domenica 19 marzo 2017

Figli di una Al Qaeda minore nella Siria che verrà

In occasione dell'anniversario della rivoluzione tutti i gruppi di combattenti hanno lanciato messaggi per ribadire il proprio impegno ed invitare ad unirsi alla guerra di liberazione contro il dittatore siriano. Hashim al Sheikh, in qualità di comandante generale, dopo che Hayat Tahrir Sham aveva preso le distanze dagli attentati gemelli a Damasco e condannato il bombardamento della moschea di Al Jinah che ha provocato decine di morti, si è rivolto in video con abiti civili, alla popolazione locale e agli interlocutori internazionali . Abu Jaber ha sottolineato i risultati militari ottenuti sul terreno e lodato lo sforzo delle fazioni unite nel nome di Allah e della rivoluzione che per gli jihadisti è, sin dal primo giorno, obiettivo primario da assolvere.
In effetti da quando è nata la nuova formazione, i risultati a livello militare sono ben evidenti. Ciò è sintomo del fatto che gli attriti, sebbene non sopiti, sono decisamente diminuiti . Le strategie vengono decise in maniera coordinata e anche le perdite derivanti dai bombardamenti russi e americani non costituiscono vero motivo di preoccupazione in quanto i piani possono essere portati avanti da chi subentra. Anche i soccorsi medici sono assicurati in maniera ottimale. L'intesa con Free Syrian Army e Ahrar al Sham è nettamente migliorata. Riescono a suddividersi aree e tempi di combattimento. Armi e addestramento sono forniti e seguiti da contractors esperti. Se di suo Jabhat Fath ha portato l'esperienza in campo militare, le relazioni intrattenute da Ahrar negli anni anche con interlocutori occidentali, hanno fatto si che oggi Tahrir possa porsi come soggetto politico che sa come trasmettere il suo messaggio attraverso i media.
Abu Jaber, oltre a condannare l'interferenza straniera tesa a dare man forte al regime, ha infatti invitato gli esuli siriani a rientrare e ad unirsi alla rivoluzione, ma anche la stampa straniera indipendente e le organizzazioni per i diritti civili, ad entrare nelle zone liberate per rendersi conto di come i primi risultati sul campo si vedono grazie ad una amministrazione lungimirante.

In questo scenario e in prospettiva futura la grande incognita rimane al Qaeda. Attualmente in Siria il raggruppamento di Sheikh Al Zawahiri è presente in tre forme.
C'è ancora un nucleo di veterani o discendenti che potremmo chiamare padri fondatori (ad esempio il gruppo di Saif Al Adel) e che sono alle dirette dipendenze del medico egiziano. Poi c'è l'impronta qaedista storica che proviene da quella tradizione e che si ritrova all'interno di Ayat Tahrir al Sham assieme ai fuoriusciti di Ahrar e ad una miriade di gruppetti oramai sciolti e a metà tra il qaedismo e la rivoluzione. Molti hanno creduto nella scelta del distacco da Al Qaeda ma alcuni, come Sheikh Abu Mariya Qahtani, rimangono al momento solo perchè sono coscienti del fatto che la nuova compagine ha straordinarie capacità di conquista. Ci sono infine numerosi gruppetti, anche messi assieme giorno per giorno, che si dichiarano qaedisti per il fascino che esercita ancora su di loro Bin Laden. Molti di questi arrivano dall'Asia. Giorni fa Ansar Al Jihad, di cui era capo Abu Omar al Turkistani ucciso da un drone in Gennaio e che si era speso per favorire l'unione, ha pubblicato un video per fare sfoggio delle proprie abilità militari. Sono rimasti però nel limbo qaedista.
Non sono da trascurare infine, l'influenza di Sheikh Al Maqdisi, che spinge per un ritorno alle origini sotto il suggerimento dell'intelligence giordana che in questo modo mira a tenere fuori dal Paese il terrorismo di matrice qaedista, e il ruolo di ago della bilancia svolto da Noureddin Al Zenki, compagine cresciuta sotto l'ala del Free Syrian Army e ormai a tutti gli effetti parte di Ayat Tahrir, nell'operazione Euphrates Shield.
In definitiva potremmo dire che attualmente in campo c'è una Al Qaeda maggiore e una minore. Oppure una di serie A e un'altra di serie B.
Ciò che interessa maggiormente a Sheikh Al Zawahiri, è potere contare su una base sicura dalla quale organizzare la sua jihad globale. Che ci sia o meno un emirato in Siria, per lui è relativo. Ha comunque bisogno di appoggi. Quindi si muove facendo leva sulle varianti deboli dell'attuale scenario siriano. Gli hardliners di Ayat e i gruppetti affascinati dalla sua leggenda.
Così stando le cose inoltre, con la coalizione e De Mistura che altro non fanno che prolungare il regno di Assad, molti giovani sono a rischio radicalizzazione. Su quelli puntava Abu Jaber nel suo discorso. Così come punta ancora ad inglobare il resto di Ahrar al Sham e Free Syrian Army.
In questa sorta di competizione-collaborazione (sul campo a seconda delle esigenze è comunque in atto una specie di alleanza) finora gli Stati Uniti hanno lavorato per rompere i network terroristici qaedisti e spingere i soggetti come Ahrar e Free Syrian Army ad allontanarsi dai vari Nusra, Jabhat, Ayat. Non potendo però fornire garanzie concrete a livello politico in vista di una nuova Siria libera da Assad, il rischio è che queste formazioni si allontanino sempre più. A questo punto è meglio scegliere il male minore. Favorire cioè l'avvicinamento ad Ayat Tahrir al Sham che è ormai sulla via della normalizzazione. Questa mossa potrebbe scombussolare i piani di Sheikh Al Zawahiri e ridurre la minaccia terroristica nei confronti dell'Occidente.


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