SEC. MATTIS: Yes, with Yemen, they have been on the record that they want to see this civil war stopped for obvious reasons. They have been an enormous help, going all the way back to right after 9/11 and the counter-terrorism war.
They have security concerns that we share. I'm going there to listen, like I started off with, and find out how they assess any trafficking that's going on at all. What is their assessment? What is their view of routes and that sort of thing?
You're aware that the French navy, Australian navy and U.S. Navy have all intercepted arms shipments from Iran going into Yemen. These have been on the high seas, ships at sea bringing the weapons in. And so you see an international effort that is trying to stop this.
So I'll be going in to talk to the sultan, who obviously has a keen role in all of this, because he's got a border with this country. And so I need to go in and find out how they assess it.
Q: And you'll know more, obviously, after you talk to him.
SEC. MATTIS: Absolutely.
Q: But is there a sense that they're turning a blind eye to this, or unable to stop...
SEC. MATTIS: Yes, I'm not willing to say that right now. I need to go in and listen first, and assess what's going on.
Q: Is there anything specific that you want to ask of the sultan that he's not doing now, that you would like...
SEC. MATTIS: Ask who?
Q: The sultan.
SEC. MATTIS: Oh. Their could be, but I want to first make certain I'm current. One of the reasons you go down and you do these kind of trips, you know, you say, well, you get on the phone with each other. It's a lot better to sit down together in a room and talk our way through, and look at a map and talk details, with his officers in the room, too. So I want to make sure we start with that, and I listen first.
Q: Then, again, also we have U.S. forces across the border in eastern Yemen at this time, I assume?
SEC. MATTIS: We have very small numbers, as you know -- they're not big numbers -- of U.S. forces there. They are working with, in most cases, the Emirates, and the Emirates and the Yemen counter-terrorism organization, and AQAP, Al Qaeda in the Arabian Peninsula and ISIS are those targets, and those have been the targets throughout this period.
For example, Mukalla Port was held by AQAP for a year, and the United Arab Emirates, with some American help, intelligence help principally, had gone in, organized the local tribes to take it away and Mukalla Port fell in 36 hours after being held for a year. And so we're there to help that sort of an effort. We're not there in the -- you know, with troops on the ground in the civil war. March 2018
.....e dell’equidistanza dell’Oman, interessato da un processo
di successione, appare di interesse l’accentuato attivismo degli Emirati Arabi Uniti.
Questi ultimi si sono infatti proposti come referenti su importanti questioni regionali ed internazionali,
ricoprendo tra l’altro un ruolo di rilievo sia nella crisi yemenita, sia nelle dinamiche
interne in Libia che, infine, nella questione palestinese.
Relazione 2017
Al momento l'Oman non è interessato da un processo di successione.
Non più di quanto lo è sempre stato.
Sua Maestà in gioventù è stato sposato per un breve periodo.
A quanto è dato sapere non ha eredi. Da molto tempo soffre di diabete.
Qualche anno fa è rimasto vittima di una forma tumorale che lo ha costretto ad un ciclo di cure in Germania e per la quale è sotto monitoraggio continuo.
Il meccanismo che regola la successione prevede che, nel periodo immediatamente successivo alla morte, la famiglia si riunisca e scelga un sovrano.
Qualora non si converga su un nome, dopo pochi giorni verrà aperta una busta contenente le indicazioni lasciate da Sua Maestà.
In molti, tra le diplomazie straniere presenti nel sultanato e gli stessi appartenenti alla famiglia reale, ritengono che la scelta alla fine sarà tra Sayyid Asaad bin Tariq Al Said e Sayyid Fahd bin Mahmoud Al Said. Asaad ha molto sèguito tra la gente. Prima di essere chiamato da Sua Maestà a ruoli di rappresentanza di primo piano, era solito trascorrere lunghi periodi in giro per le aree rurali e nel deserto a contatto con la popolazione. Attività prediletta anche dal Sultano in gioventù, e che poi è stato costretto a trascurare a causa degli impegni. Fahd è da sempre occupato a rappresentare Sua Maestà. Sa districarsi bene in ambiti regionali e internazionali.
Ma anche gli altri fratelli bin Tariq al Said hanno buone probabilità di salire al trono.
Sultan Qaboos, pur avendo sempre tenuto per sè le competenze che gli assicurano il potere, ha distribuito con molta lungimiranza tra i membri più capaci e rappresentativi della famiglia, non solo i doveri di rappresentanza ma anche le funzioni che regolano le attività in settori strategici per il Paese.
La famiglia è inoltre consapevole del fatto che il Sultanato, non potendo contare su enormi risorse energetiche ed essendo una realtà geopolitica strategica ma piccola, è da sempre nel mirino delle potenze straniere. Gli Emirati Arabi, Mohammed bin Zayed in particolare, sono molto attivi in questo senso. E' prevedibile che, se non vi saranno interferenze esterne nel momento della successione, i membri della famiglia reale convergeranno in maniera relativamente agevole, e in un breve lasso di tempo, su un nome in grado di assicurare la continuità necessaria.
Come è facilmente intuibile dalle parole del Segretario Mattis, a Washington ben conoscono la lealtà del sovrano omanita ma anche la realtà del Golfo. Evidentemente qualcuno, e non sarebbe la prima volta, ha raccontato le responsabilità dell'Oman in maniera non proprio aderente a come sono effettivamente andati i fatti.
Innanzitutto c'è da chiarire che la presa di Mukalla è tardata a venire a causa di errori strategici della coalizione di cui l'Oman non fa parte. Sauditi ed Emiratini si erano concentrati in aree sotto il controllo degli Houti. Aqap in breve tempo non solo ha catturato Mukalla, ma ha unificato le aree già conquistate nel sud che in maniera poco lungimirante erano state tralasciate dalla coalizione.
Il vero nodo strategico nell'area, non è tanto la cattura di Mukalla ma la sua tenuta. Aqap ha faticato a conquistare l'appoggio delle tribù locali il cui tessuto è molto complesso. Una volta raggiunto l'obiettivo è riuscito a tenere quel territorio grazie proprio alla collaborazione della popolazione che ancora oggi rimpiange l'eccellente gestione amministrativa realizzata da Al Qaeda. Gestione che invece la coalizione trascura.
L'Oman per primo è interessato alla fine del conflitto. La descrizione di un Paese in cui si convive in armonia di certo corrisponde a verità. Non mancano comunque elementi di criticità rappresentati da un nutrito gruppo sciita e da salafiti che non si riconoscono nell'ibadhismo tantomeno nella leadership del Sultano. Anche le frizioni tra gli omaniti cosiddetti puri e quelli tornati con le loro famiglie, dopo aver trascorso a Zanzibar gli anni dell'oscurantismo del regno di Said bin Taimur padre del Sultano, costituiscono un'insidia spesso sfruttata dalle velleità saudite ed emiratine.
Il controllo delle frontiere nell'area del Golfo non è ottimale come accade in Europa.
E giocano un ruolo importante nelle incursioni iraniane, i rapporti familiari e amicali tra yemeniti e omaniti. Vi è un fondo di verità nella descrizione del passaggio di armi dall'Oman allo Yemen, ma sicuramente anche molta esagerazione e strumentalizzazione.
Il Sultano avrà di certo spiegato questo e altro al Segretario Mattis.
Anche l'Oman è interessato alla risoluzione della disputa del Golfo, ma non può rinunciare ai rapporti con l'Iran ed è ben consapevole del fatto che in fondo gli stessi protagonisti non mirano ad una soluzione equilibrata e di lungo respiro.

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