venerdì 27 aprile 2018

Inferno a Idlib

La lunga scia di assassinii che sta colpendo Idlib  a poche ore dal raggiungimento di un accordo per il cessate il fuoco tra le fazioni in guerra tra loro, porta la firma della Turchia.
E in particolare di Hakan Fidan che è stato lo stratega dell'implementazione dell'escalation zone.
Sin dai giorni del primo ingresso nelle aree liberate ha messo in atto la strategia del caos tesa ad evitare un massiccio bagno di sangue con conseguente fuga di civili in massa.
Ma efficace al punto tale da depotenziare la formazione di Al Joulani.
Da un lato le truppe turche si muovevano grazie alla protezione di Hayat Tahrir.
Per altro verso venivano assoldati delinquenti locali e microcellule di Daesh per liquidare comandanti e membri di spicco della formazione. I veterani o quelli più addestrati.
All'epoca si pensava che fosse una tattica per liberare Hayat Tahrir dalla frangia qaedista più estrema e in seguito servirsene come esercito per l'operazione contro i curdi e per costruire una propria area d'influenza al confine con la Siria.
Alla fine però Al Julani, pressato dalle resistenze interne, non riuscì ad andare oltre un accordo di non belligeranza e il servizio di scorta per l'implementazione della de-escalation zone.
L'infighting tra Hayat Tahrir, Zenki e Ahrar inoltre, portò alla formazione di Jabhat Tahrir che assieme al Free Syrian Army si mise al servizio di Erdogan.
Gli omicidi degli ultimi giorni hanno avuto come obiettivo soggetti di vario tipo (imam coinvolti in trattative ma senza affiliazione, civili, combattenti appartenenti a tutti i gruppi inclusi quelli al servizio della Turchia) e modalità di esecuzione varie (autobombe, spari dalla moto).
Ricordano molto da vicino il primo ingresso della Turchia ad Idlib.
Questa potrebbe essere la penultima fase di "decompressione" del Nord.
Bisogna aspettare le mosse di Assad e dei suoi sostenitori.

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