mercoledì 23 settembre 2015

Living like we're renegades

La scorsa notte a Guantanamo è iniziata un’udienza che si auspicava risolutiva per sottoporre a giudizio un cittadino iracheno accusato di fare parte di una cellula di al Qaeda resasi colpevole di crimini di guerra.
Abd al Hadi al Iraqi ha però rigettato ancora una volta il suo team di rappresentanti legali che sono militari americani in quanto non gli è concessa una difesa civile e quindi il procedimento slitterà di nuovo.


Il capitano della marina Waits che presiede la corte alquanto stizzito lo ha rimproverato dicendo “non è che ti debbano piacere, il diritto che ti viene dato alla difesa non prevede che tu abbia un rapporto di conoscenza importante con loro ”.
L’imputato non ne faceva una questione di preferenze.
Si è limitato a replicare che ormai è a Guantanamo da sette anni e dieci mesi. I capi d'accusa sono state modificati varie volte. I suoi incontri con i legali venivano spiati. In pratica gli è sempre stato negato un processo.
Abd al Hadi è uno che ha visto e vissuto di tutto. Non ha più niente da perdere.

Il portavoce della procura di Cracovia ha reso noto che per la quarta volta il dipartimento di giustizia americano per motivi legati alla sicurezza nazionale ha rigettato le richieste di assistenza legale necessarie a portare avanti le inchieste sulle rendition. Attualmente ce ne è una in discussione ma probabilmente subirà lo stesso fato. La sicurezza nazionale permette di aggirare i vincoli legati agli accordi bilaterali.
Le associazioni per i diritti civili americani si stanno muovendo sulla linea del caso di Abu Zubaydah che è uno di quelli che ha subito le torture maggiori e in siti di diversi Paesi. Si punta alla declassificazione quasi completa del rapporto Feinstein o per lo meno di quelle parti che consentono di ottenere il maggior numero di informazioni utili a ricostruire scenari e dinamiche per risalire ai funzionari coinvolti. Ormai si è riusciti ad individuare molti Paesi complici della Cia e anche un buon numero di agenti .
E’ fondamentale stabilire il grado di complicità per assegnare le responsabilità. E questo lo si può fare solo scoprendo le parti classificate. Le associazioni di difesa dei diritti dei cittadini e in qualche misura i politici giocano un grande ruolo in questo processo. Rimane centrale la posizione della magistratura inquirente ma a questa viene sempre opposto lo spettro della sicurezza nazionale con segreto di stato annesso.
Mancano all’appello i protagonisti ovvero quelli che hanno avuto un ruolo o conoscono come sono andate le cose. Forse gli unici che potrebbero dare un impulso nuovo e concreto alle conclusioni della relazione Feinstein sono proprio quelli che furono processati a Milano .
Sia gli americani che gli italiani si sono ricostruiti a modo loro una vita ma di certo non possono far altro che recriminare per quanto è accaduto e per la percezione negativa che è rimasta delle loro figure.
Ricostruire il grado di complicita può servire a ristabilire anche la verità sul ruolo effettivo che ciascuno di loro ebbe nel rapimento di Abu Omar e in altre vicende. Ricostruire la verità senza rompere il sigillo del segreto di stato, come sta in fondo facendo Sabrina de Sousa, è l'unica strada percorribile.
Però anche qualcun altro dovrà pur seguirla prima o poi.
E' vero che non hanno molto da guadagnarci ma nemmeno niente da perdere.

Quando non si ha più nulla da perdere si è liberi di scegliere se sopravvivere o vivere.
E se farlo seguendo i propri principi oppure rinnegandoli.

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