il Tempo che, quando smette i panni del fustigatore degli islamici, torna a scrivere belle pagine di giornalismo investigativo.
Il dottor Mancini è giustamente deluso dall’esito dell’impiego della lettera, relazione o nota che dir si voglia. Cioè di quello scritto che sarebbe la sintesi di quanto riferito dal cosiddetto cittadino straniero. Io non credo che questo signore non esista o che sia un’invenzione degli imputati per togliersi d’impaccio in vista del verdetto. Che la volontà manifestata da Mancini di testimoniare, dopo che la corte ricevette la lettera del generale Santini, fosse un bluff come scrissero i cronisti di giudiziaria dell’epoca. Piuttosto bisognerebbe interrogarsi sul perché, il funzionario della Cia o presunto tale, si sia rivolto solo a Mancini e Di Troia o perchè l'abbiano scovato loro e non gli altri. Ma per il momento possiamo anche sorvolare.
La delusione del funzionario romagnolo è comprensibile.
Però, a quanto è dato capire, questo suo scritto non confliggerebbe con il segreto di stato e né lo scagionerebbe, perché non fornisce prova diretta dell’innocenza sua e degli altri. Evidentemente dà qualche indizio che può trasferire, forse anche solo in parte, le colpe su altri. Indizio che doveva essere corroborato da riscontri che non sono stati alla fine trovati.
Ma che inizialmente sembrava ci fossero.
Allora la domanda è : a quale scopo è stata usata la relazione ?
Per provare l’innocenza di alcuni, la colpevolezza di altri o per sistemare questioni varie ?
E nelle mani di chi, è finita effettivamente ?
Si spiegherebbe così, l’entusiasmo iniziale con il quale gli emissari dei servizi comunicarono la notizia al generale Pollari . Tra questi c’era presumibilmente Scarpis e non Manenti, posto che i vicedirettori fossero solo due. Non c’era ragione per il generale di andare a fare annunci e celebrazioni. Per quel poco che traspare di lui, Alberto Manenti parla e si muove quando è necessario. E soprattutto, pare essere stato spettatore quasi obbligato della verifica e semplicemente presente a causa della funzione che ricopriva.
L'intera operazione, verifica o inchiesta che fosse, fu diretta dal prefetto Scarpis.
Si spiegherebbe anche, la lettera inviata dal generale Santini a semplice conferma del segreto di stato, ma non di qualche esito nuovo emerso dall’inchiesta/verifica.
In tutta questa storia, ci si è posti forse la domanda sbagliata, partendo dal presupposto che le note di Mancini e Di Troia potessero essere usate al solo scopo di provare l’innocenza degli imputati.
Perché poi, convocare il generale Pollari da solo inizialmente, e di nuovo a cena con Mancini e Di Troia ? E per “maniera più succinta” s’intende che la prima e la seconda versione che gli furono riferite, coincidono nella sostanza seppur non nella forma, oppure presentano delle differenze ?
Tutti dettagli questi, da chiarire per verificare se vi siano state manovre strane attorno a quelle relazioni. Di Troia ipotizza che il governo non sia stato messo al corrente dell’esito dell’inchiesta interna. Ma a che pro farlo, se questa non cambiava l’essenza delle risultanze dell’inchiesta giudiziaria ?
Qui mente, chi sostiene o ha sostenuto per un periodo, che ci fosse una inchiesta interna, perché di quella inchiesta aveva bisogno, ma probabilmente per altri scopi. Venute meno le esigenze dell’inchiesta, è venuta meno anche la necessità che quel documento rimanesse agli atti. Poteva rappresentare un pericolo per se stesso/i, più che per il governo.
Credo che anche Marco Mancini abbia sospettato sin dal primo momento che le cose siano andate così e che la sua lettera non sia stata usata a dovere. Per questo motivo, alla fine di Gennaio del 2013, chiese che venissero sentiti Scarpis e Manenti. Non fu un bluff.
Forse la reazione disperata alla sensazione che qualcuno gli avesse giocato l’ennesimo tiro sporco.
E non c’era altro modo per capirlo o provarlo, se non quello di metterli spalle al muro. Cosa che di certo non poteva essere fatta nell’ufficio all’interno di un palazzo dalle cui cabine telefoniche partono telefonate strane e dal cui parcheggio vengono trafugate auto che ricompaiono dopo aver percorso cinquecento chilometri .
