“Personale che doveva essere preposto alla sicurezza del mio assistito – denuncia l’avvocato Calabretta – faceva sicuramente il doppio gioco. Questo è stato da noi denunciato e presto verrà reso noto dalla magistratura”. A riprova di questo, il legale ricorda un fatto: la scoperta, nel luglio scorso, di un arsenale a disposizione dei killer della ‘ndrangheta, individuato a Termoli, a pochi passi dalla casa di Bonaventura. “Il garage in cui era parcheggiata l’auto carica di armi – riferisce Calabretta – era di proprietà della moglie di un appartenente alle forze dell’ordine. Quelle armi – prosegue Calbretta – dovevano servire ad uccidere il mio assisitito”. La magistratura ha scoperto poi che quell’arsenale era a disposizione del clan guidato da Felice Ferrazzo, originario di Mesoraca, sempre nel crotonese. ilfattoquotidiano
Sulla denuncia del pentito Bonaventura si deve indubbiamente indagare, pero' io ho le mie riserve, o per lo meno voglio pensare che infiltrazioni nel servizio di protezioni siano possibili, ma rare .
I calabresi stanno dappertutto, specialmente al nord, e sono una comunita' molto chiusa e affiatata ma a piccoli clan , e non si fidano degli estranei .
Quando ero studentessa a Bologna ne conoscevo parecchi, tra studenti e lavoratori, da Crotone, Isola Capo Rizzuto e altri posti .
Una delle ragazze del mio pensionato era la figlia del dentista Paola di Locri, che venne rapito agli inizi degli anni novanta .
Sono persone che si inseriscono bene nel tessuto sociale e lo fanno in maniera molto silenziosa, quindi se arriva uno di loro da fuori, sotto protezione, si viene a sapere facilmente e si agisce di conseguenza .
Magari qualche agente corrotto ci sara' qua e la', ma non credo sia la norma, spero .
Quello che egoisticamente ci deve preoccupare del caso Bonaventura, e' che questo signore pur non rinunciando a collaborare (ottima mossa per non stare dalla parte del torto, in relazione al contratto stipulato con lo stato), rinuncia al programma di protezione e vuole far causa al ministero per la modica cifra di 2.5 milioni di euro , denaro che lo aiuterebbe a rifarsi una vita all'estero .
Ora con tutti quei soldi, che suppongo sarebbero pagati da noi, si potrebbe rinforzare l'organico delle forze di polizia, costruire biblioteche, circoli, punti di incontro e scambio in Calabria, cioe' fare tutte quelle cose che oltre a favorire la repressione, servono a promuovere la cultura della legalita' .
Pero' sembra che non ci sia la volonta' da parte di certe istituzioni .
Forse hanno ragione Sgarbi quando dice che la Sicilia restera' sempre mafiosa e l'imprenditore Imberbe che si e' arreso alla camorra che a Napoli vince sempre .
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