domenica 1 maggio 2016

Storie non di tutti i giorni vent’anni dopo

“un soggetto influenzabile che sembrava riferire cose non vissute, entrava in contraddizione, a una prima escussione non ci convinse per niente. Poi io non seguii più la vicenda”. Del verbale, però, non c’è alcuna traccia, nonostante Di Legami sia sicuro di aver documentato il colloquio. “De Michele – specifica il poliziotto – parlò di alcuni uomini vestiti in tuta bianca immacolata come se non fossero davvero operai ma una presenza formale che poteva aprire a scenari inquietanti, tuttavia non trovammo la genuinità di chi racconta una storia per averla vissuta”. antimafiaduemila marzo 2015

Ci sarebbe un altro verbale mancante, sempre secondo una delle versioni offerte da De Michele, che addirittura non sarebbe affatto stato redatto. Si tratterebbe del resoconto di alcune dichiarazioni rese in seguito a convocazione negli uffici della Dia a Settembre del 2013, ad un magistrato e ad un poliziotto. Circostanza questa che secondo lo stesso, sarebbe confermata dalla registrazione della sua presenza nei locali della direzione antimafia. Però nemmeno i pubblici ministeri di Caltanissetta erano a conoscenza di tale episodio. Secondo De Michele comunque, nulla gli fu chiesto in relazione ad un eventuale ruolo di Genchi e al suo rapporto con lui.
La presenza del furgone o dei furgoni a seconda delle versioni, va inquadrata anche nell’ottica del solito scontro tra procure a proposito del coinvolgimento o meno di soggetti esterni alla mafia nella strage di Capaci.

Che non si trattasse effettivamente di operai, pare confermato dall’assenza in zona quel giorno, non solo di furgoni della Sip, ma anche di altre aziende di quel genere. Se il dottor Di Legami ha riferito quella che fu la sua prima impressione sulla storia raccontata dall’agente De Michele, non viziata quindi dal ricordo di risvolti concomitanti o successivi, essa oltre che dalla sensazione che l’uomo non stava fornendo un resoconto genuino, deve essere stata corroborata anche dal convincimento che, messo a confronto con la versione di Naselli Flores, non c’erano evidentemente le basi per orientare le indagini in quella direzione.

La rivelazione, fatta a distanza di vent’anni, di presunte minacce ricevute da Gioacchino Genchi, che è stato a tal proposito indagato e prosciolto dall’accusa di minaccia aggravata e favoreggiamento, porta a pensare che, se l’intero racconto di De Michele è effettivamente frutto di fantasia come sembrerebbe, le ragioni che si celano dietro la sua genesi potrebbero essere di natura differente. E’ possibile, come sostiene Genchi, che la tempistica dell’ultima dichiarazione non sia casuale, visto che fino ad un paio di anni fa lui era impegnato con il ricorso al Tar di Palermo per il reintegro in polizia (procedimento poi andato a buon fine), e che quindi le dichiarazioni di De Michele siano state in un certo senso influenzate. Oppure, data la personalità controversa dell’accusatore, si è trattato di una mossa originariamente concepita per iniziativa personale magari al fine di accreditarsi presso i superiori, e per la quale però nel corso degli anni, soprattutto quando i verbali resi sono stati tirati fuori all’improvviso, si è reso necessario un aggiustamento nel timore di venire accusato a sua volta, come poi è accaduto. Un depistaggio fine a se stesso.
Fatto sta che, nel Paese in cui le dichiarazioni di un pentito ritenuto credibile possono essere prese per buone anche senza riscontri (l’episodio delle millantate dazioni di denaro al dottor Pisani è un classico) e il tanto celebrato concorso esterno non ha contorni univocamente definiti da una norma specifica, come sottolineato dal giudice che ha assolto Ciancio Sanfilippo, c’è da avere paura.

Sul fronte Borsellino quater, si preannuncia interessante almeno sulla carta, una serie di confronti incrociati che avranno luogo l’undici e il dodici maggio prossimi, tra i falsi pentiti Scarantino e Andriotta, e i funzionari di polizia che li seguirono, Ricciardi e Bo.
Verrano sentite anche la dottoressa Palma e l’ex-moglie di Scarantino.
Purtroppo solo sulla carta, perché alla luce della sentenza che ha assolto, in maniera formale più che sostanziale visto che non c’erano estremi concreti per procedere, tutta la squadra di Arnaldo La Barbera, oltre alla confusione che alberga da sempre attorno alle loro dichiarazioni, Scarantino e Andriotta saranno pesantemente condizionati dal fatto che qualsiasi cosa diranno, questa sarà ovviamente passibile di azione giudiziaria.
C’è sempre speranza comunque che la verità venga a galla.
Rosalba Di Gregorio, che è donna di grande tenacia e cuore, magari riesce a tirare fuori qualcosa di concreto dalle testimonianze in programma.

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