venerdì 14 ottobre 2016

Da Idlib a Ginevra

Al Joulani continua a raccogliere i frutti della sua strategia. Circa duecento combattenti di Jund al Aqsa sono passati a Daesh. Lo scopo del riassorbimento e dell’accordo con Ahrar al Sham era proprio quello di liberarsi degli elementi che creavano scompiglio senza contribuire alle conquiste militari, e anche di acquisire un buon numero di foreign fighters. Come sottoscritto, è stato creato un tribunale che si occuperà di tutte le dispute e giudicherà coloro i quali si sono resi colpevoli di crimini negli ultimi giorni di lotte intestine. Il clima è ancora teso, tant’è che i nomi dei giudici non sono stati resi noti per non esporli a vendette. Sono comunque stati liberati i rispettivi prigionieri. Inoltre Ahrar starebbe andando verso la fusione con Zengi, Suqoor e Faylaq al Sham. Sul fronte Jabhat, al Joulani potrà contare su Kavkaz, Turkistani e Ajinad Sham. Alla fine sono tutti sotto il suo comando.

Domani a Losanna ci dovrebbe essere un incontro allargato (sono ancora da definire alcune adesioni) che con tutta probabilità non andrà oltre la creazione di corridoi umanitari, ma che può costituire un’ulteriore occasione per far si che il Qatar riesca a convincere al Joulani a sedersi al tavolo delle trattative in un non lontano futuro. Allontanatosi da al Qaeda e completato il giochetto della compattazione delle fazioni sotto il suo comando, il comandante di Jabhat Fath può opporre una buona resistenza alla Russia di Putin e ad Assad per poi finire di annientare Daesh scongiurando un ritorno alle origini. Ha anche la possibilità di rescindere qualche legame scomodo che i suoi, a ridosso del Golan, avrebbero stretto con Israele. Posto che come sembra, al Zawahiri potrebbe accontentarsi di orizzonti afghani, al Joulani deve ripensare al piano di costruzione di un emirato di Siria che prescinda dalle influenze politiche. Deve ascoltare le richieste dei sostenitori arabi e pensare a farsi stato assieme all’opposizione siriana.

All’indomani dell’ultima apparizione televisiva, molti dei suoi denigratori salafiti nel Golfo lo prendevano in giro per quella tenuta a metà tra al Zarqawi e un diplomatico occidentale. Con quegli stivaletti è pronto per Ginevra, ironizzavano sui social.
Scendere ad un tavolo di negoziati ad un certo punto non è una resa. Tanto più che l’interpretazione religiosa e la visione politica di Jabhat non sono oltranziste come quella di Daesh e dei qaedisti della prima ora. Prevede rapporti e collaborazione anche con i non musulmani quando necessario.
Al Joulani è uomo intelligente e determinato. Sa come fare valere le sue condizioni. Sa anche che è passato il tempo in cui andava alle riunioni dei comandanti in Iraq coprendosi il volto. Ha carisma per convincere il suo popolo. E soprattutto, quando venne mandato in Siria da al Baghdadi, studiò a fondo la storia dei movimenti islamisti nel mondo. Voleva comprendere e giocare d'anticipo sui fallimenti che spesso riducono la jihad a semplice guerriglia.
L’unica opzione per non finire a recitare il ruolo dell’eterno talebano di Siria, è quella di sedersi ad un tavolo di trattative forte dei risultati ottenuti sul terreno ma anche della consapevolezza delle esigenze del proprio popolo.

Nessun commento:

Posta un commento