venerdì 27 aprile 2018

C'è solo un comandante

A vederlo con il piglio di sempre, carismatico e pieno d'energie, in molti si sono interrogati sulle ragioni del silenzio assordante aggravato dal chiasso provocato dalla sua assenza.
Nell'era di Internet per uno che è, o si sente personaggio, una foto è di fondamentale importanza in una situazione del genere. Bisogna sempre dimostrare di esserci.
La risposta l'ha in parte fornita lui ieri sera. E senza che nessuno, tra quelli che l'hanno accolto (il generale Al Hassi era in lacrime), glielo chiedesse. Haftar ha voluto mettere alla prova i suoi uomini.

Un po' per contarli e fare pulizia. E un po' per presentarli sopra un piatto d'argento sotto al naso di quelli che da mesi vanno alla ricerca di un rimpiazzo.
Ovviamente questo lui non lo ha detto. Ma è l'unica interpretazione plausibile dopo giorni passati a ragionare sul nulla, visto che lui non s'è fatto sentire e i suoi sembravano all'oscuro di tutto.
Non ha detto nemmeno cosa pensasse dell'incontro a Rabat tra Saleh e Mishri.
Con il generale Haftar non solo bisogna parlare, ma bisogna portarlo ad un tavolo di discussione e programmazione politica. Non lo si può escludere.
Se non c'è una road map però, e dal generale si pretendono solo scambi, allora è inutile sostenere che il problema sia lui.
In un Paese in cui nessuno ha veramente capito cosa abbiano in mente degli estranei per realizzare riconciliazione ed elezioni, Haftar al momento è l'unica certezza.

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