venerdì 4 maggio 2012

Ancora sul Pilastro

Se qualcuno, una sera d’inverno, vorra’ fare una passeggiata al quartiere Pilastro di Bologna e, percorrendo via Casini, raggiungera’ la parrocchia di Santa Caterina, arrivera’ all’incrocio con via Campana . 


Dalla parte opposta della strada vedra’, avvolta nel freddo e nella neve, una stele . 


Il silenzio del Pilastro, lo aiutera’ a sentire . 
La stele del Pilastro chiede ancora : “Perche’ ?”  


L'Italia della Uno Bianca, Giovanni Spinosa con  
prefazione di M.Travaglio Ed. chiarelettere


Il 4 Gennaio del ’91, un Venerdi’, io ero ancora a casa per le vacanze natalizie .
Appresi la notizia da un telegiornale della notte .
La Domenica successiva feci ritorno a Bologna .
Il Lunedi’ non andai a lezione, ma feci un giro per il centro .

C’era un’atmosfera surreale, troppo silenziosa per una citta’ cosi’ caotica .
Arrivavano i primi carabinieri dal comando di strada Maggiore, ed erano diretti verso la chiesa .
Non tentai nemmeno di assistere ai funerali .
Me ne tornai al pensionato, dalle mie suorine, e accesi il televisore, in camera mia .
Guardai la cerimonia, non tanto con commozione, quanto un po’ stranita .
Al termine, quando i militari si preparavano a prendere in spalla le bare, inquadrarono un giovane carabiniere che stava fuori dalla chiesa, pronto con la mano sulla fronte, per il saluto .
Singhiozzava come un bambino, non riusciva a fermarsi .
Non dimentichero’ mai quel volto e quel momento .
Per la prima volta in vita mia, realizzai che quella divisa non era una corazza e che dentro c’era un essere umano come me .
Stamane, mentre iniziavo a sfogliare il testo sul bus, mi e' tornato alla mente quel pianto .

Qualche settimana dopo, andai al Pilastro e feci esattamente il percorso suggerito dal dott. Spinosa, ottimamente riprodotto in una tavola del libro .
Era freddo e buio, di quel freddo Emiliano che ti entra nelle ossa, e poco prima dell’ora di cena, non c’era nessuno .
C’era solo quel silenzio angosciante, circondato da palazzoni illuminati, che spingeva appunto a chiedersi perche’, senza trovare una risposta .
Tornai centinaia di volte in quei posti, camminando in lungo e in largo, cambiando traiettoria .
Cercai di immaginare cosa fosse esattamente accaduto, pensando a quanto quei ragazzi, di ritorno anche loro dalle festivita' in famiglia, avessero sofferto, a cosa stessero pensando durante la loro agonia .
Avevo l’autobus che ci andava direttamente, all’uscita dei laboratori di chimica, e spesso il Sabato mi recavo a messa .
Piano piano, dimenticando il terrore che quei luoghi potevano incutere per le leggende che la stampa ci aveva costruito attorno, iniziai a girare per il quartiere, nei negozi, al centro commerciale .
Mi resi conto che era una zona come un’altra, non solo piena di delinquenti come qualcuno voleva darci a intendere, con gente magari non ricca, ma piena di cuore .
C’e’ un Pilastro in tutte le citta’ d’Italia, e c’e’ un po’ di Pilastro in ciascuno di noi , con il silenzio che e’ a tratti squarciato da un grido, o dal pianto di un bambino .

Non sono mai riuscita a trovare una risposta convincente sul perche’ di quegli omicidi, anche se il processo a Medda e ai fratelli Santagata, fissava dei limiti ben precisi .
Decisi di seguire il dibattimento, perche' volevo la verita' .
Non si ammazzano tre carabinieri cosi'.
Non e' giusto .
Seguii tutta la fase precedente all'arresto dei Savi .
Poi spesso le udienze erano tenute alla Dozza, cosi' non andai piu' .
Ed ero onestamente confusa da tutto quel clamore .
Per cio' che avevo ascoltato io, quel processo era costruito su solide basi, con qualche falla, come ad esempio la testimone oculare, Simonetta Bersani .
A tratti non era credibile .
Pero' ero convinta, e lo sono tuttora, che quel processo costituisse un grosso solco .
E quindi, quando spunto' come un coniglio dal cilindro, la storia dei poliziotti Riminesi che scovarono i Savi, non capivo cosa stesse accadendo .

Terminati gli studi, dedicai la mia tesi a Mauro, Otello ed Andrea .
Allora era possibile scrivere una dedica solo sulla copia personale, ma credo che come segno d'affetto verso di loro, le loro famiglie, i carabinieri e i poliziotti che spesso erano in tribunale, i magistrati che indagarono, e tutti quelli che, con la loro dignitosa sofferenza e abnegazione, mi insegnarono a crescere, semplicemente osservandoli, valga lo stesso .

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