domenica 16 ottobre 2016

La corsa alla poltrona per il dopo Assad

Policy makers interested in fighting Jabhat Fateh al-Sham have a golden opportunity to look closely at options to reduce the latter’s influence in Syria and create a united position towards it. Missing this opportunity, similar to others before, makes fighting Fateh al-Sham’s at a later stage even harder, if still possible.
Atlantic Council October2016

So when al-Julani mentioned placing duʿāt among the Druze in Idlib, the interviewer did not interrupt him to question the practice. He didn’t challenge him at all. The way that al-Julani put it was “we sent missionaries, duʿāt, to them, to correct for them their misunderstandings of Islamic dogma.” But Julani is very aware that Druze are considered non-Muslims in books of theology. When they have freedom, they will identify as Druze. There is no basis for forcing or pressuring others to enter Islam. In my new book on fighting ISIS, I mention that it is even forbidden to slander a Christian or another non-Muslim. matthew barber 2015


In realtà dal ragionamento complessivo fatto da Abu Mohammad al Julani in quella intervista, era perfettamente chiaro, almeno per un musulmano tra l'altro pratico di questioni medio-orientali, che l'intenzione è quella di non nuocere ai non musulmani residenti in Siria, se non reagendo ad eventuali aggressioni. Questo è il significato della jihad difensiva praticata da Jabhat Fath nel contesto siriano. Tra l'altro al Julani è uomo di sostanza. Da siriano si rende conto che non può cancellare decenni di storia.

Al Yaqoubi, che ha schiere di fan anche qui in Italia, così come altri esperti, attivisti e oppositori, sta da tempo accarezzando l'idea di ricoprire il ruolo di protagonista nello scenario siriano di transizione o nel post Assad. Lo schema ipotizzato, è quello messo a punto per la Cecenia di Kadyrov, che vede come guida spirituale una sorta di Islam annacquato, almeno è così che potremmo definire il sufismo, misto a pillole di nazionalismo. Paradossalmente si tratta di un elisir più letale del salafismo estremo poichè si arriva ad una personalizzazione molto pericolosa.
Mettere assieme un governo del genere, lasciando sul terreno sprazzi di terrorismo sparsi qua e là, equivale al fallimento che abbiamo visto in altri scenari.
Con Jabhat Fath ci sono tutti i presupposti per iniziare quel progetto di inglobamento di cui sarebbe stato fautore Nicola Calipari ai tempi dell'Iraq di al Zarqawi.
Il gioco delle fatwe, che va avanti da diverse settimane, serve a contarsi e a contare. A scongiurare intrusioni scomode. A liberarsi degli elementi estremi. La fatwa è un parere giurisprudenziale vincolante per un musulmano.
Bisogna sfruttarla per dialogare con Jabhat e con il popolo siriano. Non per escluderli.

In una intervista rilasciata ad una testata russa, il presidente siriano ha parlato delle mire distruttive dell'Arabia Saudita nei confronti dell'Iran. E' utopistico teorizzare uno scenario del genere.
Fatto sta che negli ultimi anni al blocco sciita, da intendere come sistema politico-militare, è stato lasciato troppo spazio di manovra. E di certo va ridimensionato nell'ottica di relazioni, anche di tipo sociale ed economico, che lo vedono protagonista nel contesto medio-orientale ed internazionale.
Ormai purtroppo si è raggiunto un livello di scontro tale, che il ricorso alle armi potrebbe essere l'unica opzione. Come auspicava Mike Morell, a Paesi come l'Iran, e alla stessa Russia che ne sfrutta l'onda, bisogna dare una lezione che valga da monito per passato e futuro.

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