*Gli estratti dei verbali dell'inchiesta di Ravenna sono tratti dagli articoli di Gianmarco Chiocci pubblicati la settimana scorsa dal quotidiano il Tempo.
domenica 24 luglio 2016
L'altra metà del cielo che non ama Marco Mancini
Legislatura 16ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 263 del 06/10/2009
COSSIGA - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della difesa - Si chiede di sapere dal Presidente del Consiglio dei ministri, nella sua qualità di vertice politico del sistema di informazione per la sicurezza, e dal Ministro della difesa:
se corrispondano al vero le informazioni fornite dal generale dei Carabinieri Bonzano - già noto per il modo con cui ha fatto carriera e per le modalità delle sue partecipazioni a esami e concorsi, direttore del Dipartimento per la sicurezza del personale e delle strutture logistiche dell'Agenzia per le informazioni per la sicurezza esterna (AISE) - al Presidente del Senato della Repubblica in visita in Afghanistan e ai suoi collaboratori, e secondo le quali prima dell'arrivo del presidente Schifani nell'area, in essa sarebbe stato ritrovata una "auto-bomba" e tre missili terra-terra e terra-aria, e come mai queste informazioni non siano state fornite al seguito del Presidente prima del suo arrivo in aereo nella zona, ma soltanto dopo, ad Abu Dhabi, tappa per il ritorno in Italia;
inoltre, che cosa ci stesse a fare al seguito del Presidente del Senato il generale Bonzano, dato che ad altri e diversi enti di polizia ordinaria e militare erano affidati i compiti di scorta e tutela della sicurezza, salvo che per mettersi in mostra e incassare la cospicua trasferta, data anche la sua ben nota e totale incapacità a svolgere compiti diversi da quelli di far pedinare uomini politici e membri del Parlamento.
(2-00118)
Si può tentare di mascherarlo con un pò di rossetto definendolo picconatore, ma di certo il senatore Cossiga non passerà alla storia per correttezza ed educazione.
Nel dossier di Chiocci sono tornate a galla alcune figure che avevamo imparato a conoscere nel corso degli anni in seguito alle vicende giudiziarie relative al caso Telecom e Abu Omar .
Si tratta più che altro di nominativi che poco dicono al cittadino ordinario e che fanno parte, o lo sono stati, della galassia Sismi-Aise. Secondo quanto sostenuto dal dottor Mancini, in maniera molto poco diretta e attraverso testate giornalistiche ed interlocutori politici a lui vicini, ci sarebbero nell’agenzia funzionari che gli sono da sempre ostili e che hanno tentato di approfittarsi delle sue traversie in modo da allontanarlo dal servizio per poi ridisegnare la mappa gerarchica e i poteri occulti che la sostengono.
Il generale Giovanni Bonzano appartiene alla nidiata Piccirillo che si trasferì al Sismi dopo il servizio prestato nell’Arma. Servizio che lo vide reclamare in maniera decisa l’identità militare dei carabinieri. I discorsi che andavano di moda negli anni novanta sulla smilitarizzazione non lo entusiasmavano affatto. La vicenda a cui faceva riferimento il senatore Cossiga nell’interpellanza appartiene ad una delle tante strumentalizzazioni politiche dell’epoca. Il viaggio lampo del presidente Schifani ebbe luogo all’indomani di un attentato che colpì i militari italiani di stanza in Afghanistan. In Italia si ebbe notizia del disinnesco attorno alle dieci di sera. Evidentemente il presidente del senato ne fu messo al corrente dopo le verifiche del caso.
Tra l’altro il generale Bonzano nel 2011 sarebbe stato messo praticamente a riposo relegandolo agli archivi. Non sembrerebbe quindi il tipo descritto con parole tanto dure . Risulta essere consulente della commissione Moro.
La foto tratta dal giornale Gente, e conservata sul sito dell’università della Calabria, dovrebbe risalire al periodo 2006-2008, quando il prefetto Gabrielli venne chiamato a guidare il Sisde-Aisi.
Tra i primi a laurearsi al termine del primo corso di master in intelligence, ci fu l’allora tenente colonnello del Ros Valerio Giardina. Quando si sparse la voce che Marco Mancini stava per dare l’addio alla sede di Vienna per tornare in Italia, una giornalista calabrese, che chiacchiere di politici locali almeno all’epoca davano come molto vicina al colonnello, fu tra i primi a darne notizia su una testata con la quale collaborava. Coincidenze che a noi donne non sfuggono.
