domenica 27 settembre 2015

Vigili

Noi non abbiamo indicazione di presenza di terroristi jihadisti nei flussi migratori: sappiamo che possono esserci, e talvolta ci sono, sul territorio dei paesi di origine, cointeressenze fra coloro i quali organizzano traffici di esseri umani e organizzazioni jihadiste. E' un traffico lucroso, importante dal punto di vista dei numeri personalmente troverei strano se cosi' non fosse. Anche da questo punto di vista possiamo dire di essere preoccupati, vigili ma non allarmisti.

Giampiero Massolo Assisi 25 settembre 2015

L’ampio e dettagliato quadro rappresentato dall’Ambasciatore Massolo evidentemente basato sul monitoraggio del fenomeno della migrazione e rapportato ai dati a disposizione circa l’evoluzione della guerra e del rischio terrorismo ad essa associato, risulta essere tanto più corrispondente alla realtà se lo riferiamo a quelle che sono attualmente le esigenze di carattere pratico e logistico di Daesh.

Le possibilità che tra i rifugiati vi siano terroristi sono in egual numero rispetto a quelle che portano ad escludere una simile eventualità.
Togliamoci dalla testa però, almeno per il momento mentre per il futuro si vedrà, che dalla Siria al Baghdadi o Belmokhtar in Libia prendano uno squadrone di combattenti addestrati ad uccidere e li mettano su un barcone con una mappa di Roma e il manuale del perfetto attentatore .
O che anche qualche gruppetto sparuto stanco di combattere in medio-oriente o in Africa decida di mettersi in viaggio per ridurre in ceneri l'Europa.
Non stiamo parlando di una crociera o di un viaggio sull'Orient Express. Il percorso dei migranti è periglioso e debilitante. C'è il rischio di non arrivare.
E' più ragionevole procurarsi documenti falsi o un passaporto rubato per poi individuare una rotta e un mezzo di trasporto agevole.
Il caso Touil, di cui non è ancora stata provata la colpevolezza, è la dimostrazione che il tentativo di infiltrazione è una ipotesi possibile ma poco probabile. Fa scuola piuttosto la storia del gruppo di combattenti che dalla Siria sarebbe approdato in Sicilia dopo un lungo tragitto attraverso la Somalia. Sono arrivati sani e salvi ma con poche velleità da estremisti e sono comunque stati intercettati, controllati ed interrogati.
Questa è la questione sulla quale dobbiamo essere vigili.
Lo ha ricordato il papa in una intervista prima del viaggio americano e lo ha ribadito il direttore del DNI Clapper manifestando seri dubbi sulla capacità che le autorità europee hanno in materia.
Dobbiamo essere sicuri di sapere chi ci ritroviamo dentro casa. I controlli alle frontiere devono essere rigorosi.

Sul versante medio-orientale c'è da registrare che al momento a Daesh non interessa mandare gente su suolo europeo perchè ne ha bisogno nell'area siro-irachena e in altre zone calde come la Somalia e la Nigeria. O anche in Afghanistan dove l'adesione da parte dei talebani sembra essere in crescita.
Non dimentichiamo inoltre che l'esigenza del gruppo terroristico attualmente non è di spostare l'asse della guerra in occidente ma piuttosto costringere i governi ad inviare truppe di terra nella sua zona.
Ma anche se volesse innalzare il livello della tensione qui da noi, non avrebbe bisogno di mandare emissari. In Europa e in America Daesh ha un nutrito numero di simpatizzanti pronto ad organizzare attentati o attacchi solitari. Non c'è più bisogno della discesa dell'al Suri di turno. Nell'era di internet manuali e prediche vengono fatti circolare dall'Australia al Caucaso in pochi secondi.
E' da tenere in considerazione anche il fatto che l'ondata di profughi di recente è stata sfruttata da Daesh in un video per lanciare un appello a muoversi verso la terra di Sham.
L'immagine delle folle che fuggono da Assad ma non si offrono a Daesh, è decisamente lesiva per la credibilità del califfato. Figurarsi invitare i propri combattenti ad unirsi al flusso migratorio.
Si tratterebbe di un hijra (migrazione nel nome di Allah) al contrario.

Con tutto ciò ovviamente come ricordava il direttore del Dis non si vuole sminuire la gravità di quanto sta accadendo nè dare false illusioni.
Però dobbiamo contrastare la retorica dell'infiltrato tra i rifugiati con una contronarrazione efficace e attendibile in quanto certe argomentazioni vengono usate principalmente dalla destra europea e dai partiti ultranazionalisti per guadagnare consensi e da alcuni governi in medio-oriente per dirottare la politica estera europea su binari favorevoli a loro ma non al contesto globale.
Nel corso della recente visita in Libano del primo ministro inglese, il ministro della pubblica istruzione Bousaab ha spiegato a Cameron come per ogni cento rifugiati siriani ci siano almeno due terroristi. Difficile comprendere su cosa siano basati i suoi calcoli.
Di certo però tutte queste manovre non contribuiscono a rasserenare gli animi e ad elaborare una strategia chiara che porti alla risoluzione dei conflitti in corso e al contrasto dei fenomeni criminali che questi esportano.
La battaglia che stiamo combattendo da quando Daesh si è insediato tra Iraq e Siria si svolge su tre fronti e vede tutti noi protagonisti. In medio-oriente, in occidente e su internet. C'è bisogno di un'azione concertata per scongiurare lo spettro di una vittoria finale da parte dei terroristi.

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