A reliable Libyan source told Asharq Al-Awsat that Haftar rejected the US offer given that the Libyan army is capable of liberating Derna from militants with minimum losses and without foreign assistance. aawsat
Si tratta di una scelta che, al di là del carattere accentratore e forse un pò egocentrico del generale Haftar, e del giusto rifiuto di intrusioni a livello operativo soprattutto in aree strategicamente importanti, conferma la linea politica dei suoi sostenitori di gestire la questione libica in ambito strettamente regionale. Linea ribadita anche dalla mediazione egiziana portata avanti nelle ultime settimane per sanare le controversie con il Sudan.
Ragionevole invece, risulta essere la concessione di una base agli americani nei pressi di Benghazi.
Nelle ultime ore gli attivisti anti-Haftar hanno costruito sui social una narrazione che ruota attorno alla presunta complicità di Salamè, che potrebbe essere stato anche vittima di un imbroglio, circa la prova in vita del generale la quale verrebbe poi smentita proprio alla fine delle operazioni di Derna.
Di Haftar si dice tutto e il suo contrario. Nelle ultime settimane gli è stata attribuita la paternità del secondo attacco di Ajdabia e un presunto attentato ai danni di Salah Bulgheib.
Indubbiamente il generale non pare uomo facile, ma presentarlo come il male assoluto in un contesto come quello libico è altamente fuorviante. Nessuno possiede la sua capacità nel tessere legami con le tribù e nel costruire un esercito. Non riesce a comprendere l'importanza di avere a disposizione una intelaiatura sociale e il pericolo posto dall'uso sfrenato del madkhalismo. Sono limiti facilmente superabili con consiglieri all'altezza.
Gran parte della campagna stampa di questi giorni è stata organizzata dal Qatar la cui situazione in regione non accenna a migliorare.
Già dalla conferenza stampa congiunta con Trump s'era capito che la diatriba del Golfo è lontana da una soluzione. A dispetto dei complimenti reciproci, ispirati dall'instancabile lavoro di lobby e dai costosi acquisti dell'Emiro nelle aziende americane, la vendita anticipata e rischiosa di un grosso bond da parte dell'Arabia Saudita proprio nei giorni in cui il Qatar si apprestava al colloquio con potenziali investitori, ha messo in chiaro che la lotta al terrorismo e le buone intenzioni non sono sufficienti a placare le ire dei Paesi del Golfo. L'assenza di Tamim al summit di Dhahran, e le velenose frecciatine pubbliche riservategli dai convitati, hanno confermato il divario.
In mancanza di iniziative, anche l'incontro di Settembre non dovrebbe portare novità.
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