Che si fossero addensati malumori più o meno giustificati verso il Qatar era noto da tempo, soprattutto per l’incauto supporto dato da alcune fazioni qatarine a gruppi come i Fratelli Musulmani. Gli altri Paesi dell’area hanno voluto segnalare, probabilmente con l’assenso di Washington che eventuali ulteriori ambiguità di Doha non verrebbero tollerate.
La visita di Trump non credo sia stata foriera di profondi mutamenti sulla scacchiera mediorientale.
“Io sono ottimista. Al di là delle rivalità secolari tra le due sponde del Golfo Arabico, una volta compreso che un conflitto permanente non conviene a nessuno la tensione tenderà a stemperarsi. Con il prezzo del petrolio su livelli poco esaltanti, le risorse servono per diversificare e rilanciare l’economia non per alimentare gli arsenali pagando assegno da centinaia di miliardi a Trump. Esistono ampi spazi per trovare un modus vivendi non appena gli animi si saranno placati”.
Intervista a Fabio Scacciavillani Unsic
Il dottor Scacciavillani, avendo interlocutori internazionali importanti ed interessati alla partita che si gioca nel Golfo, fa bene a cercare di sdrammatizzare guardando anche al lungo periodo. Però la situazione è grave, e come ha detto Sheikh al Sabah giorni fa, si risolverà con conseguenze altrettanto gravi.
In un certo senso Arabia Saudita ed Emirati Arabi hanno portato allo scoperto, e a livello istituzionale, quanto fatto dietro le quinte in passato contro il Qatar e lo stesso Oman che qualche mese fa dopo essere stato accusato di sostenere gli Houti, è entrato a forza nella coalizione anti-Daesh. Per decenni una guerra fatta di spie e di eserciti più o meno ufficiali si è protratta tra le dune e i grattacieli del Golfo.
Lo scorso mese emiratini e sauditi, senza che nemmeno l’amministrazione americana se ne accorgesse, hanno ripetuto il gioco costringendo Trump a prendere una posizione con il recente discorso sul Qatar “storico” finanziatore del terrorismo.
Sotto questo punto di vista hanno praticamente influenzato le politiche americane perché Trump e le pressioni di Mohammed bin Zayed e Mohammed bin Salman non fanno altro che frazionare ancora di più il medio-oriente. Se non si arriverà ad un accordo ragionevole, il Qatar è praticamente già nelle braccia di un blocco che si estende dall’Iran alla Turchia e che potrebbe accogliere anche stati ritenuti moderati come il Kuwait e lo stesso Oman, che ricordiamolo, con l'Iran ha in sostanza lo stesso tipo di rapporto del Qatar.
Esso è fatto di nutriti scambi commerciali ed interventi di mediazione quando necessario.
Giova ricordare inoltre, che ci sono organismi internazionali che stabiliscono i limiti giuridici entro i quali uno stato può muoversi e che quindi redigono liste in cui vengono indicati gruppi ed entità la cui attività è di stampo terroristico.
C’è poco da segnalare. Tutte le attività finanziarie ed industriali dei governi vengono scrutinate con grande meticolosità. Ma se anche uno degli stati membri volesse fare una segnalazione, questa deve essere inoltrata in maniera circostanziata e nelle sedi istituzionali mondiali . Il "look" gridato al presidente Trump puntando il dito contro Sua Altezza Tamim, ha poco valore.
E infatti in tutto questo trambusto non si comprende quali siano le basi su cui poggiano le accuse contro il Qatar.
Ci sono varie realtà che confluiscono nella fratellanza musulmana e queste differiscono a seconda dei Paesi. Il governo del Qatar (fazioni è un termine un pò generico nel contesto politico e sociale del Golfo) si è sempre mosso andando a supportare gruppi presenti all'interno di opposizioni politiche che operano in Paesi fragili e con governi corrotti.
Che Hamas sia forza di popolo, questo è un fatto dato per scontato da tempo dalla stessa Arabia Saudita. Ai tempi in cui l’amministrazione americana spingeva affinchè si tenessero le prime elezioni politiche in Palestina, i sauditi (all’epoca c’erano politici di livello come i fratelli al Faisal) lo sconsigliarono fortemente perché sapevano che la gente avrebbe votato per Hamas. E così fu.
Accusare il Qatar di essere uno stato terrorista in quanto finanziatore di Hamas e Hezbollah, significa accusarlo di costruire ospedali e scuole per i palestinesi e di portare aiuti ai rifugiati in Libano. L’ospitalità data ad alcuni membri di Hamas, che comunque circolano liberamente anche in altre aree della regione, ha come unico scopo quello di favorire il dialogo verso una soluzione che ponga termine alla sofferenza dei palestinesi. Le nazioni unite si sono categoricamente rifiutate di mettere al bando la Qatar Charity perché a loro non risulta quanto stabilito dalle liste create in maniera arbitraria da Arabia Saudita ed Emirati Arabi.
Ieri il Qatar, che continua ad essere uno stato sovrano, ha concluso un acquisto per una fornitura di armi proprio dagli Stati Uniti che lo ritiene partner storico nella lotta al terrorismo visto che a Doha c'è la base militare americana più importante del medio-oriente, dove operano anche quattro militari italiani.
Qui i problemi sono essenzialmente due.
C’è chiaramente uno squilibrio all’interno della casa reale saudita. Non si capisce chi effettivamente prenda le decisioni. Se Sua Maestà, Mohammed bin Salman o Mohammed bin Nayef.
E l’amministrazione americana non riesce a trovare una propria linea per tutto ciò che concerne le questioni estere. Mattis e Tillerson dicono una cosa. Il presidente Trump ne dice e ne fa un’altra.
Se nessuno si prende la responsabilità di fare un po’ d’ordine questa situazione porterà conseguenze pesanti anche per l’Europa.
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