sabato 28 aprile 2018

Le ragazze di Haftar

"Obviously, it is pleasing that the general is well and that he may contribute to national reconciliation and to Libya's stabilisation," Perrone said. "It is to be hoped he can continue to make a positive personal contribution to taking this process forward." "I hope that his presence may serve as a unifying force," said Perrone. adnkronos


Tra gli ufficiali accorsi ad accogliere Marshal Haftar c'era una bella signora che ha risvegliato la curiosità dei commentatori occidentali.
Si tratta del Brig.Gen. Naima bint Saeed al Oreibi che ha completato gli studi all'accademia militare con un corso di perfezionamento in intelligence e comunicazione. A Gennaio il comandante le ha affidato il compito di creare un database delle famiglie dei martiri e dei dispersi e di assisterli. In particolare le donne.
Haftar, contrariamente a quanto diffuso dalla narrazione occidentale, è molto popolare non solo tra veterani e notabili delle tribù. Ma anche, e soprattutto, tra i giovani e le famiglie che, al di là dello scudo militare offerto, lo considerano una specie di padre della patria.
E d'altra parte un uomo che ha vissuto una vita da romanzo, passando dalla prigionia in Chad all'esilio dorato della Virginia, non può che essere tornato in Libia per dare alla sua terra un futuro migliore. Certo non riesce a nascondere il grande ego che spesso ne caratterizza l'operato, ma se di nazionalismo ai giorni nostri ancora si può parlare, Haftar è quello che lo incarna nella maniera più completa.
A uno come lui non solo non si può dire di farsi da parte, ma nemmeno si possono offrire opzioni poco allettanti. Non ha senso barattare una porzione significativa di territorio sotto il proprio controllo, e un esercito di tutto rispetto, per andarsi a riconciliare con un governo che, come disse lui tempo fa, al massimo possiede autorità sul personale degli uffici in cui ha sede.
Per il resto appare chiaro ormai, attingendo anche da più fonti, che l'altra parte della Libia è sotto il controllo militare di una struttura composta da milizie che operano con metodi mafiosi.
Non solo si rendono artefici di torture nei confronti degli ospiti dei centri profughi, ma tengono sotto scacco il governo di Tripoli.
Presumibilmente il generale cercherà di trarre massimo profitto dall'assenza dovuta alla presunta malattia. Nel corso della sosta egiziana precedente al ritorno dovrebbe avere discusso di ulteriori rinforzi in vista della battaglia di Derna. Una sua candidatura ad eventuali elezioni sarebbe un passo quasi obbligato. Difficile prevedere in che modo voglia proporsi.
Certo è, che appare più facile traghettare lui verso uno scenario politico teso alla stabilità, piuttosto che rendere efficienti ed autonomi i personaggi che animano l'altro pezzo di Libia.
Farlo ragionare significa ricordargli che la sua tendenza all'isolazionismo, seppure avallata da sostenitori potenti, rischia di fargli fare la fine di Gaddafi. E che alla Libia lui può dare molto più di un esercito.
Marshal Haftar è persona intelligente che ha sempre saputo trasformare anche le difficoltà in opportunità. Ha un lato umano che sfugge alle valutazioni politiche, ma che la sua gente conosce.
E soprattutto, quando ha in mano un esercito efficiente, sa come usarlo.
Le esagerazioni montate ad arte dalla stampa internazionale, veicolate anche attraverso qualche testata italiana, non devono trarre in inganno. Indubbiamente negli ultimi mesi ha subito dei contraccolpi all'interno dei suoi ranghi. Ma ha saputo tamponarli come sempre.
Piuttosto che escludere Haftar per riprendersi una sfera d'influenza in Libia e oltre, l'Italia dovrebbe portarlo dalla propria parte.
Dialogarci ed arrivare ad un accordo non è così difficile come sembra.

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