lunedì 27 febbraio 2017

Branch 215

Parlando  degli attentatori del Bataclan il generale Governale osservava che il culto della morte non appartiene alla tradizione occidentale e che è cosa ben diversa dallo spirito di sacrificio che anima il carabiniere.
Posto che la jihad e il martirio sono permessi in circostanze ben precise e sottoposti a norme applicate da un'autorità riconosciuta, quindi nulla hanno a che fare con gli attacchi suicidi perpetrati su territorio occidentale, c'è da precisare che l'azione portata a compimento dal martire è organica al suo essere musulmano. Il credo in Allah non è una semplice religione ma un modo di vivere. La preghiera, le parole usate, l'abbigliamento, il cibo, sono ciò che caratterizza un musulmano.
L'essere soldato di Allah è cosa diversa dall'abnegazione al Dio-patria dei militari. Si tratta di un concetto in qualche modo espresso nell'immagine tratta da un nuovo magazine qaedista uscito poche ore fa. Il tanto bistrattato بسم الله‎‎ racchiude l'essenza della vita condotta in nome di Dio.
La guerra è parte di quella vita. E il martirio è vita dopo la morte.
Si spiega così, per quale motivo alla fine, su due miliardi di musulmani quelli che creano enormi disagi in zone degradate, sono al massimo trecentomila. Non è tanto un problema militare ma di cultura e sentimenti difficili da scalfire.

E' tornato a farsi vedere e sentire, con la maestosità che lo contraddistingue e che gli concede il titolo di القائد العسكري العام della nuova compagine che si prefigge l'obiettivo di liberare la Siria, Abu Muhammed al Joulani. In un discorso molto forte all'indomani degli attacchi di Homs ha lodato il sacrificio degli eroi di Tahrir e ha fatto menzione specifica del generale Daboul sottolineando che l'operazione ha fatto giustizia delle torture perpetrate ai danni dei prigionieri e costituisce una lezione per le opposizioni che si sono sedute al tavolo di trattativa con De Mistura. Le ha invitate ad unirsi ad Hayat Tahrir per lavare l'onta del tradimento commesso contro il popolo siriano.
Ricordando la debolezza del regime, ha promesso altri attacchi.
Un discorso forte unito ad una sapiente gestione dell'immagine.
Sono passati i tempi di Al Zarqawi.
Sembra piuttosto di essere tornati al 2012. Solo che questa volta non è al Qaeda e l'attacco non è stato orchestrato dagli stessi servizi segreti. Gli inghimasi conoscevano alla perfezione pianta e percorsi.
C'è da vedere se l'appello di Sheikh al Joulani verrà accolto .

Nessun commento:

Posta un commento