Il presbiterio e tutta la comunità diocesana “accolgono con sofferenza e, allo stesso tempo, con rispetto la libera decisione di David e Samuele – prosegue mons. Cancian -. Grati per il servizio svolto, preghiamo perché possano vivere serenamente la loro appartenenza ecclesiale, radicata nel Battesimo”. agensirQuel giorno il parroco era in giro nel mio quartiere per le benedizioni pasquali. Allora non si seguiva un calendario preciso. Delle volte finivano anche in Giugno. Oggi si fanno su prenotazione.
Era un uomo del nord. Un veneto. Ce lo avevano mandato, avevamo pensato, perché aveva un modo di fare a metà tra l'autoritario e il bigotto che a noi del sud in fondo va anche bene.
Stavamo chiacchierando in farmacia quando arrivò la notizia. Senza internet e facebook, i telegiornali viaggiavano dal tinello di casa alla strada nel giro di poco tempo.
Don Gino iniziò ad agitarsi e a gesticolare. Urlò che gli avevano sparato per le parole forti che nelle ultime settimane aveva usato contro il divorzio. Si mise in macchina per tornare in parrocchia.
A poco più di dieci anni, poco capivo di matrimonio. Figurarsi di divorzio.
Un Papa poi, me lo figuravo come una persona amata da tutti. Anche da non cattolici.
Quindi sul momento non ci ho capito granchè. Nemmeno quando cominciò la maratona dei telegiornali.
Ero comunque contenta che avesse già benedetto la nostra casa. Sennò chissà quando sarebbe tornato.
A quei tempi la benedizione pasquale era uno stress per l'attesa e i preparativi.
Per settimane mamma e papà discutevano sulla cifra da mettere nella busta.
E dovevamo essere ben vestiti e pronti a recitare le preghiere.
Per questo motivo la gente complicata la mandano al sud. Siamo abituati a vivere con l'ansia.
Io credo che in generale, e con il passare del tempo, le grandi tragedie costituiscono una opportunità di riflessione. Lo abbiamo fatto noi musulmani dopo il 9 11.
Mi auguro di cuore che lo facciano i cattolici quando si presenta l'occasione.
Dalla riflessione può nascere il dialogo.