domenica 6 novembre 2016

Kill list

Lista fornita dalle agenzie inglesi senza andare a pranzo da al Baghdadi per ottenerla. Almeno così sembra.
Ovvio che in missioni del genere non si possa agire in base al pick and chose. Quindi ci può scappare anche il morto di altra nazionalità o comunque collegato. Questo dovrebbe essere stato lo scopo della designazione di Anas da parte del dipartimento americano.
Negli ultimi mesi i nostri servizi segreti avrebbero intensificato le ricerche. Pensarlo vivo è quanto di più logico si possa fare al momento. Evidentemente però, non si conosce con certezza l'area in cui si trova, anche se Milosa de il Fatto scriveva tempo addietro che si stava dando da fare per riorganizzare Sharia4 in Italia. Se si fosse mosso verso l’Iraq, come fu mandato a dire un paio di anni fa sui giornali, neutralizzarlo attraverso un proxy costituirebbe l'opzione migliore.
In Siria la situazione è più complessa. Giorni fa, droni americani hanno ucciso due appartenenti a gruppi minori, il che induce a pensare che gli attriti con Turchia e Russia iniziano ad incidere sugli scambi informativi. Uno strike è un investimento in termini di tecnologia e uomini oltre che di quattrini. Impiegarlo su gruppi satelliti equivale ad uno spreco.
La fine delle ostilità a Mosul segnerà un punto di svolta per Daesh e renderà le cose ancora più difficili sul fronte del terrorismo. La maggior parte di quelli in fuga si riverserà su Raqqa, prossimo snodo della guerra civile siriana. Molti rientreranno in Europa.
Nella curva rischio-beneficio è stato evidentemente dato per favorito il beneficio di saperlo morto per davvero prima che rientri in Italia. Dovrebbero essercene altri dai quali guardarsi.
Ma Anas è di sicuro il più insidioso.

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