Al di là di una immagine diffusa qualche giorno fa assieme ad Ali Larijani, per la quale è difficile stabilire la veridicità della data dello scatto, da almeno tre settimane il generale Soleimani sembra essere scomparso dalla circolazione. Niente visite alle famiglie dei martiri o incontri con i capi delle milizie irachene. Di apparizioni in Siria nemmeno a parlarne.
La sua squadra social, capeggiata da cugini e nipoti, è molto abile a costruire una narrazione generale sul ruolo iraniano a livello mondiale. Un'assenza così prolungata fa pensare a possibili problemi di salute.
Si è fatto vedere e sentire molto tra ieri e oggi invece, il consigliere dell'Ayatollah Khamenei.
Velayati ha compiuto un giro di visite istituzionali in Siria e alla fine è spuntato in un video girato a Ghouta a colloquio con i capi delle milizie assadiste. Stranamente Ali Mamlouk, che lo avrebbe incontrato ieri, oggi non appare come al solito al fianco del presidente.
La presenza di Velayati piuttosto che del generale Soleimani, su un campo come quello di Ghouta la cui riconquista nella logica di Assad è servita a ribadire il controllo militare del territorio e quindi la sua legittimità politica, vuole rappresentare quell'entrenchment più volte condannato dal primo ministro israeliano, da parte di un alleato solido che non mette in discussione la permanenza dell'attuale presidente siriano e che considera ormai la Siria base stabile e punto di partenza verso la conquista di altri obiettivi. Tanto più che Velayati ha colto l'occasione per sfoderare una serie di dichiarazioni, proprio contro Israele, che lasciano poco spazio a velleità pacifiche.
C'è inoltre da registrare un dibattito interno molto vivace sui giornali iraniani in questi giorni, anche quelli vicini al presidente Rouhani, sulla necessità di una presidenza di marca militare.
Dal solito podio polemico riformista è partita una serie di provocazioni, tese a mettere in dubbio collaborazione e lealtà da parte dell'Irgc nei confronti del governo, poi riprese da intellettuali e capi di milizie che vedono nel generale Soleimani, e in altri comandanti, l'unico modo per l'Iran di avere un ruolo significativo sullo scacchiere internazionale vista la scara incisività del governo attuale.
Si tratta di un orientamento che potrebbe avere molto appeal tra la popolazione, che tollera la leadership religiosa e non vede arrivare ancora risposte concrete dal governo per porre rimedio al disagio socio-economico patito. Popolazione che rimane comunque unita su tematiche che vedono nel nazionalismo l'unico scudo difensivo al quale aggrapparsi per difendersi da quelle che vengono percepite come aggressioni esterne da parte di Unione Europea e Stati Uniti. A dispetto delle critiche e delle proteste, il generale Soleimani e l'establishment militare sembrano essere attualmente gli unici in grado di ridimensionare le ansie della gente.
La presenza di Velayati in Siria, oltre ad un cambio di strategia necessario per affrontare l'emergenza del momento, potrebbe anche essere sintomo della preoccupazione destata da un Soleimani sempre più protagonista e padrone della scena.
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