martedì 30 agosto 2016

PeppeGov e l'Isissiano doc

La possibilità di colpire in Italia era prevista da Khemiri.
Era previsti in termini concettuali.
In termini concettuali significa...pensare ad un'idea.
Di colpire anche in Italia.
Giuseppe Governale 5 Agosto 2016 
Conferenza stampa Operazione Haraga

Premesso che del caso specifico non posso e non voglio parlare, sgomberiamo il campo da equivoci: in Italia non c’è e non ci sarà il rischio di fare processi alle intenzioni. In materia di terrorismo l’ordinamento penale prevede una vasta gamma di ipotesi di reato, dall’apologia alla partecipazione ad associazione terroristica, passando per l’istigazione, il finanziamento anche di singoli atti terroristici, il reclutamento, l’addestramento e persino l’autoaddestramento. Tocca al pm ovviamente dimostrare la sussistenza di queste condotte, sanzionate in misura via via più pesante
Franco Roberti Il Mattino 7 Agosto 2016 

Va dato atto alla gestione Parente-Governale di averci restituito un reparto che agisce in maniera più rigorosa e cristallina rispetto ad un passato che lo vedeva vincente su tutti, ma il cui operato appariva a tratti troppo spregiudicato. Si tratta di un ROS che appartiene all’Arma, la quale non appartiene a nessuno se non a se stessa. Ed è rappresentativa dello stato italiano e di tutte le componenti che ne fanno parte. Sarebbe bene che il colonnello De Caprio, forse preso da una certa vena poetica, tenesse presente che fare certi tipi di associazione, tra popolo e corpi militari, può alla fine risultare pericoloso. Le parole sono sempre soggette ad interpretazione e rischiano di finire sulle labbra sbagliate. Specie quelle pronunciate dagli eroi.

Il Ros dell’operazione Haraga pare di nuovo impappinato su una questione di interpretazione. Non tanto in ambiente virtuale come nel caso dell’operazione JWeb, ma in più frangenti di vita reale. Stando ai frammenti di intercettazione pubblicati dai media nei giorni della conferenza stampa, quando cioè era ancora in corso l'analisi dei dispositivi elettronici, non parrebbero esserci gli estremi per cristallizzare una intenzione vera e propria. Se Khemiri avesse avuto in animo di compiere un attentato, ci dovrebbero essere almeno evidenze provenienti da un certo tipo di navigazione o da dialoghi con internauti e conoscenti, se non proprio l'acquisto di esplosivi. L'arrivo di altri soggetti dall'estero. La rinuncia ad un viaggio o un cambio di attività.
Qualsiasi cosa che faccia pensare che il soggetto stesse per intraprendere un sentiero diverso.
Si ha l'impressione che ognuno interpreti la norma a modo proprio e a seconda delle prove che è riuscito a raccogliere. Evidentemente la legge dà quella possibilità.

Khemiri deve essere processato per la contraffazione di documenti e le altre accuse che gli vengono mosse in merito ai traffici connessi.
In seguito va espulso perchè diffonde in maniera entusiastica, da soggetto carismatico quale pare essere, idee che innalzano in maniera insidiosa il consenso verso Daesh.
E' una fabbrica di terrorismo virtuale della peggior specie ai giorni nostri.
Un suo discorso può indurre decine di persone a partire per la Siria nel giro di poche settimane.
E chi non riesce a partire invece, pensa all'attentato.

Però andrebbe anche chiarita la differenza tra reato d'opinione e terrorismo vero e proprio.
Soprattutto per i ragazzi che se ne stanno su Internet.
Quelli che vengono espulsi pur essendo poco più che curiosi o che magari pensano alla guerra come ad un gioco, e tornando nei loro Paesi d'origine verrano torturati dalla polizia segreta o diventeranno terroristi veri e propri. Se rimangono qui, bisogna dare loro le stesse possibilità che vengono date agli italiani.
Spiegargli quindi, che da noi, a differenza di molti dei Paesi da cui provengono, certe idee non solo non sono accettate, ma infrangono la legge.

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