lunedì 24 luglio 2017

وَعَس‍‍ى‌ ‌أَ‌نْ تَكْ‍رَهُو‌ا‌ شَ‍‍يْ‍‍ئا‌ ً‌ ‌وَهُوَ‌ خَ‍‍‍يْ‍‍ر‌ٌ‌ لَكُمْ Le lezioni di Tamim

Vi è stato ordinato di combattere anche se non è cosa gradita a voi.
Eppure è possibile che non vi piaccia qualcosa che può rivelarsi un bene per voi e amiate qualcos'altro che vi farà del male.
Ma Allah sa, e voi non sapete.
Sacro Corano


Il verso della Surah al Baqarah che autorizza il musulmano al combattimento, dopo che è stato dato un ordine (kutiba), per difendersi dall'ingiustizia e dall'oppressione, a torto è spesso indicato come verso della jihad. In realtà il Qital costituisce solo una frazione della jihad ed è riferito all'aspetto militare.
Sheikh Tamim, nel discorso alla nazione tenuto Venerdì, ha citato la parte del verso che permette di sottolineare come dalle avversità possano nascere occasioni dalle quali trarre benefici. Cosa che è avvenuta nel caso delle controversie che hanno caratterizzato le recenti vicissitudini del Qatar. Eppure nel contesto di un ragionamento ben articolato e pacato nei toni, e al tempo stesso duro con gli avversari senza mai menzionarli in modo specifico, elencando nel dettaglio tutte le azioni e le obiezioni sollevate contro il Paese e il suo governo, il riferimento coranico nel suo complesso appare significativo e niente affatto casuale.

Tutti quelli che vivono in questo Paese sono diventati i suoi portavoce.

Buona parte del discorso è stata dedicata alla reazione positiva alla crisi, riscontrata sia tra la popolazione del Qatar che nei governi e nelle società occidentali. Raramente un monarca arabo sottolinea come la presenza straniera costituisca una colonna portante della propria nazione.
L'accento è stato posto sulla poca lungimiranza mostrata nella tanto pianificata guerra contro il Qatar. Non ci si è resi conto che non bastavano i soldi a comprare le coscienze degli occidentali e la dignità degli stati poveri. Allo stesso modo non si è avuta contezza della levatura morale della popolazione del Qatar che non si è arresa alla massiccia campagna mediatica posta in essere ed ha anzi reagito con grande forza al "test di moralità" alla quale è stata sottoposta.
In effetti a ben guardare, quello che stupisce di un giovane accorto e determinato come Mohammed bin Salman, che al contrario degli altri rampolli arabi ha studiato nella sua Arabia Saudita e non è stato addestrato a Sandhurst, è il fatto che non abbia considerato, proprio lui che ha un forte orientamento tribale, che nel Golfo è difficile aizzare un popolo contro la famiglia reale. E di certo non è possibile farlo, servendosi di campagne stampa e d'influenza. Che pensasse di comprare un pò tutti a suon di petrodollari è anche normale. Ma non conoscere la propria razza, è atipico per un arabo del Golfo.

Non siamo d'accordo con alcuni, a proposito delle cause vere dalle quali trae origine il terrorismo. Noi sosteniamo che la religione è una motivazione morale e non la fonte reale del terrorismo che potrebbe risiedere tra le ideologie radicali. 
Di natura religiosa o secolare.
Anche quelle ideologie estreme divengono la causa prima del terrorismo solo in contesti socio-politici che generano frustrazione e disperazione.

Gli emendamenti introdotti la scorsa settimana attraverso decreto reale, alla legge antiterrorismo del 2004 promulgata da Hamad bin Khalifa, sono la naturale conseguenza degli accordi stretti di recente dal Qatar con gli Stati Uniti. Ma anche la dimostrazione della coerenza e della fermezza di Sheikh Tamim.
Le leggi antiterrorismo del Golfo furono varate alla fine degli anni novanta seguendo il modello egiziano che in maniera molto vaga definiva il reato di terrorismo per colpire qualsiasi tipo di manifestazione di dissenso. In particolare in quella del Qatar si fa riferimento all'uso della violenza e alla messa in pericolo dell'unità nazionale. Addirittura anche cittadini del Qatar le cui azioni in territorio estero vengono riconosciute come terroristiche, pur non avendo come obiettivo la propria nazione, possono essere accusati di reati di terrorismo.
Le correzioni attuali definiscono meglio il reato e le modalità di attuazione in modo da redigere liste nelle quali inserire i soggetti individuati da questi schemi.
In riferimento a queste dinamiche Sheikh Tamim non ha mancato di sottolineare come l'uso strumentale del terrorismo, fatto nella guerra contro il Qatar, sia in generale un'attitudine adottata da lungo tempo da parte dei governi medio-orientali. Essa mira a reprimere il dissenso a casa propria, ad essere usata come spauracchio nei confronti dei governi occidentali e ad isolare i Paesi che risultano essere in maniera formale alleati, ma che non vogliono sottostare ai diktat imposti. In pratica si tratta di atteggiamenti che diventano causa stessa dell'insorgenza del terrorismo.
Lungimirante, rispetto alla questione posta dal quartetto anti-Qatar sulla chiusura di al Jazeera, è stato anche l'accenno alla libertà di espressione che non può esistere se ai cittadini viene negato l'accesso all'informazione. Tamim non ha esaltato il ruolo del polo mediatico creato dal Qatar rispetto agli altri media della regione. Ha semplicemente ricordato come la nascita di un nuovo soggetto abbia rotto il monopolio e arricchito le fonti d'informazione.

Questa crisi ha fatto sì che la nostra società esplorasse i propri valori umani e si raccogliesse attorno ai suoi punti di forza. L'unità, la volontà, la determinazione.
Il Qatar sta attraversando una fase che ha creato opportunità non solo per costruire ma anche per ridurre le distanze ed individuare le difficoltà. Non abbiamo paura di riconoscere gli errori e di correggerli.

Quello che viene fuori da questo discorso, sicuramente pensato assieme ai collaboratori che lo affiancano da tempo ma che contiene l'impronta caratteristica di Sheikh Tamim, è il profilo di un uomo profondamente legato alle tradizioni culturali e religiose della terra che lo ha visto nascere e di cui lui ora è responsabile, ma che non disdegna le influenze esterne quando esse sono positive.
Questi suoi tratti, che vanno aiutati e sfruttati, stanno traghettando il Qatar fuori da una difficile situazione e verso un futuro luminoso. Si spera che i suoi interlocutori nella regione siano altrettanto lungimiranti. O che almeno lo diventino.

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