lunedì 15 febbraio 2016

Questione di metodo e Naso

Questo processo fa parte di una certa operazione di politica giudiziaria nella quale c'è una regia inequivocabile, del nuovo procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, che è venuto a Roma pensando che Roma fosse una grande Reggio Calabria per applicare metodi investigativi e processuali tipici di città come Reggio Calabria.
Ricorderete che tre anni e mezzo fa L’Espresso se ne uscì con un servizio richiamato in copertina, un servizio di un certo Lirio Abbate del quale io deformo sistematicamente il nome e lo chiamo Delirio Abbate che si intitolava “I quattro re di Roma” e i quattro re di Roma erano identificati in quattro imputati eccellenti nel senso paraddossale del termine: Carmine Fasciani, Michele Senese, Ferruccio Casamonica e Massimo Carminati. Novembre 2012 quando nessuno dei quattro era tratto a giudizio di un tribunale.
Lirio Abbate che casualmente è di Palermo, che casualmente ha lavorato a Palermo quando c’era Pignatone, che frequenta ambienti frequentati dal procuratore Pignatone, sempre casualmente a novembre del 2012 pubblica un articolo nel quale richiama l’esistenza e il dominio criminale su Roma dei quattro re di Roma. Perché non hanno dato a Delirio Abbate il premio Pulitzer, perché uno che prevede con largo anticipo quello che succederà tre anni successivi. Perché succede esattamente quello che viene scritto in quegli articoli.
Il meccanismo istruttorio è quello con intercettazioni a catena: si individua un soggetto, che non è un frate trappista, può incarnare su di sé sospetti, gli si viviseziona l'esistenza e si comincia a intercettare 'a strascico' tutti quelli che si mettono in contatto con il soggetto, alla ricerca affannosa e disperata di un reato che il più delle volte si troverebbe anche, ci mancherebbe.
Non vi illudete perché ciascuno di voi è sottoposto ad un controllo massiccio, continuo, invasivo, attraverso i telefoni personali, di studio e con microspie. Lo dico per esperienza personale. Il crimine non si combatte con metodi criminali, a meno che non stiamo tornando ad una sorta di far west.


E' da un pò di giorni che il mio zapping virtuale viene interrotto da una serie di titoli che vedono come protagonista il famigerato avvocato di Massimo Carminati. Allora mi sono andata a cercare quello che avrebbe detto nella requisitoria di un processo estraneo ma imparentato in un certo senso con mafia capitale e con mia grande sorpresa ho trovato qualcuno che per certi aspetti la pensa come me.

L'avvocato Naso sostiene, in maniera brutale ma adatta al contesto, quanto sostenni io all'indomani della conferenza stampa dell'operazione che portò all'arresto del giovane presunto foreign fighter marocchino di Cosenza. Che cioè, tra le tante cose, la gestione mediatica dell'intera vicenda, un classico calabrese che può essere fatto risalire all'eredità lasciata dal procuratore Pignatone, può magari andar bene per questioni di 'ndrangheta o inchieste che all'epoca conducevano Giardina e Cortese. E' un folklore che mal si adatta però a vicende così delicate come quelle che ruotano attorno ad investigazioni di terrorismo internazionale e in un epoca in cui internet aggiunge un tocco di incertezza per le valutazioni finali. Il Mehdi, per il quale il gip nei giorni scorsi ha riconfermato la misura della custodia cautelare, è stato presentato assieme alle immagini dell'arresto e ai video in cui pregava, come un mostro. E a fronte di una prova regina alquanto discutibile. Una informativa della polizia turca nella quale si afferma che il ragazzo era in procinto di partire per la Siria ma che i nostri investigatori, a quanto è dato capire, non hanno potuto verificare di persona.

Quello che l'avvocato Naso ha condannato è l'atmosfera in cui l'inchiesta si è svolta che poi ha un suo peso nel giudizio finale. E di questa atmosfera fanno parte un gruppo storico di investigatori e i giornalisti che li seguono. Lirio Abbate è uno e forse il più importante perchè ottiene molta visibilità, ma ce ne sono tanti altri. Ovvio che tutto ciò si possa definire metodo.
Ci vuole un metodo per sconfiggere una organizzazione criminale e Pignatone e Prestipino ne hanno ideato uno vincente che ha dato ottimi risultati in Calabria e in Sicilia tanto da portarlo a Roma. Quel metodo fa parte di un contesto generale in cui i suoi protagonisti si muovono e che sembra stridere in un contesto differente.
D'altra parte lo stesso Abbate diceva in questi giorni che gli avvocati calabresi e siciliani mai userebbero il fraseggio di Naso in un processo per evitare polemiche deleterie. Quindi anche lui riconosce che ogni ambiente richiede un contorno specifico.
L'avvocato è stato accusato di aver mandato messaggi in codice. Magari in Sicilia funziona così. Da noi in centro Italia si parla come viene. Furbescamente magari, ma senza giri di parole.

Forse che l'avvocato Naso non ha diritto ad adottare una sua linea di difesa contestando quella di attacco degli altri ? Ben venga un orizzonte di pensiero contrario quello del gregge.
Altrimenti saremmo nell'Egitto di Mubarak e al Sisi.

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