“Tale Cassano” come indicato nei verbali di Ravenna, dovrebbe essere quel Giuseppe Cassano che, in vista dell’addio forzato del generale Pollari all’indomani della bufera Abu Omar, fu messo a guardia del forziere dei segreti dei servizi in qualità di dirigente della sicurezza generale. Più che per blindare passato e futuro all’interno del Sismi, come scrissero i giornali a proposito delle nomine a raffica, forse la mossa era soprattutto tesa a proteggere l'esecutivo. Con il senno di poi, non sarebbe sbagliato affermare che un po’ tutti i governi che si ritrovarono quel Sismi in organico, erano succubi dell’agenzia e del suo direttore. Andarsene all’improvviso equivaleva a lasciare non solo loro, ma anche la sicurezza nazionale allo sbando. Difficile capire come e perché il dottor Mancini si sentisse o si senta tuttora minacciato da questo Cassano. Magari un giorno il lughese attaccabrighe ce lo spiegherà.
Di Nicola Boeri abbiamo sentito ampiamente parlare nei mesi scorsi quando il direttore dell’Aise preso da una voglia di rinnovamento improvvisa (?) lo fece tornare dalla Russia, e gli affidò la direzione del centro analisi, che avevamo capito da tempo essere carente proprio in materia di analisi. Franco Bechis, ormai biografo ufficiale del reparto giovani del Sismi-Aise, non lo ha classificato tra gli uomini di fiducia del direttore. Ma i rapporti nell'intelligence si sa, sono come le storie d'amore. Bisogna accontentarsi di quello che si ha. Che magari è anche di più di quello che si potrebbe avere.

L'accoppiata Manenti-Boeri sarebbe stata la carta vincente giocata per la liberazione di Federico Motka. Evidentemente entrambi hanno buone entrature nell’intelligence turca che è solita gestire queste operazioni grazie agli ampi margini di flessibilità di cui si serve per intrattenere rapporti con gruppi dediti a questo tipo di redditizia attività. All’epoca non ci furono le strumentalizzazioni del caso, circa l’esoso riscatto pagato per il giovane italiano, così come si verificò all’indomani della liberazione delle due donzelle votate alla causa dei ribelli siriani. Operazione che sarebbe stata anche questa gestita da Boeri e che ci ha fatto guadagnare la fama di dispensatori di denari. Esaminando comunque la casistica degli ultimi dieci anni e più, si nota come, pur essendo il nostro Paese nel mirino dei rapitori , prevalga alla fine il numero dei rapimenti perpetrato dai non state actors. Soggetti quindi, al di fuori della galassia jihadista e dei quali è difficile analizzare intenzioni e reale capacità o volontà di premeditazione.
Considerazioni queste, che poco interessano ai politici.
E chiudiamo questo giro di Sismi-Aise boys anti-tortellino con due personaggi anch’essi invisi al senatore Cossiga secondo il quale, il generale Vito Damiano messo a capo del controspionaggio dopo la vicenda Abu Omar e successivamente sulle barricate, assieme al capo di gabinetto De Pinto e al generale Bonzano, per far calare il sipario sull’era Pollari, avrebbe intrattenuto rapporti con magistrati. Da una cabina telefonica situata all’interno di Forte Braschi. Che effettivamente è uno scenario classico per i nostri servizi. Probabilmente al senatore era piuttosto indigesto il mentore politico del generale, quando questi decise di mettersi al servizio della cittadinanza di Trapani, e che era il senatore D’Alì. Fece arrabbiare i trapanesi una presa di posizione del novello sindaco secondo il quale non bisogna parlare di mafia sennò le si dà troppa importanza. Posizione legittima da un punto di vista sbirresco, ma che poco senso ha, in una regione che ormai campa di antimafia e in una città come Trapani, sede di intrecci storici tra Gladio, massoneria e mafia.
Dell’ammiraglio di squadra (all'epoca di divisione) Michele De Pinto si sa poco e niente, se non che amava riorganizzare uomini e strutture a seconda delle proprie esigenze . E che apparteneva alla cordata Foffi-Branciforte.
*Come al solito il post è frutto di un lavoro di ricerca ed analisi su materiale reperito in rete.
Mi scuso con i soggetti citati per eventuali inesattezze.
Si può tentare di mascherarlo con un pò di rossetto definendolo picconatore, ma di certo il senatore Cossiga non passerà alla storia per correttezza ed educazione.
Nel dossier di Chiocci sono tornate a galla alcune figure che avevamo imparato a conoscere nel corso degli anni in seguito alle vicende giudiziarie relative al caso Telecom e Abu Omar .
