ma perché «a seguito di un’intervista a una televisione che l’ambasciatore aveva deciso autonomamente di dare in lingua araba, sono sorti quelli che se fossimo in un contesto italiano definiremmo malintesi. Essendo purtroppo il contesto libico molto più difficile, questi malintesi provocano molto velocemente emozioni molto più forti di quelle che si manifesterebbero nel nostro contesto, ci sono state manifestazioni di piazza, prese di posizione forti». Per questo motivo «l’ambasciatore ha deciso autonomamente di rientrare» in Italia. il post
La vicenda dell’intervista che ha risvegliato i malumori da parte libica (non più di una quindicina di profili Twitter, sempre i soliti e gestiti da nostalgici di Gaddafi ed estimatori di Marshal Haftar, nonché da persone vicine al dottor Nayed, e comunque verosimilmente per la maggior parte giovani residenti all’estero con agganci in Libia ) è stata l’ultima di tante controversie sofferte in seguito a comportamenti posti in essere in rete e fuori, dall’Ambasciata italiana.
Si è trattato di atteggiamenti che hanno evidenziato come la strategia globale messa in atto dall’Italia, abbia subìto la poca sintonia che c’era tra i vari ministeri.
Una impostazione improntata al commercio e agli affari, accompagnata da una amministrazione molto aggressiva dei rapporti con i vari protagonisti della scena locale (politici e tribù) spesso si scontrava, rendendolo vano, con il lavoro paziente portato avanti sul campo dall’Aise.
Anche alcuni resoconti della stampa di casa nostra, circa il tenace ostruzionismo praticato da Macron quale causa principale dell'impasse italiana in Libia, sono parsi poco credibili. C'erano evidentemente troppi interessi in gioco ma poca coesione da parte italiana.
La direzione impressa dal nuovo corso di governo rappresentato dai ministri Moavero e Trenta, e culminato nell’incontro dei giorni scorsi a Bengasi, pare essere più in linea con la gestione pragmatica, di eventi e relazioni, realizzata finora dall’Agenzia per la Sicurezza Esterna assieme ad altri comparti del ministero dell’interno.
In quest’ottica, così pare d’intuire dalle parole pronunciate dal presidente Conte in audizione al Copasir, potrebbe rimanere invariato fino a scadenza naturale il vertice dell’Aise almeno per quello che riguarda la sua conduzione.
L’attuale direttore del Dis potrebbe invece ricoprire un ruolo, sempre legato a dossier impegnativi gestiti dai servizi segreti, all’interno della presidenza del consiglio e a più stretto contatto proprio con il presidente.
Si tratterebbe di una soluzione lungimirante in vista della conferenza di Roma.
E soprattutto del complesso lavoro di elaborazione e sviluppo di valutazioni e conclusioni che potranno essere tratte in quell'occasione.
Un’azione armoniosa e sinergica tra presidenza del consiglio, ministeri, servizi segreti e Copasir, costituirebbe una base concreta per determinare una svolta positiva nel composito scenario libico.
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