giovedì 28 aprile 2016

Futuro disintegrato

Visto che oggi non c’era Galzerano a gongolare, stavolta faccio io la bulla.

Negli interventi molto dettagliati e chiari del generale Governale e di Lamberto Giannini c’era un po’ di tutto quello che scrivo da parecchi mesi ormai. Daesh, così come in altre realtà, fa presa anche nel nostro Paese. E lo fa procedendo in maniera molto regolare e per certi versi scontata.
Se l’anno scorso ci trovavamo a commentare le vicissitudini di una famiglia costituita da etnie e percorsi di vita diversi, pronta a partire con il miraggio di un orticello e di un gattino in Siria, adesso portano anche i bambini. Bambini che inneggiano al martirio e che sono i terroristi di domani come ha sottolineato il comandante dei Ros.
Torna il fantasma di Oussama Kachia un po’ come in America aleggia da sempre quello di Anwar al Awlaki. Il direttore dell’antiterrorismo ha parlato di una escalation della radicalizzazione delle persone arrestate, tra cui anche il fratello, avvenuta nel nome di Oussama dopo la morte in Siria. Secondo il dottor Giannini uno degli arrestati era una persona con un futuro potenzialmente da integrato.
Questo è lo snodo che governo e ministero dell’interno continuano a sottovalutare se non ad ignorare.
Il lavoro di prevenzione fatto in termini di monitoraggio e sinergia tra forze dell’ordine, servizi di informazione e magistratura inquirente è un modello che funziona a pieno ritmo. Verrà purtroppo il giorno in cui, non sarà più sufficiente.
Significativo sotto questo punto di vista, è il dato dell'acquisizione come fonte di prova dell'appello di al Adnani trasmesso via internet e inviato su whattsap. Al di là della effettiva valenza ai fini della valutazione giudiziaria circa le intenzioni reali di organizzare un attentato , sulla quale giocheranno molto le difese, è indubbio che internet svolge un ruolo importante nella evoluzione del terrorismo di matrice fondamentalista moderno.
Questo è un concetto che in Italia i musulmani, a digiuno di cultura digitale come tutti, stentano a comprendere. E le operazioni come quella odierna vengono percepite come una sorta di persecuzione del ministro dell'Interno e delle forze di polizia nei confronti della comunità.
Se si volesse fare prevenzione vera, si dovrebbero mettere in atto campagne di sensibilizzazione mirate.
E anche se il numero di foreign fighter italiani, stando ai resoconti dell'audizione dinanzi al Copasir del prefetto Pansa, sembra in calo rispetto all'incremento mensile del dieci per cento citato dallo stesso capo della polizia lo scorso anno, si potrebbe già pensare ad utilizzare eventuali combattenti di ritorno come Meriem al Rehaily, di cui molto parlano i giornali nelle ultime settimane. Gilles De Kerchove ha proposto l'impiego dei foreign fighters che non si sono macchiati di crimini violenti in zona di guerra, per scoraggiare i potenziali jihadisti.
Sono tutte ipotesi da prendere in considerazione per non caricare di troppe responsabilità il comparto sicurezza che funziona egregiamente ma non può fare miracoli all'infinito.

Segnalo una pubblicazione molto interessante della Fondazione Italiani Europei sulla evoluzione geografico-temporale di Daesh. Al suo interno c'è l'ottimo contributo di Lorenzo Vidino che oltre ad inquadrare la realtà italiana, ricorda come nè ai nostri servizi nè alle forze dell'ordine siano mai sfuggiti i segni premonitori di quella che è la situazione attuale.

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