sabato 3 dicembre 2016

Dagli omogeneizzati alla morfina

Vi sono fattori sociali in termini di capacità di integrazione da parte di quel Paese che abbattono il livello di minaccia. Vi sono fattori anche organizzativi. Mi sono trovato ad avere un briefing in un Paese straniero che aveva fatto un esame sul nostro sistema italiano rispetto alla minaccia di Daesh e mi ha colpito che quando si parlava delle aree non urbane invidiavano a noi quattro concetti : famiglia, farmacia, prete, stazione dei carabinieri. La farmacia mi ha colpito, però poi ho pensato che in alcune aree non urbane la farmacia è un elemento determinante. Alberto Manenti 


Anch’io non riuscivo a capire a cosa potesse servire, nel caos in cui versa il Paese, una riunione tra gli anziani, i notabili e i rappresentanti di categoria di Tarhouna che al termine hanno firmato una "semplice" dichiarazione in cui si impegnano a tenere fede ai valori fondanti della comunità e a stare lontani da qualsiasi tipo di deriva estremista e criminale che attanaglia la città. Poi ascoltando il resoconto sulla Libia di ieri e di oggi fatto dal generale Manenti, ne ho compreso le ragioni profonde. Pur trovandoci nell’era in cui internet accorcia le distanze, bisogna ancora vivere dentro le cose e le persone, per afferrarne l’essenza.

La farmacia è il luogo dove in pochi secondi si passa dalla percezione della vita a quella della morte. Il direttore dell’Aise sembra avere la giusta dose di cinismo e distacco che permettono di sopravvivere al mestiere di farmacista. A volte ci si trova davanti alla signora che ha ricevuto conferme dal medico di famiglia sul verdetto dell’ospedale a proposito della necessità di amputare il piede al marito. Quando scoppia in lacrime, non si può fare altro che sederle accanto e ascoltarla in silenzio perché anche un sussurro sarebbe inopportuno. In farmacia ci si può ritrovare all’improvviso con l’amica che si è conosciuta alla stessa età della figlia con la quale ha varcato l’ingresso. Oppure si è davanti alla giovane sposa che per mesi è venuta con la prescrizione di cure per la fertilità e quella volta chiede il test di gravidanza. Allora si fa finta di niente, pregando che quella sia la volta buona per lei. La farmacia è il posto in cui le sostanze possono giocare in ruoli differenti. Alleviare il dolore finchè giunge la morte o dare sfogo alle frustrazioni provocando la morte.
In anni passati, quando a una certa ora si entrava nella farmacia del pilastro a Bologna, quella annessa a un centro commerciale poco distante dalla piazzetta del massacro, in quel locale così grande si potevano percepire lo stesso freddo e la stessa atmosfera di mistero che accolsero i tre ragazzi dell’Arma quando iniziarono il giro di ricognizione la notte del quattro Gennaio.
In farmacia c’è vita che viene e che va. Storie di cui, anche a volerle tenere segrete, alla fine parlano tutti. Nei paesi, nelle campagne e nelle periferie. Se l’Aisi ha bisogno di capire che aria tira in una zona specifica, quali sentimenti albergano nei confronti del governo, come si muovono le comunità di stranieri, che giri criminali ci sono in città, basta che mandi uno dei propri agenti, in grado di cogliere ed interpretare determinati segnali, a lavorare come commesso in una farmacia.

Qualche anno dopo la conversione, un po’ per capire il fenomeno e un po’ per esorcizzare il marchio di terroristi che noi musulmani ci portiamo addosso a prescindere, mi misi a studiare lo jihadismo e la storia di al Qaeda. Capitò di imbattermi in una figura molto nota come filantropo nel mondo islamico. Terrorista per il dipartimento di stato americano. Il nome di Adel Batterjee era fissato su di una lista, la cosiddetta Golden Chain, di venti nomi tra cui anche alcuni fratelli di Bin Laden, ritrovata dalla polizia bosniaca nel corso di un raid nei locali della Benevolence International. Si tratta di un’organizzazione benefica che ha portato il wahabismo nella sua forma più violenta, non solo a Sarajevo e dintorni, ma anche in Pakistan e altre zone. Mi ricordai allora che all’indomani della laurea mi era venuto in mente di inviare il curriculum in medio-oriente. L’unico che mi rispose, e addirittura mi telefonò, fu Mazen Batterjee, all’epoca ai vertici della divisione farmaceutica del gruppo di famiglia. Lo aveva incuriosito il fatto che una giovane donna europea fosse pronta a salpare per l’Arabia Saudita a dispetto delle leggende sul terrorismo. La famiglia Batterjee, che conta diverse centinaia di componenti, iniziò la sua avventura nell’industria farmaceutica grazie a Sheikh Ibrahim Hassan che negli anni quaranta produceva ed esportava farmaci oltre le mura di Jeddah. In seguito ci fu l’espansione con l’apertura di catene di farmacie nel regno e la diversificazione dei settori d’interesse. Oggi il gruppo Batterjee fattura miliardi grazie a varie attività sparse nel mondo e nel Golfo. Adel non è mai stato particolarmente attivo o legato al nucleo centrale della famiglia, ma ha ampie risorse su cui poter contare e le usa per le sue attività cosiddette filantropiche.

La farmacia è espressione della storia e del modo di essere di un popolo. Nel Golfo le farmacie non sono il cuore della comunità come qui da noi, innanzitutto perché prevale l’attitudine al pudore e al segreto per quello che riguarda la vita privata e quindi anche la salute. Attitudine in parte mutuata dalle tradizioni di quei popoli e anche da un’errata applicazione delle interpretazioni coraniche. Ancora oggi spesso i ragazzi con malformazioni o handicap mentali non sono mandati a scuola e sono costretti a vivere nascosti in casa perché ritenuti motivo d’imbarazzo. I governi investono molto in campagne di sensibilizzazione su questioni legate alla salute femminile e al disagio creato dall’abuso di alcool e droghe. E la risposta è di sicuro incoraggiante. Però il monopolio detenuto dalle multinazionali che ne gestiscono l’organizzazione e la dislocazione prevalente nei centri commerciali, fa sì che la farmacia rimanga solo un negozio in cui andare a comprare medicinali. Anche la farmacia che si trova nella wilaya più lontana, consiste in un locale rifornito dal distributore di Boots e in cui lavora un farmacista spesso di provenienza asiatica. Non è un luogo di dialogo e scambio come avviene in Italia. Nelle aree rurali e nelle periferie, la farmacia assieme al bar e alla parrocchia è effettivamente un osservatorio privilegiato dal quale forze dell’ordine e intelligence possono attingere dati e informazioni, e di cui gli organi governativi locali e nazionali possono servirsi per elaborare strategie, anche a lungo termine, d’interazione e integrazione.


Foto Batterjee group

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