Si tratta più che altro di nominativi che poco dicono al cittadino ordinario e che fanno parte, o lo sono stati, della galassia Sismi-Aise. Secondo quanto sostenuto dal dottor Mancini, in maniera molto poco diretta e attraverso testate giornalistiche ed interlocutori politici a lui vicini, ci sarebbero nell’agenzia funzionari che gli sono da sempre ostili e che hanno tentato di approfittarsi delle sue traversie in modo da allontanarlo dal servizio per poi ridisegnare la mappa gerarchica e i poteri occulti che la sostengono.
Il generale Giovanni Bonzano appartiene alla nidiata Piccirillo che si trasferì al Sismi dopo il servizio prestato nell’Arma. Servizio che lo vide reclamare in maniera decisa l’identità militare dei carabinieri. I discorsi che andavano di moda negli anni novanta sulla smilitarizzazione non lo entusiasmavano affatto. La vicenda a cui faceva riferimento il senatore Cossiga nell’interpellanza appartiene ad una delle tante strumentalizzazioni politiche dell’epoca. Il viaggio lampo del presidente Schifani ebbe luogo all’indomani di un attentato che colpì i militari italiani di stanza in Afghanistan. In Italia si ebbe notizia del disinnesco attorno alle dieci di sera. Evidentemente il presidente del senato ne fu messo al corrente dopo le verifiche del caso.
Tra l’altro il generale Bonzano nel 2011 sarebbe stato messo praticamente a riposo relegandolo agli archivi. Non sembrerebbe quindi il tipo descritto con parole tanto dure . Risulta essere consulente della commissione Moro.
La foto tratta dal giornale Gente, e conservata sul sito dell’università della Calabria, dovrebbe risalire al periodo 2006-2008, quando il prefetto Gabrielli venne chiamato a guidare il Sisde-Aisi.
Tra i primi a laurearsi al termine del primo corso di master in intelligence, ci fu l’allora tenente colonnello del Ros Valerio Giardina. Quando si sparse la voce che Marco Mancini stava per dare l’addio alla sede di Vienna per tornare in Italia, una giornalista calabrese, che chiacchiere di politici locali almeno all’epoca davano come molto vicina al colonnello, fu tra i primi a darne notizia su una testata con la quale collaborava. Coincidenze che a noi donne non sfuggono.
“Tale Cassano” come indicato nei verbali di Ravenna, dovrebbe essere quel Giuseppe Cassano che, in vista dell’addio forzato del generale Pollari all’indomani della bufera Abu Omar, fu messo a guardia del forziere dei segreti dei servizi in qualità di dirigente della sicurezza generale. Più che per blindare passato e futuro all’interno del Sismi, come scrissero i giornali a proposito delle nomine a raffica, forse la mossa era soprattutto tesa a proteggere l'esecutivo. Con il senno di poi, non sarebbe sbagliato affermare che un po’ tutti i governi che si ritrovarono quel Sismi in organico, erano succubi dell’agenzia e del suo direttore. Andarsene all’improvviso equivaleva a lasciare non solo loro, ma anche la sicurezza nazionale allo sbando. Difficile capire come e perché il dottor Mancini si sentisse o si senta tuttora minacciato da questo Cassano. Magari un giorno il lughese attaccabrighe ce lo spiegherà.
Di Nicola Boeri abbiamo sentito ampiamente parlare nei mesi scorsi quando il direttore dell’Aise preso da una voglia di rinnovamento improvvisa (?) lo fece tornare dalla Russia, e gli affidò la direzione del centro analisi, che avevamo capito da tempo essere carente proprio in materia di analisi. Franco Bechis, ormai biografo ufficiale del reparto giovani del Sismi-Aise, non lo ha classificato tra gli uomini di fiducia del direttore. Ma i rapporti nell'intelligence si sa, sono come le storie d'amore. Bisogna accontentarsi di quello che si ha. Che magari è anche di più di quello che si potrebbe avere.


E chiudiamo questo giro di Sismi-Aise boys anti-tortellino con due personaggi anch’essi invisi al senatore Cossiga secondo il quale, il generale Vito Damiano messo a capo del controspionaggio dopo la vicenda Abu Omar e successivamente sulle barricate, assieme al capo di gabinetto De Pinto e al generale Bonzano, per far calare il sipario sull’era Pollari, avrebbe intrattenuto rapporti con magistrati. Da una cabina telefonica situata all’interno di Forte Braschi. Che effettivamente è uno scenario classico per i nostri servizi. Probabilmente al senatore era piuttosto indigesto il mentore politico del generale, quando questi decise di mettersi al servizio della cittadinanza di Trapani, e che era il senatore D’Alì. Fece arrabbiare i trapanesi una presa di posizione del novello sindaco secondo il quale non bisogna parlare di mafia sennò le si dà troppa importanza. Posizione legittima da un punto di vista sbirresco, ma che poco senso ha, in una regione che ormai campa di antimafia e in una città come Trapani, sede di intrecci storici tra Gladio, massoneria e mafia.
