venerdì 15 luglio 2016

Diversi quanti e come

"Grazie a questa campagna - ha osservato il direttore del servizio di Polizia postale, Roberto Di Legami - diversi giovani vittime di cyberbullismo sono riusciti a denunciare quanto subivano". "La polizia postale - ha aggiunto il vice Capo della Polizia vicario, prefetto Luigi Savina - fa un lavoro egregio". Polizia di stato.




Stavolta hanno messo la foto.
Deve averli sgridati.

Di Legami, a meno che non sia una questione di tagli editoriali, ha la pessima abitudine di presentare fatti e risultati attribuendoli all'azione svolta dalla polizia postale. Che per un uomo che viene dalla mobile, abituato quindi ad usare metodo e ragionamento, è cosa assai strana.
Così come non era chiaro dai numeri di Global Airport Action che la riduzione del fenomeno fosse diretta conseguenza dell'azione repressiva, oggi si dice convinto che la decisione di denunciare scaturisce dalla consapevolezza indotta dalle campagne della polizia postale. Anche se disponesse di resoconti provenienti dai diretti interessati, questo è un dato difficile da cristallizzare.

In generale forse è più corretto dire che il carrozzone mediatico costituito da sponsor, polizia e politici, ha creato un clima positivo.
Io ho imparato a stare in rete con maggior cautela non tanto dalla polizia, ma grazie ai ragazzi dediti all'autolesionismo. Osservandoli ho visto come, pur essendo aperti al contatto e andando alla ricerca di qualcuno che li comprenda, al tempo stesso mettono in atto dei meccanismi ben precisi per evitare di cadere nella rete di malintenzionati o anche della polizia stessa che per dovere è alla ricerca dei loro siti e pagine per chiuderli.
In questo senso l'azione della polizia postale ha avuto successo. Purchè se ne parli è la parola d'ordine.
Ma per comprendere e risolvere le varie problematiche, c'è bisogno di un'analisi più accurata.
Ammesso che la soluzione sia l'obiettivo.


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