sabato 17 marzo 2018

Ahmadinejad rilancia e minaccia il martire vivente

Una seconda lettera aperta al generale Soleimani è stata fatta circolare sui siti vicini a Mahmoud Ahmadinejad.
La tempistica non è casuale.
La missiva è arrivata a pochi giorni dalla sentenza di condanna a quindici anni di carcere per Hamid Baghaei e ha preceduto di poche ore l'arresto di un altro dei suoi ex vice. Esfandiar Rahim Mashaie.
Nel messaggio vi è un riferimento diretto al processo di Baghaei che è stato condannato per sottrazione di fondi pubblici.
Ahmadinejad chiede conto al generale del suo silenzio a proposito di due grosse incongruenze ravvisabili nel procedimento.
All'epoca in cui si sarebbe appropriato del denaro destinato ai Paesi convenuti in Iran per la conferenza dei non allineati, Baghaie non era più un pubblico ufficiale. E l'accertamento dei fatti risulterebbe incompleto. Se come sostiene l'accusa mossa dal direttore del reparto d'intelligence dell'Irgc, i fondi sono stati erogati dalle Quds Force, non si capisce per quale motivo non sia stata fatta chiarezza su chi avesse autorizzato l'operazione e con quale fine, e nemmeno sembra esserci documentazione che attesta il passaggio di denaro.
Il dubbio che Ahmadinejad insinua, rimanendo fermo nel convincimento che il suo ex vice sia innocente, è che si trattasse di una iniziativa delle Quds Force non autorizzata.
L'ex presidente si rivolge quindi al generale Soleimani ricordandogli che da difensore degli oppressi in Siria e in altre aree, non può al tempo stesso rimanere allineato con un apparato giudiziario corrotto.
E lo avverte di essere pronto a rendere pubblica la documentazione che attesta i rapporti che intercorrevano tra lui e le Quds Force all'epoca della presidenza e le operazioni autorizzate.
In allegato presenta anche la registrazione di una conversazione del portavoce dell'Irgc che in privato ammette che il processo a Baghaei ha solo motivazioni politiche.
Ahmadinejad conosce bene il generale Soleimani e lo ha messo di fronte ad un dilemma.
Continuare ad appoggiare da connivente il gioco di un sistema corrotto che non perde occasione per vendicarsi della politica, e quindi venire meno ai principi rivoluzionari dei quali lui è il principale interprete, oppure passare dalla parte del giusto.
Nel mezzo c'è la documentazione che dice di possedere.
Se quella del pagamento agli stati africani, ed altre operazioni, fossero sfuggite al controllo del governo, il generale Soleimani potrebbe fare una fine simile o anche peggiore di quella di Baghaei.
Ahmadinejad è consapevole del fatto che si è stretto il cerchio attorno a lui e ha tentato un colpo a sorpresa che mira a scalfire la credibilità dell'establishment. Non sembra puntare su un effetto rivoluzione, ma potrebbe essere stato ispirato da attori al di fuori dell'Iran.

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