Se qualcuno, una sera d’inverno, vorra’ fare una passeggiata al quartiere Pilastro di Bologna e, percorrendo via Casini, raggiungera’ la parrocchia di Santa Caterina, arrivera’ all’incrocio con via Campana .
Dalla parte opposta della strada vedra’, avvolta nel freddo e nella neve, una stele .
Il silenzio del Pilastro, lo aiutera’ a sentire .
La stele del Pilastro chiede ancora : “Perche’ ?”
L'Italia della Uno Bianca, Giovanni Spinosa con
prefazione di M.Travaglio Ed. chiarelettere
Il 4 Gennaio del ’91, un Venerdi’, io ero ancora a casa per le vacanze natalizie .
Appresi la notizia da un telegiornale della notte .
La Domenica successiva feci ritorno a Bologna .
Il Lunedi’ non andai a lezione, ma feci un giro per il centro .
C’era un’atmosfera surreale, troppo silenziosa per una citta’ cosi’ caotica .
Arrivavano i primi carabinieri dal comando di strada Maggiore, ed erano diretti verso la chiesa .
Non tentai nemmeno di assistere ai funerali .
Me ne tornai al pensionato, dalle mie suorine, e accesi il televisore, in camera mia .
Guardai la cerimonia, non tanto con commozione, quanto un po’ stranita .
Al termine, quando i militari si preparavano a prendere in spalla le bare, inquadrarono un giovane carabiniere che stava fuori dalla chiesa, pronto con la mano sulla fronte, per il saluto .
Singhiozzava come un bambino, non riusciva a fermarsi .
Non dimentichero’ mai quel volto e quel momento .
Per la prima volta in vita mia, realizzai che quella divisa non era una corazza e che dentro c’era un essere umano come me .
Stamane, mentre iniziavo a sfogliare il testo sul bus, mi e' tornato alla mente quel pianto .
Qualche settimana dopo, andai al Pilastro e feci esattamente il percorso suggerito dal dott. Spinosa, ottimamente riprodotto in una tavola del libro .
Era freddo e buio, di quel freddo Emiliano che ti entra nelle ossa, e poco prima dell’ora di cena, non c’era nessuno .
C’era solo quel silenzio angosciante, circondato da palazzoni illuminati, che spingeva appunto a chiedersi perche’, senza trovare una risposta .
Tornai centinaia di volte in quei posti, camminando in lungo e in largo, cambiando traiettoria .
Cercai di immaginare cosa fosse esattamente accaduto, pensando a quanto quei ragazzi, di ritorno anche loro dalle festivita' in famiglia, avessero sofferto, a cosa stessero pensando durante la loro agonia .
Avevo l’autobus che ci andava direttamente, all’uscita dei laboratori di chimica, e spesso il Sabato mi recavo a messa .
Piano piano, dimenticando il terrore che quei luoghi potevano incutere per le leggende che la stampa ci aveva costruito attorno, iniziai a girare per il quartiere, nei negozi, al centro commerciale .
Mi resi conto che era una zona come un’altra, non solo piena di delinquenti come qualcuno voleva darci a intendere, con gente magari non ricca, ma piena di cuore .
C’e’ un Pilastro in tutte le citta’ d’Italia, e c’e’ un po’ di Pilastro in ciascuno di noi , con il silenzio che e’ a tratti squarciato da un grido, o dal pianto di un bambino .
Non sono mai riuscita a trovare una risposta convincente sul perche’ di quegli omicidi, anche se il processo a Medda e ai fratelli Santagata, fissava dei limiti ben precisi .
Decisi di seguire il dibattimento, perche' volevo la verita' .
Non si ammazzano tre carabinieri cosi'.
Non e' giusto .
Seguii tutta la fase precedente all'arresto dei Savi .
Poi spesso le udienze erano tenute alla Dozza, cosi' non andai piu' .
Ed ero onestamente confusa da tutto quel clamore .
Per cio' che avevo ascoltato io, quel processo era costruito su solide basi, con qualche falla, come ad esempio la testimone oculare, Simonetta Bersani .
A tratti non era credibile .
Pero' ero convinta, e lo sono tuttora, che quel processo costituisse un grosso solco .
E quindi, quando spunto' come un coniglio dal cilindro, la storia dei poliziotti Riminesi che scovarono i Savi, non capivo cosa stesse accadendo .
Terminati gli studi, dedicai la mia tesi a Mauro, Otello ed Andrea .
Allora era possibile scrivere una dedica solo sulla copia personale, ma credo che come segno d'affetto verso di loro, le loro famiglie, i carabinieri e i poliziotti che spesso erano in tribunale, i magistrati che indagarono, e tutti quelli che, con la loro dignitosa sofferenza e abnegazione, mi insegnarono a crescere, semplicemente osservandoli, valga lo stesso .
Nessun commento:
Posta un commento