lunedì 22 febbraio 2016

Vite a metà

E’ dall’hard disk del suo computer, sequestrato dopo la sua sparizione nel luglio scorso, che gli investigatori hanno tratteggiato un profilo ben diverso da quello della studentessa di quarta superiore integrata da dieci anni nella realtà italiana. I suoi segreti, le passioni tenute nascoste agli stessi genitori, affiorano dalla memoria del pc e raccontano di ore e ore trascorse da ‘sorella Rim, soldato dell’esercito informatico’, come si era ribattezzata sul web, davanti al video a controllare i siti che inneggiano alla jihad. Al punto da aver trovato, si sospetta, il canale giusto per progettare, farsi finanziare e attuare la sua trasformazione in foreign fighter. ansa

Più che fare riferimento ad una doppia vita bisognerebbe andare alla radice del problema delle persone che si costruiscono una esistenza parallela in ambiente virtuale ovvero il fatto di non condurre una vita soddisfacente.
E non c'è bisogno di fare di Meriem un alieno.

Il comportamento della ragazza padovana di origini marocchine si è rivelato simile a quello di qualsiasi altro suo coetaneo afflitto da problemi di solitudine, squilibri alimentari, autolesionismo.
Meriem era perfettamente integrata ma l'integrazione non è sintomo di felicità. E si può essere comunque felici o sereni pur avendo problemi.
Meriem ha fatto quello che fanno di solito i ragazzi. Si è costruita il suo spazio in un mondo parallelo dove finalmente si è sentita utile ed accettata come lei stessa ha spiegato ai genitori.
Un pò come quando ai tempi in cui internet non c'era, noi parlavamo con un amico immaginario o con il peluche.
Adesso pare essersi accorta dello scollamento tra i due mondi.

Dato per scontato che purtroppo si può contare poco sia sul governo che sulla scuola perchè mancano la volontà e le competenze, al solito la polizia rimane l'unica speranza.
Il dottor Di Legami ha parlato di recente di ampliamento delle tematiche portate all'attenzione delle scolaresche nel corso delle campagne di sensibilizzazione. Si tratta di un'ottima soluzione per i musulmani e per le seconde generazioni innanzitutto, perchè può fare capire loro che non devono comportarsi come se fossero una categoria a parte. Sono cittadini come tutti gli altri che non vanno criminalizzati ma che devono anche prendersi le proprie responsabilità e il loro spazio nella società.
Parlare delle problematiche che li riguardano in un consesso misto fatto di insegnanti, allievi e genitori aiuterebbe anche i non musulmani a non avere paura del diverso e a venirgli incontro. C'è un serio problema di bullismo che colpisce le minoranze etniche e religiose dall'esterno ma che si sviluppa anche al suo interno. Spesso i figli di extracomunitari prendono di mira i coetanei la cui madre è italiana e non si è convertita all'Islam . E' un meccanismo simile a quello del bullismo di ritorno che vede accanirsi in America i bambini di colore contro i caucasici. Consapevoli del razzismo di cui per secoli è stata vittima la loro categoria, vedono nella possibilità di sottoporre a piccole angherie e violenze i loro compagni di scuola come una sorta di rivalsa. Per non parlare delle faide tra etnie diverse. Piccoli drammi trasferiti dalle terre dei loro genitori fin qui.
E poi c'è il problema Daesh che per adesso colpisce solo i musulmani ma che in un secondo tempo potrebbe coinvolgere tutti. Un progetto di stampo nazi-fascista che si nutre del disagio e sopravvive grazie alla violenza può attrarre qualsiasi tipologia di soggetto. La natura del rapporto che si instaura tra reclutatore-predicatore e potenziale foreign fighter o lupo solitario è dello stesso tipo di quello che c'è tra pedofilo e bambino e il processo di radicalizzazione è fatto di tappe molto simili a quello di grooming.
Se antiterrorismo e polizia postale unissero le forze mettendo in campo competenze ed esperienza maturate negli anni ne trarrebbe beneficio la comunità e ciò costituirebbe uno stimolo per il governo a fare di più .

Nessun commento:

Posta un commento