mercoledì 19 novembre 2014

Tesi

La difesa dell'imputato, rappresentata dall'avv. Nicola Pandolfi, aveva sostenuto che non fosse possibile risalire all'utilizzatore del pc in casa e soprattutto che il solo file fosse stato scaricato in maniera occasionale mediante E-mule, un programma di condivisione via web di contenuti informatici. Tesi questa evidentemente accolta dal giudice Paolo Giombetti.
corriere adriatico


Sentenza esemplare che potrebbe essere applicata anche ad un processo che si sta svolgendo a Ferrara e che è l'ultima tranche di una orribile storia con protagonista una ragazzina costretta a rapporti sessuali con un gruppo di adulti dopo averne incontrato uno su internet.
La condanna che ci fu in merito a questa vicenda non deve costituire certezza per un'altra che eventualmente verrebbe comminata per la detenzione e distribuzione di materiale pedopornografico.
La questione della presa in carico involontaria attraverso emule di materiale compromettente è controversa.
Raramente le corti americane accettano la tesi della non consapevolezza ma il dubbio è lecito.
L'utilizzatore del computer o di un profilo social costituisce un'altra discriminante.

Questo tipo di indagini mette in evidenza come un dato tecnico non possa costituire l'unica prova certa dell'accusa.
Servono evidenze portate da investigazione classica.
E' questo il limite dell'utilizzo della polizia postale.
La Digos in attesa della esatta locazione di un server e incapace di determinare a priori scenari facilmente intuibili da precedenti storici, è un pò il simbolo di questa situazione.
In Italia utilizziamo la tecnologia come fosse un jolly il che non porta a risultati esaltanti specie nel campo investigativo.
Mentalità da correggere.

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