Dell’ammiraglio di squadra (all'epoca di divisione) Michele De Pinto si sa poco e niente, se non che amava riorganizzare uomini e strutture a seconda delle proprie esigenze . E che apparteneva alla cordata Foffi-Branciforte.
*Come al solito il post è frutto di un lavoro di ricerca ed analisi su materiale reperito in rete.
Mi scuso con i soggetti citati per eventuali inesattezze.
sabato 23 luglio 2016
Alla ricerca del Pokemon Go giusto
«Progettato prima che arrivasse Pollari»
Aggiunse che qualche servizio era stato fatto, a suo tempo, da parte del personale di un'altra articolazione». Cosa intende? Quindi qualche servizio è stato fatto nel periodo antecedente a quello della direzione di Nicolò Pollari? «Sì, credo subito dopo i fatti dell'undici settembre 2001, e quindi prima del suo insediamento».
Nel libro di Gabriele Polo "Il mese più lungo", l'autore a pagina 41 fa riferimento a confidenze fatte da Calipari alla moglie, circa l'affidabilità di alcuni suoi uomini definiti "cowboy" e che avrebbero avuto in qualche modo a che fare con il sequestro Abu Omar». iltempo
Prossimamente verrà data la colpa ai Pokemon Go.
Speriamo almeno che questa vicenda sia servita di monito ai servizi che spesso e volentieri tengono "nascosti" alle forze dell'ordine i soggetti attenzionati. L'information sharing serve anche a cautelarsi contro sospetti e accuse di malefatte.
Sul prima dell'era Pollari bisogna chiarire una cosa che Chiocci ha reso in maniera molto giornalistica e può indurre in confusione.
Se è vero quanto comunicato dal precedente capo della polizia alla procura albanese, circa il fatto che l'ingresso nel Paese dell'imsi catcher, avvenuto lo scorso Marzo per mano di un poliziotto italiano nonostante lo strumento sia illegale in Albania, era comunque legittimo in virtù di accordi stretti nel lontano 1987, allora è logico pensare che l'operazione Abu Omar sia il frutto di convenzioni siglate magari dal governo D'Alema, ma applicate anche in seguito. Tutti i governi hanno rinnovato il segreto di stato perchè nessuno vuole entrare in rotta di collisione con l'amministrazione americana a meno che non sia strettamente necessario.
Lo ribadisco in caso qualcuno non abbia capito perchè la famiglia Lo Porto viene trattata come cittadinanza di serie B.
Poi, sulle presunte confidenze del dottor Calipari, che mi pare furono ampiamente smentite dopo il polverone creato, non farei tanto affidamento sulle parole di un uomo certamente di valore ma conosciuto, almeno secondo alcuni resoconti stampa, anche per il carattere difficile che lo avrebbe portato via dalla polizia e gli avrebbe impedito di iniziare un percorso sereno all'interno del Sismi.
Se non ricordo male inoltre, il generale Pollari parlò di cowboys all'inizio della lunga vicenda e tutti intesero le sue parole come un riferimento alla squadra Mancini.
Non dimentichiamo tra l'altro le intercettazioni telefoniche e la mezza esca tesa al generale Pignero dal dottor Mancini. Sembrava che tutti sapessero e fossero stati in un certo senso parte dell'operazione.
Anche a volere dare per buona la storia della seconda squadra, rimane l'interrogativo su chi si recò ad Aviano per controllare che la partenza si svolgesse in maniera regolare e che Abu Omar lasciasse l'Italia da vivo. Dubito che John Rizzo non abbia inquadrato anche questo aspetto della questione. Tutto quello che la Cia faceva o fa in materia di rendition ed extrajudicial killings è al limite del legale. Ma Rizzo era un mago. Rendeva il tutto legale. O per lo meno faceva in modo che sembrasse così.
Io piuttosto avrei impostato la difesa su un ordine generico di pedinamento i cui dati furono girati alla Cia.
Per sostenere una simile tesi però, bisogna accettare il fatto che il direttore del Sismi non solo era consapevole ma parte attiva dell'operazione. Sennò che direttore è ?
Ragionamento questo, che dividerebbe gli imputati.
E per un certo periodo questa divisione pareva esserci.
Ora però sembrano essere ricompattati in difesa.
Non so quanto convenga veramente e a chi.
