mercoledì 11 novembre 2015

Era un gioco non era un fuoco

Massolo, direttore generale del Dis, chiarisce ogni dubbio: "Nessuna distrazione rispetto alle grandi minacce che fronteggiamo tutti i giorni". "Nella costruzione di una rete partecipata di prevenzione e sicurezza - spiega - ci è sembrata un'ulteriore occasione di crescita poter dedicare un momento particolare e costruttivo ai cittadini più giovani, che hanno parlato di sicurezza nelle aule scolastiche e con i loro disegni hanno mostrato il desiderio di conoscere meglio la nostra istituzione".repubblica




Dall’infermiere sulla scaletta dell’aereo ai babysitter a Palazzo Chigi.

La collaborazione con scuole ed università è necessaria per ottenere fondi e appoggio politico.
Per il resto questa iniziativa serve a collezionare dati circa il sentimento sul territorio che poi tradotto in voti è di stampo fascio-leghista. I disegni sembrano provenire dalle case della famiglia tipo che la sera guarda quinta colonna.
In Inghilterra qualche mese fa ci sono stati casi di bullismo su ragazzine musulmane la cui immagine è stata fotoshoppata per accostarle a Daesh.
Il disegno in concorso mostra come l’atmosfera da noi vada in quella direzione. In Italia si è verificata qualche scazzottata a causa della croce nelle scuole e si è puntato il dito contro gli studenti musulmani. Cosa che in fondo avveniva anche in epoca pre-Daesh. E’ da questo che si capisce che i servizi 2.0 sono solamente una versione in chiave moderna di quelli vecchi. Raccolgono informazioni per il governo ma non sono propositivi.
Piazzare il prefetto Soi a guardia del think tank “apolitico” fondato dall’ingegnere grillino che si diverte a fare l’esperto di sicurezza è sintomo di finta trasparenza.
Vivere in una casa di cristallo significa spiegarci a che serve inviare duecento carabinieri in Calabria se poi arriva maga magò da Roma che al modico prezzo di trecentomila euro si compra la soffiata dello ‘ndranghetista per sventare un attentato. Oppure fare chiarezza sui meccanismi che regolano ingressi e colloqui nelle carceri. Si potrebbe anche spiegare perché un ufficiale del Ros che mentendo accusò un poliziotto di aver detto una bugia su una questione delicata a margine della strage di Capaci, ce lo ritroviamo al Sisde e ancora nell’Aisi a fare scena muta con il solito scudo del segreto di stato davanti a magistrati e parlamentari senza chiarire il mistero del protocollo farfalla.
In mancanza di ciò non rimane che dare retta alla Fusani di turno che un giorno offende la professionalità di un funzionario dell'Aise, omettendo saggiamente il particolare che lei quell'agente ai tempi del Sismi lo conosceva sin troppo bene e di certo non per ragioni che fanno onore, e il giorno appresso parla dell'ampliamento delle opzioni operative dell'intelligence all'interno del decreto antiterrorismo come se queste fossero manna dal cielo e i controlli governativi e giudiziari fossero una favoletta.
Trasparenza è anche capire perché per trent'anni ci si spupazza un trafficante d'armi salvo poi svegliarsi la mattina e fare i conti con una richiesta di riscatto che lo stesso avanza per telefono a nome dei presunti rapitori.
Queste sono cose che ai bambini per adesso è meglio tacere. Però l’Italia è fatta anche da noi maturi over 40 o da noi minoranze religiose.
Dall’intelligence ci si aspetterebbe una marcia in più. Un orientamento al governo.
Qui si ha il sospetto che il problema non è tanto la pigrizia o l’attaccamento alla poltrona. Forse non abbiamo dei buoni analisti il che spiegherebbe, tra le tante, la politica estera fallimentare.
Marco e Cornelia dell’intervista a Repubblica sembrano tanto bravini e convincenti ma poco incisivi e concreti.
Tocca sperare che ci sia rimasto qualche dinosauro sismico a fare il lavoro sporco.

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