martedì 6 giugno 2017

Let's die together

"Blue Whale è l'espressione del disagio e della vulnerabilità che vivono i giovani - ha detto Rizzi, riguardo al 'gioco' in rete che può spingere gli adolescenti ad autolesionismi fino al suicidio -. Stiamo indagando con la polizia postale in tutta Italia e stiamo studiando azioni di contrasto alle condotte di chi interviene su questa fragilità, ma anche iniziative di comunicazione rivolte ai giovani. In particolare, stiamo pensando di intervenire nei centri estivi con delle 'Blue Box', delle scatole blu che i giovani potranno utilizzare per raccontare il loro disagio". Ansa 31 Maggio 2017

Dovrebbero essere piuttosto delle Pink Boxes per sottolineare che lo scopo dell'iniziativa va in direzione opposta a quella della Blue Whale. Infatti in rete ultimamente è nata la pink whale challenge.

L'autolesionismo di cui parla il prefetto Rizzi è quello che potremmo definire di stampo classico.
La polizia postale se ne occupa da quando il fenomeno iniziò ad emergere in maniera massiccia sui social. All'epoca riportai su questo blog, con il suo permesso, il contenuto di una conversazione avuta con una ragazza che lo praticava e che aveva aperto una pagina Facebook. Una delle tante che vengono chiuse dalla stessa polizia ma che poi compaiono di nuovo.
Il dolore fisico per questi ragazzi è un modo per sopire la sofferenza interiore.
Anche se alla fine si perdono in chiacchiere alla ricerca del metodo migliore per mascherare le ferite, le pagine e i gruppi che formano sulle piattaforme social costituiscono una via per confrontarsi e cercare di risolvere il problema. Spesso accolgono anche gli adulti, insegnanti e membri della propria famiglia, per lanciare loro messaggi e cercare di spiegare il disagio che provano. Sono sempre alla ricerca di un'ancora di salvezza.
L'autolesionismo praticato nel corso di giochi come Blue Whale, e nell'ambito dei cosiddetti gruppi della morte, affonda certamente le radici nella solitudine e nell'incomprensione che attanagliano i più giovani, ma risponde a meccanismi diversi. I ragazzi avvolti nell'atmosfera lugubre creata dall'istigatore si gettano a capofitto nella sfida che ha parecchi passaggi (una cinquantina) e finisce con quello della morte. L'immagine della balena fatta con i tagli è un forte catalizzatore.
La forza del gioco sta nella durata e nel coinvolgimento in massa su Internet.
Una spirale alla quale anche i più forti non sanno resistere e dalla quale non riescono ad uscire a tempo debito.
Piuttosto che dire ai ragazzi che Blue Whale non è un gioco, bisogna ribadire che si tratta certamente di un gioco ma che può finire male e dal quale non si torna più indietro.
Bisogna trattenerli dall' entrare in quella spirale. Insegnargli a resistere alla chiamata dell'istigatore e del gruppo. La resilienza è di fondamentale importanza per i ragazzi su Internet.
Mi pare che la polizia italiana, e nemmeno le altre, non abbia ancora reso noto almeno i dati sui casi accertati in Europa e in Russia. Se, come sembra, alla fine sono molto poche le morti veramente legate al gioco, è importante rendere pubblico questo fatto per evitare suggestione ed emulazione.

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