sabato 16 agosto 2014

Quegli ostaggi dimenticati e lo strano caso di Giovanni Lo Porto

Nel terzo aniversario del rapimento di Warren Weistein è arrivato un messaggio di al qaeda alla famiglia per ricordare che il tempo scorre e il governo americano non ha fatto nulla per aderire alle loro richieste e portarlo in salvo.
Weinstein è uno di quegli ostaggi che valgono oro per le organizzazioni terroristiche che operano in Pakistan ed Afghanistan.
Pur essendo un semplice cooperante che lavorava con la sua azienda alla ricostruzione delle infrastrutture del Paese è un cittadino Americano.
E’ quindi ottima merce di scambio per prigionieri e un veicolo per le rivendicazioni di Talebani e qaedisti.

Quello dei rapimenti è diventato un vero e proprio business in Pakistan utile a procurarsi soldi e visibilità o  per reclamare un certo grado di legittimità politica.
Ne sono principali vittime i cittadini occidentali ma anche uomini d’affari e politici locali.
Le tribù del posto gestiscono questo traffico con grande maestria ma ormai i grandi capi talebani non si occupano più direttamente dell’intera operazione.
Lasciano la parte iniziale a piccole bande criminali che seguono e si studiano per mesi le abitudini dell’obiettivo. Dopo la cattura e la riscossione della somma pattuita lo consegnano al gruppo che ha commissionato il rapimento.
La vittima viene in seguito trasferita nella zona che è sotto il loro controllo.
Nel caso di Weinstein così come in quello del nostro Giovanni Lo Porto dovrebbe trattarsi del Waziristan o di qualsiasi area a ridosso dell’Afghanistan, una sorta di terra di nessuno fuori da ogni controllo istituzionale.
Il rapimento dell’Americano che fu addirittura rivendicato da al zawahiri in persona per ottenere scambi eccellenti, dovrebbe essere teoricamente di alto profilo eppure Obama e i suoi lo stanno praticamente ignorando.
Gli Americani non aprono al dialogo con i terroristi nè pagano riscatti però alcune settimane fa lo hanno fatto con la collaborazione del Qatar e ciò ha provocato sdegno sulla stampa e tra la popolazione .
Il che potrebbe indurli a non ripetere un passo del genere.

Il caso di Lo Porto è nettamente differente dagli altri.
A sentire i racconti dei suoi amici è lui stesso persona lontana dallo stereotipo dell'Italiano medio.
Originario della Sicilia e con esperienza internazionale nel campo degli aiuti umanitari, Giovanni Lo Porto ha studiato in una università Inglese.
Tutti lo descrivono come un uomo molto aperto verso i rapporti umani e decisamente non uno sprovveduto.
Apprezzava molto il suo lavoro in Pakistan di cui amava la cultura e la gente.
Quando fu rapito la mattina del 19 Gennaio 2012 si trovava nella sua casa di Multan nel Punjiab.
Era sotto scorta armata come da regolamento.
Fu prelevato assieme ad un collega tedesco che poi nel natale dello stesso anno lanciò un appello in video.
Un'altra signora occidentale e l'uomo di guardia presenti nella sua residenza  furono lasciati andare.
Secondo resoconti locali qualche giorno dopo la polizia catturò un gruppo di uomini che per i media era da mettere in relazione con il rapimento ma non se ne seppe più nulla.
Nelle poche dichiarazioni ufficiali rilasciate alla stampa la polizia locale affermò di non aver ricevuto rivendicazioni e di supporre che il gruppo armato fosse costituito da estremisti religiosi .
Dalle poche informazioni in nostro possesso quindi, verrebbe da pensare che questo rapimento appartenga ad un tipo molto particolare di operazione messa in atto di solito nei confronti di cittadini americani.
A causa delle interferenze sul territorio specie dopo la cattura e la morte di bin laden, esercito e polizia assieme ai servizi segreti hanno messo in opera questa sorta di vendetta come segnale da inviare a governo e ed esercito americano.
Un particolare che confermerebbe questa pista è il fatto che pochi giorni dopo il sequestro la onlus per la quale lavoravano i due Europei fu privata del permesso per lavorare in Pakistan.
Il motivo fu spiegato, era che l'organizzazione era dedita ad attività "sospette".
Quindi sarebbe per lo meno da ipotizzare che il rapimento fosse mirato ai due e non avesse come solito obiettivo il riscatto o le rivendicazioni di rito.
Lo Porto non ha mai inviato messaggi però si pensa sia ancora vivo perchè il suo collega nel video di fine 2012 parlava sempre al plurale.
Potrebbe essere stato rivenduto ad un'altra banda nell'immediato .
Il che spiegherebbe il presunto buco nell'acqua degli arresti effettuati in quella stessa settimana.

In ogni caso da parte del nostro governo regna sempre il silenzio assoluto come da prassi.
Forse questa volta però sarebbe ora di cambiare tattica e di chiederci se effettivamente si stia lavorando in maniera concreta.
Leggiamo sulla stampa che a forte braschi siede gente da decenni e con esperienza internazionale.
Gente che non ha paura di rimestare nel torbido e il Pakistan è un terreno molto complicato.
Perchè non darsi una mossa e cercare di portare a casa Giovanni Lo Porto ?
Magari è un pò troppo cittadino del mondo e non è un ragazzino indifeso o un giornalista famoso.
Ma chi più di lui meriterebbe una mano ?
Questo tipo di rapimenti è un atto di guerra nei confronti della nostra nazione.
Abbiamo salvato ostaggi che si sono dichiarati in sintonia con le cause sostenute dai loro carcerieri.
Per una volta tanto salviamone uno che almeno ha portato in giro la fama di generosi che abbiamo e basta.

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