Ramzan Kadyrov
There is no use in killing poor policemen who traded religion for a bit of bread. For the sake of eliminating one or two of these poor people, who don’t impact on us, don’t blow yourselves up, make raids on them and so on. With everything you do, think things through properly, and act effectively and accurately, like Yusup did. It’s one thing what Yusup did — in such cases you can still sacrifice yourselves. Otherwise, you need to have patience, until Allah gives the opportunity and our time comes to prove yourselves to the fullest. Traduzione a cura di Joanna Paraszczuk per Chechensinsyria
Il colonnello Yuri Budanov fu l’unico militare russo a essere processato per crimini di guerra perpetrati nel periodo del conflitto in Cecenia. La condanna fu inflitta per abuso di potere.
I crimini commessi, secondo l’accusa e anche il giudice che prese atto delle evidenze fornite senza approfondire più di tanto, erano abuso di potere e omicidio. Non gli furono mai contestate la tortura e la violenza sessuale alla quale egli in maniera brutale sottopose una ragazza cecena. Secondo la difesa si trattava di una povera giovane mandata a compiere attentati. Il suo omicidio fu un legittimo atto di tutela da parte dell'esercito.
Il colonnello Budanov, nel frattempo divenuto una bandiera per nazionalisti, neonazisti e una larga parte dell’esercito russo, alla fine trascorse in carcere solo una frazione del periodo da scontare. Il suo fu una specie di processo farsa, con tanto di annuncio pubblico rivolto al Cremlino per comunicare la chiusura delle indagini, a dimostrazione del fatto che nessuno in Russia è al di sopra della legge. Un modo di sedare gli animi dei ceceni prostrati da anni di guerra e soprattutto dalle nefandezze commesse dall'esercito russo.
Nella primavera del 2013 una corte moscovita condannò un giovane ceceno a quindici anni di carcere per l'uccisione del colonnello Budanov avvenuta in circostanze poco chiare un paio d'anni prima.
Tra ritrattazioni varie da parte dei testimoni e cambi di giuria, la corte giunse alla conclusione che Yusup Temerkhanov, mai reo confesso nonostante la somiglianza estrema con la figura ripresa dalle telecamere di sorveglianza, si era reso artefice dell'omicidio assieme ad un paio di complici per vendicare la morte del padre avvenuta per mano delle forze russe nel corso di una delle guerre in Cecenia. La difesa di Temerkhanov si appellò alla Corte Europea non solo per fare annullare il verdetto, ma in seguito anche per richiamare l'attenzione sulle terribili condizioni nelle quali versano quelli che, come il suo cliente, vengono mandati in Siberia.Infatti in carcere, qualche settimana fa, il giovane ceceno è morto in circostanze misteriose.
Ramzan Kadyrov in passato si è spesso scagliato contro Budanov e l'orribile crimine commesso ai danni della giovane cecena. Anche a lui conveniva puntare il dito contro il soldato russo cattivo che non incarnava i principi dell'esercito.
Mai però aveva parlato di Temerkhanov. Tantomeno lo aveva indicato come martire.
Lo ha fatto in questi giorni esaltando l'eroe caduto sotto la scure dell'errore giudiziario.
Non martire nel modo in cui il popolo ormai lo percepisce. Il prode ceceno che ha vendicato l'onore della giovane Kungayeva uccidendo il soldato russo.
Kadyrov ha invece difeso l'innocenza di Temerkhanov sottolineandone lo stoicismo. Così facendo ha fatto rientrare, un eroe amato dal popolo e dagli jihadisti, in quel misto di nazionalismo e sufismo di cui si serve per tenere sotto controllo la Cecenia.
Una mossa molto strana per uno come lui, che non si è mai preoccupato delle accuse di sevizie e torture (che potrebbero essere alla base della morte in carcere di Temerkhanov ) avanzate da più parti del globo verso il suo governo , e che non è sfuggita agli jihadisti del Caucaso presenti in Siria.
Alexander Bortnikov, che per catturarlo e ucciderlo mise in campo diverse squadre speciali nell'arco di una settimana, descrisse Said Buryatsky, nel corso del briefing con il presidente, come il nuovo Shamil Basayev. La pericolosità di Buryatsky stava nel mito che tutt'oggi accende gli animi dei giovani del Caucaso. E che non a caso è stato rispolverato, nel lungo messaggio dedicato alla commemorazione di Yousup Temerkhanov, da parte del comandante di Junud Al Sham.
Originario di una piccola regione della Siberia, dove tutti o quasi praticano il buddhismo, Aleksandr Tikhomirov aveva dedicato la sua vita alla lotta di liberazione del Caucaso dove si era trasferito dopo aver completato gli studi religiosi in Africa e Medio-Oriente.
Secondo l'FSB con lui furono catturati e uccisi diversi ragazzi russi molto giovani.
Uno scenario in apparenza simile a quello degli attacchi avvenuti a Grozny negli ultimi giorni.
Ragazzini tra gli undici e i diciotto anni.
In realtà, nel caso di Buryatsky, da più parti fu rilevato che il suo gruppo ebbe molto successo perchè poté avvalersi della collaborazione di apparati governativi.
Anche di molti appartenenti alle forze dell'ordine e all'esercito.
Una realtà molto comune che i siloviki tendono sempre a nascondere.
Allo stesso modo, i recenti attentati hanno mostrato un alto livello di coordinamento che poco spazio lascia all'iniziativa di un gruppetto di giovani esaltati di Daesh.
Il messaggio di Amir Muslim Al Shishani, giunto un paio di settimane fa, non era il classico invito a mettere da parte la strategia dei piccoli attacchi per puntare maggiormente sugli attentati in grande stile. Piuttosto si è trattato della conferma di voci, in giro da diverso tempo, che vedono Kadyrov in grossa difficoltà anche all'interno dei propri circoli di fedelissimi.
I riferimenti continui alle "opportunità" da cogliere e l'esortazione a non accanirsi contro i poliziotti che hanno messo da parte la religione per portare a casa un pezzo di pane, sono indicativi di un clima diverso rispetto a quello fatto di disperazione e rabbia al quale la Cecenia ci ha abituato.
Amir Muslim potrebbe avere avuto informazioni in tal senso, oltre che dalla vasta rete di contatti che conserva all'interno del Caucaso, anche dagli incontri delle ultime settimane che un po' tutti i ribelli hanno avuto con l'esercito russo per trattare non solo dell'eventualità di deporre le armi ma anche per gli scambi di prigionieri. C'è da ricordare inoltre, il velo di mistero che avvolge alcune fasi della vita di Al Shishani che, secondo alcuni commentatori, spesso in passato avrebbe avuto contatti e scambi di favori con apparati di sicurezza di governi anche al di fuori del Caucaso. Il suo trasferimento in Siria sarebbe stato facilitato in ottica anti-russa.
Al Cremlino, e anche all'interno dell'Fsb, molti non vedono Kadyrov con favore.
E' possibile che al momento vi siano manovre concrete in atto per allontanarlo e Shishani ne è venuto a conoscenza.




Nessun commento:
Posta un commento