Aggiunse che qualche servizio era stato fatto, a suo tempo, da parte del personale di un'altra articolazione». Cosa intende? Quindi qualche servizio è stato fatto nel periodo antecedente a quello della direzione di Nicolò Pollari? «Sì, credo subito dopo i fatti dell'undici settembre 2001, e quindi prima del suo insediamento».
Nel libro di Gabriele Polo "Il mese più lungo", l'autore a pagina 41 fa riferimento a confidenze fatte da Calipari alla moglie, circa l'affidabilità di alcuni suoi uomini definiti "cowboy" e che avrebbero avuto in qualche modo a che fare con il sequestro Abu Omar». iltempo
Prossimamente verrà data la colpa ai Pokemon Go.
Speriamo almeno che questa vicenda sia servita di monito ai servizi che spesso e volentieri tengono "nascosti" alle forze dell'ordine i soggetti attenzionati. L'information sharing serve anche a cautelarsi contro sospetti e accuse di malefatte.
Sul prima dell'era Pollari bisogna chiarire una cosa che Chiocci ha reso in maniera molto giornalistica e può indurre in confusione.
Se è vero quanto comunicato dal precedente capo della polizia alla procura albanese, circa il fatto che l'ingresso nel Paese dell'imsi catcher, avvenuto lo scorso Marzo per mano di un poliziotto italiano nonostante lo strumento sia illegale in Albania, era comunque legittimo in virtù di accordi stretti nel lontano 1987, allora è logico pensare che l'operazione Abu Omar sia il frutto di convenzioni siglate magari dal governo D'Alema, ma applicate anche in seguito. Tutti i governi hanno rinnovato il segreto di stato perchè nessuno vuole entrare in rotta di collisione con l'amministrazione americana a meno che non sia strettamente necessario.
Lo ribadisco in caso qualcuno non abbia capito perchè la famiglia Lo Porto viene trattata come cittadinanza di serie B.
Poi, sulle presunte confidenze del dottor Calipari, che mi pare furono ampiamente smentite dopo il polverone creato, non farei tanto affidamento sulle parole di un uomo certamente di valore ma conosciuto, almeno secondo alcuni resoconti stampa, anche per il carattere difficile che lo avrebbe portato via dalla polizia e gli avrebbe impedito di iniziare un percorso sereno all'interno del Sismi.
Se non ricordo male inoltre, il generale Pollari parlò di cowboys all'inizio della lunga vicenda e tutti intesero le sue parole come un riferimento alla squadra Mancini.
Non dimentichiamo tra l'altro le intercettazioni telefoniche e la mezza esca tesa al generale Pignero dal dottor Mancini. Sembrava che tutti sapessero e fossero stati in un certo senso parte dell'operazione.
Anche a volere dare per buona la storia della seconda squadra, rimane l'interrogativo su chi si recò ad Aviano per controllare che la partenza si svolgesse in maniera regolare e che Abu Omar lasciasse l'Italia da vivo. Dubito che John Rizzo non abbia inquadrato anche questo aspetto della questione. Tutto quello che la Cia faceva o fa in materia di rendition ed extrajudicial killings è al limite del legale. Ma Rizzo era un mago. Rendeva il tutto legale. O per lo meno faceva in modo che sembrasse così.
Io piuttosto avrei impostato la difesa su un ordine generico di pedinamento i cui dati furono girati alla Cia.
Per sostenere una simile tesi però, bisogna accettare il fatto che il direttore del Sismi non solo era consapevole ma parte attiva dell'operazione. Sennò che direttore è ?
Ragionamento questo, che dividerebbe gli imputati.
E per un certo periodo questa divisione pareva esserci.
Ora però sembrano essere ricompattati in difesa.
Non so quanto convenga veramente e a chi.
venerdì 22 luglio 2016
Quelli che volevano fare dimagrire Mancini e le riaperture che non erano
Sto leggendo la seconda puntata e mi ha colpito questa espressione più che altro usata nei film o da sbirri in carriera.Ti facciamo secco.
Che detto a uno che di solito se la spassa tra ristoranti e alberghi, è più una sfida che una minaccia.
J/k
Figurarsi se Barbacetto non ci metteva il becco.
A proposito del fatto che la denuncia sulle presunte minacce è stata presentata a Ravenna, elemento sul quale poneva l'accento anche Chiocci ieri, ricordiamo che il dottor Mancini evidentemente mantiene da sempre quella residenza, tant'è che sia l'esposto contro il pubblico ministero Spataro di cui fu incaricato l'avvocato De Miranda, che la richiesta di protezione per se e per la famiglia, di cui si occupò l'allora prefetto Della Rocca, furono inoltrati alle autorità competenti della cittadina romagnola.
