domenica 30 ottobre 2016

Il ritorno di Sheikh al Fateh e la pausa di riflessione dell’orco russo

Mentre continua l’avanzata da parte dei combattenti dell’opposizione in varie zone di Aleppo, in particolare quella est, è tornato a farsi vedere Abu Mohammed al Julani del quale sui social, soprattutto i civili, chiedevano a gran voce almeno un intervento audio, dal momento che arrivavano voci discordanti sul controllo effettivo esercitato in città dalla sua compagine. Sheikh al Julani, al contrario di altri comandanti e a dispetto di alcune notizie false diffuse per creare confusione, ha mantenuto il silenzio fino all’inizio della madre di tutte le battaglie. Gesto questo, che ha voluto significare oltre al rigore e all’indipendenza che caratterizzano la sua gestione operativa, anche un modo di limare le controversie interne che in diverse aree della Siria attanagliano ancora l’opposizione militare nonostante gli accordi stretti. Le immagini diffuse in nottata erano un messaggio diretto non solo alla popolazione e alle monarchie arabe, ma soprattutto all’opposizione siriana che con la presa di Aleppo avrebbe modo di fare valere in maniera più incisiva le proprie ragioni al tavolo delle trattative. E forse un segnale che prima o poi, Al Julani o un suo emissario, siederanno a quel tavolo. La cattura dei soldati dell’esercito di Assad, l’uccisione di un comandante delle forze iraniane e di diversi soldati Hezbollah, fanno si che la cosiddetta soluzione politica veda spostato l’asse delle possibilità in cui ancora spera il dittatore siriano.


In questa ottica va inquadrato il rifiuto di Putin che avrebbe negato ai suoi generali il permesso di bombardare Aleppo alle prime avvisaglie di sconfitta. Per un verso non ha voluto perdere l’occasione di mettere in scena la rappresentazione del leader magnanimo che frena i suoi comandanti sanguinari. Dall’altro vuole aspettare il momento giusto per fingere almeno di essere quasi pronto alla terza guerra mondiale. Sa perfettamente che ulteriori massacri in Siria con la sua firma, costituiranno il segnale del modo in cui intende muoversi sugli altri fronti. E quello che gli preme più sistemare al momento, è la questione ucraina. Tanto più che, il presunto hackeraggio di un account di posta elettronica del suo braccio destro, al di là del ruolo avuto da qualche smanettone ucraino, era un chiaro messaggio da parte di qualche interlocutore occidentale. Se Putin alza il tiro, presumibilmente dopo le elezioni americane, gli sarà data una risposta adeguata.

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