mercoledì 7 settembre 2016

Un Paese senza governo

Tocca dare ragione a Paolo Scaroni che in tempi non sospetti auspicava la suddivisione della Libia in macro-aree, come unica soluzione praticabile per risolvere la questione.
E invece abbiamo promesso ad Obama, che in seguito è intervenuto per via aerea servendosi al solito di una vecchia norma elaborata per far fronte ad al Qaeda, e che gli consente di bombardare qualsiasi entità che al di fuori del suolo americano costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale, senza ricorrere al voto del Congresso, che ci sarebbe stato un governo stabile a supportare i suoi sforzi. A oggi quel governo non c'è.
Ce ne è uno fantoccio, come ricordava in questi giorni a Tunisi Ali al Qatrani con la raffinatezza che lo contraddistingue, che non riesce a farsi governo, visto che pare essere espressione di interessi e fazioni tribali, e nemmeno a venire incontro ai bisogni della gente. Che non sono fatti solo di quattrini e petrolio, ma di servizi essenziali.
Se Haftar, che pretenderebbe il controllo del dicastero della difesa e millanta appoggi finanziari e tecnici da parte di Egitto e Russia, non può dichiararsi vincitore di questa fase di confronto attraverso i suoi emissari, di sicuro non ne esce a testa alta nemmeno l'Italia, che ha piazzato il suo governicchio, riconosciuto dal mondo ma non dai libici, e adesso non sa come uscire da un pantano che si porta appresso problematiche legate al terrorismo e all'immigrazione.

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