martedì 11 giugno 2013

Retate

In questi giorni, alcuni drammatici fatti di cronaca avvenuti in Italia ci hanno ricordato ancora una volta in che modo la Rete possa essere utilizzata anche per colpire individui inermi. Un ragazzo ed una ragazza, vittime di una persecuzione mirata da parte dei compagni, si sono tolti la vita negli ultimi mesi. Entrambi erano oggetto di sberleffi ed insulti nella vita reale e sui social media. In questa occasione, la Rete ha dimostrato come possa fungere anche da amplificatore dei messaggi tesi ad annientare una persona o un gruppo di persone.
laura boldrini


Ho letto i resoconti dell'incontro, e tutti concordano nel definirlo disastroso.
E non è che ci si potesse aspettare più di tanto da gente che capisce poco di vita reale, figuriamoci di quella virtuale.

L'unica colpa che ha la rete, come spesso ci ricorda il direttore della polizia delle comunicazioni, è quello di amplificare l'evento, ma soprattutto secondo me, la percezione che si ha di esso.
Tutto ciò è possibile, grazie al fatto che, almeno in teoria, siamo anonimi.
Quindi se da un lato c'è un carnefice che sfrutta la situazione per accanirsi, dall'altro c'è una vittima, la cui sensibilità, diventa man mano, sempre più inversamente proporzionale alla capacità di difendersi.

La soluzione non sta nella rete, ma decisamente al di fuori.
Quel carnefice, che è in fondo la vittima reale, perchè incapace di un confronto pacifico e razionale, deve essere educato a non mitizzare in maniera negativa le differenze e le debolezze, e la sua vittima deve imparare a sviluppare anticorpi, perchè se non sulla rete, almeno nella vita prima o poi, troverà sempre qualcuno che tenterà di sopraffarlo.

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