lunedì 14 novembre 2016

Negoziando

Considerate tutte queste condizioni, è una buona approssimazione dire che la negoziazione può essere valutata come opzione possibile nel caso di terroristi etno - nazionalisti e separatisti, come l’IRA, o terroristi che combattono in relazion e a specifiche rimostranze come erano l’ANC o l’IRA. Nel caso di organizzazioni di estrema sinistra o destra l’efficacia della negoziazione è dubbia, mentre nel caso delle organizzazioni religiose, come le organizzazioni islamiche transnazionali, la negozi azione dovrebbe essere di regola evitata.
Marco Marcovina per Sicurezza Nazionale


Per rendere evidente l’ipocrisia occidentale che sta alla base della lotta al terrorismo, noi musulmani siamo soliti dire che l’unica differenza tra Gerry Adams e Osama Bin Laden sta nel fatto che a un certo punto l’irlandese si è seduto in parlamento. Ad Adams questo ragionamento non piacerebbe. Lui è ancora convinto di non essersi mai sporcato le mani di sangue.

La negoziazione è una resa da entrambe le parti che ha come scopo quello limitare i danni presenti e futuri. Una presa di coscienza del fallimento che non è solo a carico dello stato, ma anche di quell’antistato con cui si scende a patti. Il recente pentimento di Antonio Lo Russo deriva anche dalla consapevolezza che il suo status di eterno boss di quartiere, non gli avrebbe portato grandi benefici.

Parlare di organizzazioni religiose, in riferimento a gruppi cosiddetti islamisti, è leggermente fuorviante poichè si perde di vista la stretta connessione che esiste tra le varie dimensioni dell'Islam. Una religione che abbraccia innanzitutto la sfera privata allargandosi poi alla dimensione sociale, politica, economica e anche finanziaria. L'aspetto politico è quello più complesso.

La prima cosa che Anas el Abboubi fece al suo ingresso in Siria, fu quella di cambiare il proprio stato su Facebook. Il suo lavoro risultava essere The trail of political Islam. Si tratta di un testo le cui conclusioni sono state avversate dalla critica, ma che partiva da un principio evidente. L’islamismo, così come recepito dalle masse e amalgamato nella società di riferimento, non è più semplice lotta armata. Diventa un percorso obbligato nella genesi di un governo o di un agglomerato politico.
Oggi nei territori conquistati da Jabhat Fath al Sham, la riorganizzazione dettata dai vertici, prevede che nelle scuole sia mantenuto lo stesso curriculum educativo implementato da Assad, a eccezion fatta della propaganda di regime, e con le dovute correzioni a eventuali interpretazioni deviate della Sunna. Non vengono istituite madrase con ragazzini che recitano a memoria il Corano e ai quali viene impedito di usufruire della modernità. Ma è essenziale rimuovere qualsiasi riferimento all’oppressione praticata dal dittatore. La visione politica, ispirata dalla religione, è di primaria importanza. Per questo motivo, quando l’azione dei movimenti islamisti non è caratterizzata da mera ferocia e ignoranza, è importante iniziare il discorso della negoziazione. Si tratta ormai di movimenti di popolo. Alla gente di Aleppo est, contrariamente a quanto propagandato da De Mistura e Putin, in Settembre è stata offerta la possibilità di uscire da parte della coalizione dell’opposizione. Ma la popolazione si è rifiutata.
Allo stesso modo in cui in Europa o in America si è cercato di porgere opportunità alternative all’ideologia di gruppi come al Muhajiroon e Hizb ut Tahrir, favorendo l’integrazione attraverso politiche inclusive che andassero oltre la semplice contro narrazione, se si vuole riportare la pace nelle terre di Islam, non si può prescindere dalla interlocuzione con i gruppi islamisti che possono garantire stabilità nel lungo periodo. Sono da scegliere le formazioni che hanno maggior presa sia sulle varie componenti interne che sulla popolazione. E’ una scelta difficile perché le valutazioni di tipo militare che prevalgono nelle fasi di guerra, sono differenti rispetto a quelle di tipo-socio politico da adottare in ottica più ampia.

Il discorso sui rapimenti è complesso. In generale, in mancanza di una strategia comune a livello globale, conta sempre portare a casa l’ostaggio vivo e a qualsiasi costo. Dove per qualsiasi costo, si intende il prezzo politico che verranno a pagare i Paesi coinvolti .
Sotto questo punto di vista, la posizione americana è valida allo stesso modo di quelle italiana e libanese.

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