sabato 14 aprile 2018

Così parlò Paolo il pacifista

E' vero quanto affermato dal presidente del consiglio, sulla inadeguatezza di una risposta militare rispetto al problema siriano nel suo complesso.
A oggi, anche se Assad venisse neutralizzato, non esiste una soluzione politica adeguata pronta a sanare anni di guerra e controversie e a fare intravedere un futuro roseo.
Ma la posizione dell'Italia, al di là dell'emergenza del momento costituita da un governo in uscita e dall'incognita di un governo che non s'intravede all'orizzonte, è sempre stata attendista perché non c'è mai stata una politica estera e militare chiara e concreta, se non quella di adempiere ai doveri imposti dagli organismi internazionali di cui fa parte, nella misura in cui questi consentono un ritorno commerciale alle aziende di stato e alle industrie vicine al governo.
In più, l'adesione ad iniziative dal sapore ostile come quelle nei confronti di Iran e Russia, da parte italiana è sempre venuta a mancare, o è arrivata in maniera blanda, perché i Paesi in questione non rappresentano una minaccia diretta agli interessi dell'Italia, che anzi è loro partner stabile e prolifico.
Sbaglia però il presidente (ma lo ha fatto ovviamente di proposito) nel sostenere che l'obiettivo questa volta era di rimuovere il dittatore.
Rispetto al passato, quando era relativamente agevole sostituire il tiranno di turno dopo averlo tollerato e anche appoggiato per decenni, siamo di fronte ad un uomo simbolo di una famiglia che si è costruito una intelaiatura di potere interna ed internazionale difficile da disgregare con qualche minaccia o omicidio.
I bombardamenti della scorsa notte dovevano servire a mandare un segnale ai suoi alleati e a costringere Assad a liberarsene. A tenerlo al potere, ma isolato e depotenziato, e a togliere a Putin e agli uomini dell'Ayatollah ulteriori pretesti per dettare legge in altre aree.
L'alternativa a tutto ciò è l'intervento di Israele che andrebbe oltre i confini della Siria.
Bene ha fatto l'Italia a concedere il minimo indispensabile.
Ma deve essere consapevole del fatto di non avere lo spessore della Germania della Merkel il cui no è stato relativamente facile da pronunciare.
E' arrivato il tempo di iniziare a costruire in campo internazionale una narrazione solida e autonoma. Altrimenti si fa la fine della Cenerentola come il Qatar nel Golfo.

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