domenica 12 giugno 2016

Chiedilo a Scandone

Tra gli argomenti sui quali di solito la signora De Sousa e la sua squadra di difensori fanno leva dal loro trespolo social per attirare le simpatie del pubblico, c’è quello che gli appartenenti al Sismi non sarebbero in fondo mai andati in galera e sarebbero stati tratti in salvo dal segreto di stato.

Sul primo punto, rifacendosi alle cronache dell’epoca, si può facilmente obiettare che i nostri funzionari seppur non in maniera prolungata, il carcere se lo sono fatti eccome, e sono stati sottoposti anche ad una gogna mediatica eccessiva per gli standard di un’epoca in cui internet e i social non erano ancora un passaggio obbligato. Si sono anche presentati davanti alle varie corti giudicanti, anche se poi alla fine hanno fatto praticamente scena muta in virtù del segreto di stato. La signora De Sousa, che per anni non ha messo piede nei tribunali italiani a quanto pare per un vizio di forma e oggi si appella al Papa per combattere l’ingiustizia delle extraordinary rendition, in fondo viene alla ribalta solo perché per qualche motivo che sfugge alla logiche, ha posto in essere un viaggio che per forza di cose ha richiamato l’attenzione dei sistemi telematici portoghesi ed europei.

Per quanto riguarda il segreto di stato, spesso il clamore mediatico porta a dimenticare che esso copre gli interna corporis del Sismi e i rapporti che c’erano tra i servizi segreti e la Cia.
Quello che è probabilmente accaduto, e non è difficile crederlo visto che a tutt'oggi nelle inchieste italiane riemergono come fantasmi del passato i vari Krekar, mullah Fouad e Lounici che Abu Omar ben conosceva, è che Castelli ha portato le prove del coinvolgimento dell’egiziano in qualche complotto internazionale ai danni degli Stati Uniti chiedendo , visto il rischio posto alla sicurezza nazionale americana e in virtù degli accordi di collaborazione tra le due agenzie, l’aiuto del Sismi. Che è in fondo quello che accadde sempre nel 2003 quando gli americani, nel corso di una serie di sortite norvegesi cercarono di farsi consegnare il mullah Krekar anche in maniera legale , oltre che con un presunto piano di rendition di cui sarebbe stato a conoscenza un appartenente alle forze di polizia locali, riferendo di attentati in Iraq ai danni delle proprie truppe , nonostante non vi fosse nemmeno un ordine di estradizione a carico del curdo.

Aiuto che venne fornito non tanto quindi per portare a termine l’esecuzione materiale del sequestro, tant’è che Castelli per dare una parvenza di legalità al piano dovette fare ricorso ad un esterno in grado di esercitare le funzioni di polizia giudiziaria, ma per fornire dati sul soggetto attenzionato.
Se il dottor Mancini fosse stato meno loquace e più accorto nel corso delle comunicazioni telefoniche tenute con gli appartenenti allo snatch team di sponda italiana, se non avesse cioè dato prova di conoscere per filo e per segno i dettagli dell’operazione e i suoi contorni illegali, senza nemmeno appellarsi al segreto di stato avrebbe potuto rispondere ai magistrati di aver ubbidito ad un ordine superiore che gli chiedeva di fornire dati sui movimenti di un soggetto di interesse per gli alleati americani.
Il segreto di stato copre le responsabilità che probabilmente il direttore della prima divisione e i suoi si addossarono attraverso una sorta di concorso esterno. La lungimiranza della apposizione sta proprio in questo. Se il segreto avesse coperto il sequestro, allora la squadra del Sismi sarebbe rimasta fuori dal suo perimetro, così come è accaduto ad esempio per il colonnello Seno. Per quello sarebbe interessante sapere chi, da parte italiana, supervisionò la fase finale che si svolse ad Aviano.

Che è poi anche ciò che è probabilmente accaduto nel caso di Jihadi John e tanti altri, oggi che dalle rendition si è passati agli extra-judicial killings.
Se la famiglia del giustiziere inglese volesse fare causa al governo americano per averlo ucciso senza concedergli un giusto processo, potrebbe in linea teorica tirare in ballo anche il nostro apparato, visto che il presidente del consiglio ha incautamente dichiarato pubblicamente che le nostre forze di sicurezza hanno contribuito alla identificazione del soggetto. E quindi in maniera più o meno diretta, alla sua uccisione.

Low level un par de ciufoli

Alla signora De Sousa invece, a dispetto delle poche ma significative evidenze, parrebbe essere stata contestata proprio la partecipazione all’ideazione e al coordinamento dell’operazione.
Quindi più che sul segreto di stato libera tutti, dovrebbe recriminare essenzialmente sul mancato appoggio ricevuto dal proprio governo.
Si tratta di sottigliezze, ma nel contesto di un inferno al quale nessuno degli italiani, e per certi versi anche meritatamente visto che quel sequestro ha leso lo stato di diritto, si è potuto sottrarre, tecnicamente il dottor Mancini ha pienamente ragione. Lui non ha mai rapito nessuno.
Ci sarebbe una questione morale. Ma quella ormai rimane a carico delle coscienze individuali. Soprattutto di quelli che mandano ancora a dire che la Digos interruppe il pedinamento di Abu Omar per non prendere la multa.

Nessun commento:

Posta un commento