sabato 3 settembre 2016

Problemi da porsi

"Non considero molto rilevante il fatto che alcuni attentati jihadisti siano stati o meno compiuti da elementi "spostati" con turbe psichiche o sessuali. Il grave problema che mi pongo e che vi pongo, è invece centrale: questi elementi sono sempre esistiti, ma come mai, attraverso quali passaggi, accade oggi e non ieri, che uno "spostato" si metta alla guida di un tir e faccia strage sulla promenade des Anglais di Nizza nell'anniversario della presa della Bastiglia ?" Marco Minniti

Dall'impostazione del sottosegretario, riportata da Carlo Panella, uno dei membri della Commissione per lo studio sulla radicalizzazione istituito dalla presidenza del consiglio,  in un articolo di oggi su Libero in cui faceva il resoconto della prima seduta, viene piuttosto da chiedersi chi elabora certe teorie.
Se gli speech writer, i collaboratori dell'Ispi o magari gli analisti dei servizi.
Qualsiasi possa essere la risposta, il dato è preoccupante.
Si ha l'impressione che esaurita l'ondata del cyber, chi ha necessità di riconquistarsi i favori del giovane premier perchè in caduta libera da tempo, ora gli proponga come questione essenziale, quella della radicalizzazione. Che indubbiamente lo è, ma deve essere posta nella giusta prospettiva.

E' rilevante il fatto che quelli che noi chiamiamo spostati, siano i soggetti preferiti da Daesh, perchè facilmente esposti all'influenza di ideologie tanto violente quanto illogiche.
E' sintomo del fatto questo, che il terrorismo moderno, risultante di una combinazione di tattiche classiche costituite da attentati e guerre, e moderne (Internet come mezzo di comunicazione, propaganda, acquisizione di armi, distruzione di reti energetiche, sottrazione di dati e denaro), poco poggia sulla religione.
Si tratta di una riflessione di vitale importanza non solo per gli investigatori, ma per tutti coloro i quali vogliono comprendere il fenomeno e cercare di arginarlo.
Lo spostato è il soggetto sul quale la propaganda di Daesh, violenza pura, fa presa in maniera incisiva e veloce. Tanto più se impostata su momenti rappresentativi come le celebrazioni nazionali, che ricordano al soggetto che quello stato di cui lui fa parte, ma che in realtà a malapena lo tollera, sia il nemico da abbattere. Costa più tempo e fatica indottrinare un musulmano sano di mente in moschea o anche su Internet.
E c'è il rischio di fallire.
Lì stava la grandezza di al Adnani e degli Sheikh usati in zone di guerra o anche messi in contatto con le potenziali reclute occidentali.

Per quanto riguarda la questione dell'assenza in commissione di appartenenti alle forze dell'ordine e musulmani, il sottosegretario avrebbe ricordato che lo scopo del lavoro è altro rispetto al dialogo interculturale. E che comunque questi verranno convocati per dare indicazioni.
Mi pare che il ragionamento tolga ogni dubbio.
Se chi ha la responsabilità di risolvere o per lo meno comprendere il problema, non vede l'opportunità fornita da un musulmano membro di una commissione, allora è chiaro che si tratta dell'ennesima iniziativa di propaganda. Un musulmano è il migliore analista che si possa avere a disposizione. Renderlo responsabile come membro di un siffatto organismo, costituirebbe un messaggio di buona volontà e mano tesa verso l'intera comunità e migliorerebbe il sentimento di appartenenza all'Italia sia delle seconde generazioni che dei convertiti.

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