Per quanto riguarda le presunte minacce di morte, forse il dottor Mancini aveva qualche dubbio a presentare denuncia a Roma visto che i soggetti che non lo hanno molto in simpatia sembrerebbero gravitare in quell'area o avere collegamenti, se è vero che apparterrebbero ai servizi.
Prima di fare considerazioni sul procuratore di Ravenna, sarebbe bene informarsi.
Hanno inventato Google apposta.
Alessandro Mancini è persona preparata e brillante, e dal modo che ha di porsi, anche molto più strutturato del fratello. Sa benissimo che una eventuale riapertura dell'inchiesta su Abu Omar, dopo quella di Ravenna, sarebbe viziata da certi sospetti.
Riapertura che non credo possa esserci. Non in questi termini.
Come si fa a prendere in considerazione una lettera del presidente del consiglio basata sulla testimonianza non ufficiale e non fatta sotto giuramento, di una fantomatica fonte americana che non vuole presentarsi all'appello ?
Last but not least.
Mancini non finirà mai di stupirmi.
Non capisco come faccia a fidarsi così tanto (almeno questa è l'impressione) del generale Pollari e del prefetto Scarpis.
A proposito di linguaggio sbirresco, è curioso, ripescando nel passato del prefetto Scarpis, rilevare un suo violento sfogo pubblico contro Saviano, le cui dichiarazioni circa la presenza dei casalesi a Parma, egli definì "sparate".
Forse per quello è stato spedito ai servizi. In fondo gli è andata meglio che a Pisani.
Che detto a uno che di solito se la spassa tra ristoranti e alberghi, è più una sfida che una minaccia.
J/k
Figurarsi se Barbacetto non ci metteva il becco.
A proposito del fatto che la denuncia sulle presunte minacce è stata presentata a Ravenna, elemento sul quale poneva l'accento anche Chiocci ieri, ricordiamo che il dottor Mancini evidentemente mantiene da sempre quella residenza, tant'è che sia l'esposto contro il pubblico ministero Spataro di cui fu incaricato l'avvocato De Miranda, che la richiesta di protezione per se e per la famiglia, di cui si occupò l'allora prefetto Della Rocca, furono inoltrati alle autorità competenti della cittadina romagnola.
Per quanto riguarda le presunte minacce di morte, forse il dottor Mancini aveva qualche dubbio a presentare denuncia a Roma visto che i soggetti che non lo hanno molto in simpatia sembrerebbero gravitare in quell'area o avere collegamenti, se è vero che apparterrebbero ai servizi.
Prima di fare considerazioni sul procuratore di Ravenna, sarebbe bene informarsi.
Hanno inventato Google apposta.
Alessandro Mancini è persona preparata e brillante, e dal modo che ha di porsi, anche molto più strutturato del fratello. Sa benissimo che una eventuale riapertura dell'inchiesta su Abu Omar, dopo quella di Ravenna, sarebbe viziata da certi sospetti.
Riapertura che non credo possa esserci. Non in questi termini.
Come si fa a prendere in considerazione una lettera del presidente del consiglio basata sulla testimonianza non ufficiale e non fatta sotto giuramento, di una fantomatica fonte americana che non vuole presentarsi all'appello ?
Last but not least.
Mancini non finirà mai di stupirmi.
Non capisco come faccia a fidarsi così tanto (almeno questa è l'impressione) del generale Pollari e del prefetto Scarpis.
A proposito di linguaggio sbirresco, è curioso, ripescando nel passato del prefetto Scarpis, rilevare un suo violento sfogo pubblico contro Saviano, le cui dichiarazioni circa la presenza dei casalesi a Parma, egli definì "sparate".
Forse per quello è stato spedito ai servizi. In fondo gli è andata meglio che a Pisani.
giovedì 21 luglio 2016
Alberto il dirottatore
Il resoconto di Chiocci sul filone ravennate della storia, che in qualche modo fa da cornice alla vicenda di Abu Omar, è la versione pollariana della difesa, che ancora tende a non recidere l'asse con quella manciniana.
In attesa della seconda puntata, mi limito a dire per il momento che l'immagine del generale Manenti il quale, avendo sniffato puzza di bufala dopo aver ascoltato la storia del "cittadino straniero", spedisce Di Troia da Scarpis, è la sintesi di Abu Omar, dei servizi e dell'Italia che va.
Ed è anche la prova che, a parte lui, di teste pensanti e gente al servizio dello stato, là dentro forse non ce ne sono tantissime.
