domenica 4 giugno 2017

Il ritorno del principe dei droni e i piani dell'Ambasciatore piacione (give 'em hell)

Michael D'Andrea potrebbe essere la vera ragione per la quale i governi italiano ed americano sembrano essere poco propensi, è ancora presto per parlare di cover up, a rendere nota la verità sull'uccisione di Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein. La sua tanto celebrata bravura non lo dispensa da errori, ma di certo nell'ottica della Cia lo rende insostituibile. Visto il carattere bizzoso vorranno anche sottrarlo ad un'avventura giudiziaria del tipo di quella di Abu Omar o ad una fuga in stile Jonathan Bank.

Dopo giorni passati a subire la campagna mediatica saudita ed emiratina il Qatar si è svegliato piazzando un paio di colpi pesanti. Il documento che testimonia che i soldi pagati al capo dei negoziatori dell'opposizione siriana per battersi per il suo popolo sono andati quasi tutti in arredamenti e le mail dell'Ambasciatore Yousef Al Otaiba a testimonianza del ruolo e del modus operandi degli Emirati Arabi contro gli interessi non solo del Qatar ma degli Stati Uniti.

L'ossessione dell'Arabia Saudita per l'Iran è in parte giustificata dalla presenza capillare che questo ha nelle stanze del potere dal Medio-Oriente fino all'Europa. Anche in Italia può contare su un buon numero di propagandisti. Ma la rilevanza che militari e intelligence iraniani hanno sul campo è molto limitata rispetto allo scenario rappresentato da Mohammed bin Salman nella sua più recente intervista. Fungono più che altro da consiglieri e addestratori. Non sono riusciti ancora a penetrare il tessuto organizzativo degli eserciti che sostengono.
L'inserimento degli Stati Uniti nella guerra fredda tra sauditi e iraniani, ribadito e sbandierato dalla nomina di D'Andrea a capo del settore che controlla le operazioni iraniane, per ora non rappresenta un abbassamento del livello di guardia nei confronti del terrorismo di matrice salafita. Si tratta piuttosto di una maturata consapevolezza delle insidie rappresentate dal terrorismo di stato portato avanti dal blocco sciita. Una escalation sul piano militare costituirebbe la porta d'ingresso verso uno sbilanciamento pericoloso. Per questo motivo il ruolo di mediatore del Qatar, purtroppo spesso condotto in solitario, è di fondamentale importanza. Anche l'Egitto potrebbe trarre benefici da un rapporto più equilibrato con l'Iran.

Quello che esce peggio dagli scambi telematici tra Yousef al Otaiba e i suoi interlocutori pubblicati ieri, è proprio Mohammed bin Salman. Il suo entusiasmo e la voglia di riforme e cambiamento sono chiaramente assoggettati alle mire di Mohammed bin Zayed che, secondo gli articoli fatti uscire sulla stampa americana, dovrebbe essere una specie di modello per lui. Un simile orientamento lascia prevedere che in un futuro non lontano l'apparente luna di miele tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi finirà in maniera anche cruenta. A questo punto conviene all'America fare da pacificatore, o meglio da riequilibratore della regione, in modo da non mandare all'aria gli sforzi profusi nell'accordo con l'Iran. Altro punto evidente è come gli americani dipendano in tutto e per tutto dai resoconti degli arabi. Uno dei cavalli di battaglia di al Otaiba è da sempre una Siria secolare scevra da qualunque movimento islamista e che dovrebbe costituire il post-Assad. E' un'idea questa poco realistica. Piuttosto bisogna portare tutte le forze jihadiste verso un processo di pacificazione e democratizzazione. Che è da sempre l'impronta delle politiche del Qatar.
Per il resto viene confermato il profilo spregiudicato di Mohammed bin Zayed e lo spessore da piazzista, più che da fine tessitore quale è Sua Altezza Bandar bin Sultan sin dall'era di Washington, di Yousef al Otaiba.


Nessun commento:

Posta un commento