mercoledì 7 settembre 2016

Limitati

Un paradosso contenuto in un documento del 25 agosto, del direttore della Polizia Postale Roberto Di Legami, nel quale si chiede al personale di frequentare i social come diritto di ogni privato cittadino, ma di farlo senza dimenticare di essere poliziotti di una "specialità, che ricopre un ruolo importantissimo all’interno della sicurezza di questo Paese e da tempo rappresenta un sicuro punto di riferimento per gli utenti della rete". Una raccomandazione legittima visto il ruolo, inviata ai dirigenti del compartimento a cui si fa raccomandazione di vigilare, "perseguendo in maniera esemplare le condotte improprie". Una strigliata certo, ma con un obiettivo di fondo corretto. Un atto necessario, se si pensa ad alcuni episodi spiacevoli del passato. Uno, scrive Di Legami riguarda "un nostro dirigente, individuato come tale da altri utenti", il quale ha utilizzato "in perfetta buona fede espressioni che, mistificate e strumentalizzate da una blogger e dai suoi numerosi followers, hanno finito per suscitare enorme imbarazzo istituzionale".
repubblica bologna

Sembra che si faccia confusione tra notizie varie e spifferi.
E d'altra parte, visto l'approccio poco friendly da sempre tenuto dall'edizione locale di Repubblica nei confronti della polizia di stato, è difficile credere che abbiano fonti affidabili all'interno della Questura o dello stesso comparto della polizia postale.

Chiunque sia l'oggetto degli strali ai quali ormai il direttore della polizia postale ci ha abituati, bisognerebbe forse prendere il toro per le corna ed elaborare delle linee guida generali per tutti.
Oltre ovviamente ad educare i poliziotti alla netiquette.
Sennò tocca dare retta al buon Franco Maccari, che non perde occasione per vantare Marcello La Bella tra i suoi gioielli, secondo il quale la poliziotta di Ravenna che ha esternato sugli abusivi stava esercitando il proprio diritto ad esprimersi liberamente.

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