martedì 8 novembre 2016

Actually I don’t care

Blengini rilesse per l’ennesima volta il resoconto della sfuriata di Juncker.
L'originale. Non la versione rimaneggiata. Trovava quell’uomo patetico. Non aveva nemmeno avuto bisogno di aprire il file inviato dai cugini per profilarlo. Quel me ne frego era il suo stile. Gli era risultato odioso sin dal primo bilaterale. Un tipo nervoso. Asfissiante. Sudava parecchio. All’ultimo meeting aveva suggerito a Matteo di ipnotizzarlo per tenerlo un po’ calmo.
Abbracciati e testa a testa, Juncker si era addormentato.
Non russava nemmeno.

Così aveva suggerito al giovane premier di alzare il tiro su terremoto e migranti. L’ira di Juncker era perfetta per racimolare un po’ di voti. Adesso però bisognava calmarlo. Quello era lavoro adatto ai cugini.
Ai cugini bisognava anche ricordare di non fare sorprese prima del 4 Dicembre. Adesso i riflettori servivano a lui e alla sua agenzia. Riprese la lista degli ostaggi. Quella non ufficiale che in pochi conoscono. Tutto rimandato all’anno nuovo.
Pensava anche al generale Jump the Stain . Una smorfia gli attraversò il viso. Gli era venuto in mente di mandarlo alla forestale, ma poi c'era stata la fusione o accorpamento, come lo chiamano per addolcire la purga.  Lo si poteva mandare in Iraq ad addestrare l’esercito. Oppure a fare il guardiano della diga. Magari non sapeva nuotare. Per quella missione doveva chiedere al capo dei cugini. Uomo affascinante. Aveva un buon ascendente sulla ministra. Sapeva come ottenere quello che gli interessava. Bisognava andarlo a cercare però. Era sempre in giro. Quasi nascosto. Doveva trovare il cellulare di quel Bellodi o di qualche altro dirigente d’azienda. Lui parlava solo con gente milionaria. Era tutto sommato simpatico, ma un po' spocchioso. Gli esterni sono quelli che se la tirano. Come se la sicurezza nazionale dipendesse solo da loro.

Nel tardo pomeriggio era scoppiata anche la grana della foto.
Proprio il giorno che davano la telenovela di regime su raiuno.
In un attimo aveva dovuto decidere se fare passare il premier per un perfetto imbecille che non era capace nemmeno di scegliere cosa pubblicare sul suo profilo social oppure trovare un imbecille al quale addossare la colpa del fattaccio. Si orientò sulla seconda opzione. Sulle capacità intellettive di Matteo la nazione nutriva già forti dubbi.
Meglio non esasperare la percezione negativa.
Ma era lavoro da funzionario della sicurezza interna quello ?
Poi dicevano del carattere ruvido. Per il carico di stress al quale era sottoposto, reagiva in maniera anche troppo bilanciata. Lui non era mai entrato a palazzo chigi sbattendo le porte come faceva il romagnolo dell'Aise. Altro soggetto che lo infastidiva. Carabiniere anche lui.
Era una congiura dell'Arma. Prima o poi avrebbe suggerito a Matteo di accorparla alla polizia.
O magari di scioglierla definitivamente. Così non gli avrebbe procurato più noie.

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Chi diavolo aveva dato ordine di riprendere quella roba e passarla di nuovo a quell'ora ?

Blengini fece un sospiro profondo e chiuse gli occhi.
Negli ultimi mesi aveva sospirato parecchio.
Quel referendum lo deprimeva.
E non osava pensare al dopo.

Time to go home.

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