Quando marginalizzazione sociale e disagio economico si uniscono, la conseguente criticità assume dimensioni tali da costituire un rischio maggiore per il sistema Paese.
Qualche settimana fa la Gazzetta di Modena ha reso noti i dettagli di un caso di cui si sta discutendo davanti al giudice di pace. Una signora vegana quasi cinquantenne e disoccupata, irritata dalla cucina della madre dedita al classico ragù, l'avrebbe minacciata di piantarle un coltello in pancia se non avesse smesso.
Si tratta di un atteggiamento che ricorda molto da vicino il veto posto alla madre da Alice Brignoli, prima di partire con il marito per la Siria, la quale non le avrebbe fatto più vedere la nipotina se non si fosse convertita.
Oltre alla mancanza di dialogo, sottolineata da molteplici recenti e note vicende di cronaca, quello che sembra scarseggiare ormai nella nostra società, è la ricerca di percorsi di avvicinamento prima dello scontro diretto.
La signora modenese avrebbe potuto proporre di cucinare un ragù al tofu. E solitamente i convertiti chiedono ad amici e familiari di non usare linguaggio e modi sconvenienti dinanzi ai bambini. O di non citare tematiche di natura religiosa che contraddicono i principi islamici.
Il ricorso a un approccio violento è sintomo del fatto che in un Paese come il nostro, poco incline all'accettazione della diversità quando essa viene percepita in opposizione alle tradizioni italiane, la reazione da parte di chi ha operato una scelta di vita diversa, è quella di abbracciarne la forma più oltranzista. O comunque di esprimersi con aggressività.
Se il ritorno a una situazione economica più favorevole è al momento di difficile conseguimento, di più facile realizzazione è la creazione di un'atmosfera più accogliente e inclusiva. Un impegno in questo senso ridurrebbe le criticità dovute ad attriti e scontri che mettono in pericolo costante il sistema Paese.
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