In attesa della seconda puntata, mi limito a dire per il momento che l'immagine del generale Manenti il quale, avendo sniffato puzza di bufala dopo aver ascoltato la storia del "cittadino straniero", spedisce Di Troia da Scarpis, è la sintesi di Abu Omar, dei servizi e dell'Italia che va.
Ed è anche la prova che, a parte lui, di teste pensanti e gente al servizio dello stato, là dentro forse non ce ne sono tantissime.
lunedì 18 luglio 2016
Remarkable fact
On Friday her Italian lawyer launched a last-ditch appeal against the validity of the extradition, citing the unlawful imposition of state secret restrictions on evidence in the trial phase and the remarkable fact that Abu Omar had spoken out in support of the former agent, saying she had been made "a scapegoat" for a rendition programme that she had since criticised.
Meanwhile, the Portuguese media has reported that a deal may have been struck between Italy and Portugal in which the terms of Ms De Sousa's extradition could depend on the delivery in the opposite direction of an alleged Russian spy, held in Rome in May after being caught allegedly buying Nato secrets from a Portuguese intelligence officer. The Russian is said to be resisting extradition to Portugal.
BBC 13 July
Veramente ero convinta che l'intera operazione sulla spia portoghese fosse legata al triangolo Russia-Usa-Italia per regolare la questione siriana.
Alla fine i portoghesi l'hanno usata per la De Sousa.
Nessuno dall'Italia l'ha mai cercata e nessuno la vuole adesso.
Il pasticcio, cioè l'arresto dovuto, è stato causato da un eccesso di zelo portoghese.
Un Paese dove le norme vengono rispettate. Pare strano.
Se l'appello dell'avvocato Bolognesi verrà accolto, poi qui da noi si troverà un modo, al di là della grazia, di liberarsene. In Italia le norme sono soggette ad interpretazione a seconda dei frangenti e dei personaggi coinvolti. Gli eccessi non sono graditi.
Da notare comunque la cura dell'immagine da parte della signora De Sousa.
Si fa ritrarre sempre in posa dimessa .
Poi dice che era a libro paga degli americani solo per fare da traduttrice.
Il dottor Mancini invece si presentava in tribunale sempre bello abbronzato e con i riccioli rifatti.
Per non parlare del vestito e dell'aria insofferente.
Per forza che certa stampa lo ha descritto come un mostro di cattiveria.
Quelli del Sismi sono antichi.
Chissà se tortellino gioca a Pokemon Go.
Magari cade un'altra volta mentre segue una pista verso il bagno e riperde la memoria.
E dai che scherzo. Ormai mi sono affezionata al personaggio che ne ho costruito.
Chissà come è invece in realtà.
Meanwhile, the Portuguese media has reported that a deal may have been struck between Italy and Portugal in which the terms of Ms De Sousa's extradition could depend on the delivery in the opposite direction of an alleged Russian spy, held in Rome in May after being caught allegedly buying Nato secrets from a Portuguese intelligence officer. The Russian is said to be resisting extradition to Portugal.
BBC 13 July
Veramente ero convinta che l'intera operazione sulla spia portoghese fosse legata al triangolo Russia-Usa-Italia per regolare la questione siriana.
Alla fine i portoghesi l'hanno usata per la De Sousa.
Nessuno dall'Italia l'ha mai cercata e nessuno la vuole adesso.
Il pasticcio, cioè l'arresto dovuto, è stato causato da un eccesso di zelo portoghese.
Un Paese dove le norme vengono rispettate. Pare strano.
Se l'appello dell'avvocato Bolognesi verrà accolto, poi qui da noi si troverà un modo, al di là della grazia, di liberarsene. In Italia le norme sono soggette ad interpretazione a seconda dei frangenti e dei personaggi coinvolti. Gli eccessi non sono graditi.
Da notare comunque la cura dell'immagine da parte della signora De Sousa.
Si fa ritrarre sempre in posa dimessa .
Poi dice che era a libro paga degli americani solo per fare da traduttrice.
Il dottor Mancini invece si presentava in tribunale sempre bello abbronzato e con i riccioli rifatti.
Per non parlare del vestito e dell'aria insofferente.
Per forza che certa stampa lo ha descritto come un mostro di cattiveria.
Quelli del Sismi sono antichi.
Chissà se tortellino gioca a Pokemon Go.
Magari cade un'altra volta mentre segue una pista verso il bagno e riperde la memoria.
E dai che scherzo. Ormai mi sono affezionata al personaggio che ne ho costruito.
Chissà come è invece in realtà.
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