Dopo la lettura della sentenza, fuori dall'aula, Wafa Koraichi ha espresso in lacrime tutto il suo disappunto per la condanna ("non è giusto, ho detto tutto ai magistrati"), mentre il marito ha urlato dirigendosi verso il pg Nunzia Ciaravolo: "Faccio il cuoco, lavoro dal mattino alla sera, pago le tasse, non è giusto". I carabinieri di turno sono intervenuti a protezione della magistrata.
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In conferenza stampa il generale Governale e il dottor Giannini misero in scena una delle loro migliori rappresentazioni. C'era ancora una volta da sottolineare la validità del decreto per esaltare il ruolo del governo e, se non ricordo male, all'epoca il procuratore Roberti non aveva ancora deciso di tenere per se la guida della procura antiterrorismo. Caso raro, venne anche distribuito ai giornali il testo della sentenza del GIP.
Però quella indagine era in effetti molto più solida di tante altre che vengono ormai sfornate giornalmente. C'era modo di toccare con mano il percorso di radicalizzazione e la maturazione di intenzioni più o meno concrete.
In America per casi del genere si arriva a sentenze anche di vent'anni. Ma c'è la certezza, attraverso indagini fatte servendosi di infiltrati ed esche, che l'intenzione precede effettivamente la messa in atto.
Il decreto è stato indubbiamente pensato per prevenire i pericoli derivanti dal fenomeno terroristico moderno riducendo i margini di rischio attentati. Ha però coniugato la necessità degli apparati di sicurezza e di certa politica di liberarsi di un po' di gente ritenuta un peso piuttosto che una risorsa.
Non riesce a mascherare il vero problema. Ovvero l'inadeguatezza della classe politica locale e nazionale. Forze dell'ordine, magistrati e giudici, i servizi segreti sono sempre presenti e fanno del loro meglio. Manca il resto.
E' positivo che i figli non vengano tolti alla madre. Ma c'è bisogno di aiutare quella famiglia a crescerli e a crescere.
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