lunedì 25 luglio 2016

In comune

Da altre fonti, però, pare che l’Italia, una volta usciti di scena gli 007 tedeschi, avrebbero totalmente perso le tracce di Lo Porto. O forse no. Forse qualcuno all’interno dei servizi segreti italiani sapeva dove trovarlo?

Le due vicende non hanno niente in comune, se non pochi frasi in un verbale nel quale Scarpis, parlando di Mancini spiega che «in data 12/02/2014, a seguito di un articolo pubblicato sul Resto del Carlino, venivo a conoscenza delle minacce ricevute dal dottor Mancini in quanto pervenne una richiesta di informazioni da parte del Dis in merito, a me indirizzata in quanto all’epoca delegato dal direttore dell’Agenzia come funzionario per la sicurezza. A seguito di detta segnalazione, il giorno successivo convocai il dottor Mancini il quale mi confermò di aver ricevuto una lettera minatoria, di essere già stato vittima in passato di minacce che aveva riferito al precedente direttore senza aver alcun esito in merito, di averle comunicate alla sua scala gerarchica appena inviato all’estero e di temere la diffusione di false notizia in merito al suo coinvolgimento nel sequestro Lo Porto». Musacchio il tempo

Ma soffrirà di manie di persecuzione st'uomo ?

La versione ufficiale data nelle rispettive conferenze stampa da Obama e dal portavoce della casa bianca, è che gli americani non conoscevano l'identità dell'obiettivo.
Sapevano solo che si trattava di una componente di al Qaeda di alto profilo.
All'alleato italiano invece, fu evidentemente comunicata la verità illustrata dal ministro Gentiloni in parlamento, e che cioè gli americani andavano alla ricerca di Ahmed Farouq.
A livello operativo la piccola bugia di Obama è servita ad allontanare qualsiasi dubbio sul fatto che magari i suoi uomini abbiano voluto sacrificare gli ostaggi. Su Farouq erano incentrate le speranze di al Qaeda di conquistare il subcontinente. Elemento questo, non di poco conto e confermato dall'enfasi con la quale al Zawahiri ha costruito sapientemente il suo ultimo messaggio. Ma c'era un ostaggio americano di mezzo ed è improbabile che sia andata così. Evidentemente pur essendo a conoscenza dei soggetti di interesse presenti nel complesso, non conoscevano nel dettaglio il gruppo che offriva loro supporto logistico. E nemmeno lo sapevano esercito ed Isi, ai quali c'è da credere quando affermano di aver messo in campo tutti i contatti disponibili tra i talebani anche oltre il Waziristan. In quel periodo Shareef e Akhtar facevano avanti e indietro con la casa bianca, non solo per i soliti acquisti di armi, ma soprattutto per negoziare un rapporto a loro più favorevole. Avevano tutto l'interesse a fornire informazioni e a portare a casa gli ostaggi. Infatti con Bergdal ci riuscirono. Probabilmente nel caso di Weinstein e Lo Porto si verificò qualche grosso intoppo che portò ad un cortocircuito informativo dell'ultimo momento. Linee guida e best practices che regolano gli extra-judicial killings sono molto rigorose in questo senso. Prima di ordinare uno strike le informazioni vengono verificate ed incrociate più volte.
Che cosa sia accaduto nella metà campo italiana o se effettivamente il dottor Mancini abbia avuto un ruolo nella negoziazione, è difficile da stabilire. Però la vicenda Lo Porto potrebbe essere una delle tante che scatena guerre all'interno dell'Aise. E chi vuole approfittarsene per fare sapere al mondo quanto meglio fosse il Sismi rispetto alla nuova struttura, ha messo in piedi tutto questo giochetto sulla stampa.

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