venerdì 9 settembre 2016

Chains

Per evitare ulteriori gaffe o i classici scivoloni sulla buccia di banana, è stata emanata la circolare che limita in parte l’uso dei social network: gli agenti saranno controllati dai funzionari, che a loro volta saranno controllati dai dirigenti. In questa sorta di catena di sant’Antonio però chi controlla il controllore? techpoint

La questione non è chi controlla il controllore, ma se c’è qualcuno in grado di controllare.

Il problema principale è la snaturalizzazione che è stata fatta della polizia postale.
Un comparto che in altri Paesi svolge compiti di natura essenzialmente tecnica.
Quindi da un lato i poliziotti vengono addestrati in maniera appropriata e dall’altro sfuggono alle luci della telecamera. Oppure si ricorre a dei tecnici.
Da noi invece, si tende ad esagerare il ruolo della postale, sottraendo così alle proprie responsabilità genitori ed educatori e sminuendo lo spessore di altri comparti che di per se, con un minimo di addestramento complementare, sarebbero in grado di contrastare i fenomeni criminali nella loro evoluzione digitale, come e meglio di quanto facevano prima. Invece si ritrovano ad elemosinare fondi e uomini che spetterebbero loro di diritto. Alla fine alla stessa polizia delle comunicazioni nemmeno si fornisce una preparazione adeguata. Pochi sono gli specialisti a disposizione, almeno da quello che è dato comprendere in mezzo al mare magnum della propaganda mediatica messa in campo. Va da se che, allo stesso modo in cui vengono esaltati nelle grandi occasioni, quando invece succede un patatrac sono denigrati.

A volersi attenere alla sostanza, alla signora Cucchi sarebbe bastato spiegare, ma non era il caso di continuare a dare tanta importanza alla vicenda e alla persona, che Ceccaroli nella sua esperienza in polizia scientifica, ha visto cadaveri mal messi anche più, di quello di suo fratello, e che è difficile pensare che possa aver voluto scherzare su una questione del genere, per di più in maniera cattiva. Probabilmente segue certe ideologie politiche, ma finchè non influiscono sul suo lavoro sono fatti suoi. E i social, come quasi tutti in polizia, a parte Cervellini che però ci lavora dentro e ha una specializzazione in comunicazione efficace quindi non conta, non li sa usare.
Che non è così strano, come qualche opinionista in rete invece crede, per il semplice fatto che la polizia delle comunicazioni è un grande fenomeno in cerca di identità. L’unica cosa certa è che, con il loro lavoro i poliziotti della postale, devono supportare il governo e le lobby politiche e le aziende di riferimento. Per il resto ognuno si arrangia come può.

Per quanto riguarda il dottor Di Legami, di cui ho massima stima, tanto per tranquillizzare qualche suo collaboratore affezionato che mal potrebbe interpretare l’ironia di cui spesso amo farlo bersaglio, francamente non ho capito perché ha inviato una circolare dopo un mese e in quei termini.
Cioè in modo che non si capisse di che parlava, quando poi alla fine si è capito benissimo.
Confusione nella confusione.
Visto che la polizia postale è potenziale strumento di controversie politiche e finanziarie ad alto livello, dovrebbe immaginarsi che anche un suo sms può cadere nelle mani sbagliate per essere usato a seconda delle necessità. Figurarsi una circolare interna. Inoltre, la definizione di blogger, ormai usurata, a mio parere poco si adatta al soggetto. In origine blogger era simbolo di approfondimento ed analisi in funzione di valutazioni indipendenti. Cosa che nel mio piccolo ho la pretesa di fare.
Non so se lo stesso possa essere detto della signora in questione.

Tanto per ripetermi, il problema è di carattere generale e riguarda il livello culturale della base della polizia di stato che lascia molto a desiderare. E poi c’è l’incultura digitale che è propria di noi italiani. Fatto è che un poliziotto, come ricordava il prefetto Serra, certe cose non le dovrebbe nemmeno pensare. Però se si fa una obiezione del genere, i sindacati saltano sulle barricate. Allora bisognerebbe fare almeno come gli americani. Dare delle linee guida e insegnare a tutti, anche a quelli della postale, che ogni spazio su internet ha tempi e funzionalità proprie.
E che, anche quando si calibra il profilo social su un livello massimo di privacy, si rimane esposti alle reazioni e alle strumentalizzazioni di persone che sono parenti e amici, ma che non sono obbligati a condividere le nostre idee. E quindi  esercitano il diritto, più o meno legittimo, di usarle o ribattere come vogliono. La valutazione del rischio dovrebbe essere parte del corredo genetico di ogni poliziotto. Sarebbe bene usarla in ogni frangente della vita. Anche in rete.

In sintesi, quello che volevo dire, è che ieri sera prima di addormentarmi ho dato una controllata al sito della polizia e ho visto Roberto Sgalla che sorrideva come fosse Wanda Osiris.
Di Legami al solito non ha avuto diritto alla foto ed era relegato tra gli “inoltre” presenti.
Ma non credo gli interessi più di tanto. Lui bada al sodo.

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